Sacromud

(Maurizio Celloni)

Le contaminazioni nella produzione musicale rappresentano da sempre la leva per affrontare strade inesplorate, sperimentare nuovi suoni, scrivere testi innovativi e profondi. E’ il caso di SACROMUD (Edizioni Labilia), pubblicato in questi primi mesi del 2022: Raffo Barbi – voce ed autore dei testi, Maurizio Pugno – chitarre elettriche ed acustiche, dobro, baritone chitarra, sintetizzatore, tamburino, tastiere, mellotron, compositore delle musiche e responsabile degli arrangiamenti, Franz Piombino – basso elettrico, Alex Fiorucci – pianoforte, Fender rhodes, clavinet, organo e sintetizzatore, Riccardo Fiorucci – batteria e percussioni, confezionano una sorprendente miscellanea di musica, avvalendosi della profonda conoscenza del blues, del funky, del soul, delle note dei nativi americani, tutto abilmente amalgamato nella dolcezza del paesaggio collinare della verdeggiante Umbria, regione dalla quale provengono.

Il risultato è un disco da ascoltare con attenzione, un concept album, termine che mi sento di assegnare al bel lavoro dei Sacromud perché traspare dalle note e dai testi un attento studio di sonorità, profonde e godibili al tempo stesso. D’altronde, Pugno e compagni sono appassionati del mondo del blues e arrivano da esperienze con grandi interpreti del genere, ultima la stupenda voce di Linda Valori che hanno accompagnato per alcuni anni nei palcoscenici più prestigiosi in Italia e all’estero. La grande scuola del blues predispone alla sperimentazione i suoi più capaci interpreti, dai celebrati rokers, tra tutti i Rolling Stones e i Canned Heat, agli artisti del Bel Paese più sensibili tra i quali annoveriamo, oltre ai citati Sacromud, Francesco Piu, Maurizio Gnola, Joe Valeriano.

Ci ritroviamo immersi in un viaggio che parte dalle pianure estese dell’America dei nativi, con i loro riti ancestrali, dalle paludi, il sacro fango per l’appunto, del Delta del Mississippi, dalla vorticosa vivacità dei grandi laghi e delle città industriali del nord degli States, fino alla dolcezza dei paesaggi umbri. Il loro suono trascende dai generi originari per trovare compimento nella ricerca di nuove forme musicali, la cui sintesi avviene nella regione al centro del nostro Paese, ricca di storia, cultura e spiritualità. Ci vuole una grande passione e una smisurata conoscenza dei fondamentali per raggiungere questa qualità di scrittura. Non a caso, l’esperto Maurizio Pugno è titolare di una seguitissima rubrica pubblicata nei social, BluesLand, in cui narra la vita e la musica dei grandi del blues con leggerezza, ironia e sagacia. Dateci un’occhiata, ve lo consiglio caldamente.

L’ascolto viene catturato subito dal sound selvaggio di una tambureggiante batteria e dal riff chitarristico dal sapore quasi hard rock. Il primo brano The Hider & The Seeker viene addolcito dal canto dolce in falsetto di Barbi, che sviluppa un contrasto piacevolissimo con la potenza dei suoni di chitarra, basso e batteria. Con il secondo titolo Ordinary Day la Band ribadisce l’appartenenza viscerale ai ritmi e alle sonorità del gospel tradizionale, ma arricchito con potenti riff di chitarra, che comunque caratterizzano tutto l’album, e ritmi caraibici, quasi reggae. Carousel, il terzo brano, inizia con la voce narrante di un’anziana signora che racconta di essere nata il 28 settembre 1922 per poi ritrovarsi con il fucile in mano nel ’43. Il pezzo, dedicato alle migliaia di vittime della pandemia da covid-19, tratta di una giostra dai costi umani enormi, pagati sia per la liberazione dalle dittature che dalla pandemia del ventunesimo secolo. La musica martella incessantemente, la voce di Barbi si fa urlante, la denuncia assume toni acidi nell’assolo della chitarra di Pugno, la sezione ritmica picchia duro. Nel successivo pezzo, The Merchant Of Souls, si percorrono gli stilemi del soul, interpretato dalla Band aggiungendo inserti di puro rock che rendono il brano alquanto vivace. La voce di Barbi sviluppa il canto con toni che variano dal falsetto al roco potente, dimostrando una notevole capacità di modulazione. Le praterie percorse dai bufali, lo spiazzo circolare delimitato dai teepee, le voci della tribù nel rito che evoca gli spiriti degli avi, tutto questo si respira in Exodus, il quinto brano. “La terra oscura la vista delle persone, invade spiriti e menti”, cantano senza rabbia ma con la fiera dignità del loro popolo le native americane, Sherri Willeto, Teahonna James e Mariana Harvey, registrate durante una performance dal vivo in Colorado (USA): il tamburo detta il tempo alla danza in cerchio attorno al fuoco che caccia gli spiriti maligni e i visi pallidi, feroci conquistatori.

