Randy Newman – “Little Criminals”

(Massimo Tinti)

Randy Newman aveva nel sangue un torrente di poesia e ironia ed era sempre arrabbiato con la mediocrità, il bigottismo. Il suo geniale umorismo, stracolmo di doppi sensi, ha verniciato pernacchie in verticale e diagonale sulla bandiera a stelle e striscie.
Ognuna di quelle pennellate si rovesciava come un vaso di Pandora sulla comunità americana, addosso ai gioielli delle signore dell’alta società, tra la derisione omicida della polizia, gli epitaffi affollati in un cimitero di guerra. Newman in un batter d’occhio sapeva raccontare una storia con parole semplici, spesso tesori; oppure andava in giro come un cane randagio con il naso tra i rottami e le cianfrusaglie della strada. Le canzoni d’amore che uscivamo dalla sua penna, anche se sussurrate dolcemente, crepavano di miseria, dannate come un ergastolo, senza una festa, un’attesa, piene di inganni. “Little Criminals” è il suo album rock, quello che rimorchia gli Eagles per avere la giusta misura di ritmo, armonia, melodia; quello scrupolosamente arrangiato per parlare a tutti col corretto swing, per andarsene libero per viali, marciapiedi, per violentare le fantasie impotenti e avare dell’uomo medio. Tenerezze liriche combinate alla perfezione, così aristocratiche che all’apparenza sembrano le confessioni di un cherubino, le mollezze di un’innocente che guarda il cielo e pensa trasognato.
Ma poi quei versi si aprono come matrioske impazzite, lanciano granate nelle coscienze e nelle viscere, spogliano ogni singola canaglia razzista, espongono al sole anche il più velato sotterfugio. Randy non si azzitta nemmeno un secondo, con quella voce nasale che sembra aver scalato un muro e piena di assassini, pedofili, prostitute, speculazioni; di sentimenti che non hanno una geografia ma soltanto uno voragine da riempire.
La narrazione in terza persona non allunga mai l’indice verso qualcuno, qualcosa; ma lascia ingrassare i suoi personaggi come fossero intrappolati in una Polaroid, senza coprire mai le loro nudità, senza indignarsi o mostrare pietà. Come un pittore Newman si limita a vuotare il sacco ignorando la giustizia di Dio; lasciando circolare ladri e carnefici, negri braccati, schiaffi pugni sputi tradimenti.

La chitarra di Robert Waddy Watchell ogni tanto getta il suono nelle braccia di Warren Zevon, dentro quel recipiente di rifiuti e topi, dentro quell’universo sleale pieno di poveri mangiati vivi, di alcool e droga.
Nelle bellissime “Short People” (la sua canzone più nota), “Jolly Coppers On Parade”, “Baltimore”, “Rider On The Rain”; Newman è nascosto tra la folla, tra usurpatori e plebaglia, preso a spifferare anche gli echi intrappolati nelle pareti di quei palazzi, persino i segreti della gente che fuoriescono con un colpo di tosse, uno starnuto.
Le orchestrazioni vaporose sono gli unici respiri di vita tra queste stampe in bianco e nero, quel poco di tepore sulla maledizione caduta dal cielo sopra questi uomini. La perfezione continua dentro “In Germany Before The War”, “Texas Girl at the Funeral of Her Father”, I’ll Be Home”, la titletrack, “You Can’t Fool the Fat Man”; tra i versi di ” Nel Blu Dipinto Di Blu” contenuti nel sentimento ipocrita di “Kathleen”.
“Old Man In The Farm” chiude il disco con le preghiere di un povero vecchio, un’anima umile che parla con il Signore, che aspetta la posta, forse la carezza di un figlio.

“Little Criminals” rimane il disco di Randy Newman più venduto, quello che senza prudenza è riuscito a dire meglio ogni cosa contenuta tra il cuore e lo stomaco. Capolavoro!

Eccomi perso nel vento
Giro in tondo a vela
Come una nave che non arriva mai
In piedi da solo
Canta una canzone triste per un brav’uomo
Canta una canzone triste per me
Canta una canzone triste per il marinaio
A mille miglia dal mare
Eccomi in pianura
Il sole sta tramontando
Sta iniziando a piovere
Papà andremo a vela

(Texas Girl at the Funeral of Her Father)

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