Il brano evoca l’epopea tragica di un popolo indomito, il lupo ulula la propria sete di libertà, l’arte aiuta l’animo e la mente a pensare. I rumori di una città, le sirene di mezzi di soccorso e l’accensione di un motore ci fanno entrare nell’atmosfera funky del successivo The Mule. Il brano si sviluppa in modo tradizionale con tanto di punto esclamativo vocale (Uhm) che ricorda la forza espressiva di James Brown. Una ballata soul, ariosa e delicata, si materializza con il settimo brano Rag Doll Crying, dove si fanno apprezzare la voce modulata a dovere di Raffo Barbi ed il violino suonato da Elena Casagrande. In questa composizione, si ascolta una grande interpretazione, ma emerge una volta di più la duttilità dei musicisti della Band, capaci di passare magistralmente tra i generi che hanno fatto la storia della musica, con originalità e ricchezza di suoni nuovi. Con Symmetry si ritorna in ambito funky, l’arrangiamento si arricchisce di mellotron e sintetizzatore che fanno da fertile terreno per l’assolo di chitarra. Il nono brano, You’re Ready To Laugh, mi ricorda le atmosfere rarefatte di Tom Waits. Raffo Barbi si supera nel canto profondo e dolente favorito dall’incedere lento del pezzo. A mio parere il momento più intenso dell’album, che gioca sul contrasto del titolo con il suo sviluppo mesto. In Apple Slice, si ritorna a cavalcare il soul. Il brano è piacevole e contribuisce ad alleggerire la tensione emotiva, che torna forte nel funky dell’undicesimo pezzo, Dark Clouds, una miscela esplosiva di chitarra, basso pulsante, batteria in versione metronomo, tastiere che amalgamano il tutto. La chiusura del bel lavoro è affidata alle origini dei Sacromud: uno spettacolare blues, The Woman’s Trouble Is Me. Il coro gospel, l’acustica arpeggiata, il solo all’elettrica da brividi, il canto dalla voce profonda sono gli ingredienti, compreso il fruscio da vecchio vinile all’inizio ed alla fine di brano.

Lo so, sono di parte, ma questa conclusione mi rimette a posto l’anima, conferendo al lavoro pubblicato una circolarità logica, dove ogni spicchio rappresenta un elemento imprescindibile della musica, dagli inizi del ‘900 ad oggi, ed il trampolino di lancio della sperimentazione. Il blues è il collante di tutto, musica emersa dalle umide terre dal Delta e dalle savane aride dell’Africa profonda. Maurizio Pugno, Raffo Barbi, Franz Piombino, Alex e Riccardo Fiorucci hanno confezionato, con coraggio, un gran bel lavoro che consiglio caldamente ai cultori della musica blues, rock, funky, soul, generi contenuti e rielaborati con maestria dai Sacromud che, integrati da pizzichi di sensibilità latina, tracciano il percorso verso una nuova musicalità italiana. Un cenno, per finire, all’elegante confezione del CD, ideata da Raffo Barbi e Isabella Sannipoli, ricca di notizie, testi dei brani e fotografie di notevole bellezza.

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