Kinga Głyk- Real Life

Una delle questioni che hanno tenuto maggiormente banco negli ultimi anni, in ambito musicale, è quella relativa ai canali attraverso i quali gli artisti si propongono al pubblico: da quelli più classici, come cosiddetta “gavetta” fatta dal vivo, nei locali, ed ampiamente minoritaria ormai, almeno in Italia, per arrivare alle esibizioni televisive nei talent show che si sono imposti come il nuovo, rapido e semplice metodo di scouting per case discografiche che non hanno più neppure la necessità di battere il territorio per cercare artisti emergenti da lanciare.

Una possibile terza via è l’utilizzo delle piattaforme, come Youtube, ed i canali di streaming musicale, su cui caricare i propri brani e farne crescere le visualizzazioni.

Nata anagraficamente all’interno di questo modello musicale Kinga Głyk si è in realtà mossa a cavallo fra tradizione ed innovazione: scartati i passaggi televisivi ha iniziato dodicenne a suonare con il padre, batterista, ed il fratello, in una sorta di band familiare, il Głyk P.I.K Trio, esibendosi all’interno della scena polacca e maturando un’esperienza che le ha permesso di ottenere numerosi riconoscimenti in patria.

Il salto, a livello di notorietà internazionale, l’ha effettuato però grazie ad un video, caricato su Youtube nel 2016, in cui ha proposto una propria versione per solo basso di un brano di Eric ClaptonTears in Heaven che, grazie anche alla condivisione effettuata su Facebook da parte di Bass Player United, ha ampiamente superato i venti milioni di visualizzazioni; da quel momento in poi la carriera della giovane artista è decollata, ed ai due album già registrati se ne sono aggiunti uno dal vivo, datato 2016, e tre in studio, l’ultimo dei quali è proprio Real Life, appena pubblicato e che rappresenta un deciso passo in avanti rispetto a quelli precedenti.

Con Real Life la Glyk si espone maggiormente come autrice e lo fa allontanandosi dalla propria comfort zone, quella dei brani in cui il basso rappresenta il perno intorno al quale ruota l’intera esecuzione, allargando l’orizzonte verso una composizione di ampio respiro, quasi di musica d’insieme all’interno della quale il basso non è più il leader ma un primus inter pares che dialoga sullo stesso piano dei suoi collaboratori che, nell’occasione, rispondono ai nomi di Casey Benjaminall’aerofono, Robert “Sput” Searlight alla batteria, Michael League (ex Snarky Puppy, e co-produttore dell’album), Caleb McCampbellJulian PollackNicholas Semrad e Brett Williamsche si dividono un complesso e certosino lavoro di tastiere; il tutto per raccontare dodici storie, dodici suggestioni che la bassista polacca ha voluto sviluppare lavorando si in team, ma confrontandosi principalmente con League.

L’album che la band porterà a breve in tour, toccando anche l’Italia con ben sei date fra Marzo ed Aprile, è meno immediato dei precedenti e necessita di un ascolto attento proprio perché l’elaborazione che lo caratterizza è più ricca di spunti, di sfaccettature e di dettagli che vanno assorbiti con una certa attenzione: l’atmosfera di Fast Life, brano di apertura, è vicina alla fusion degli anni ’80, ma si caratterizza soprattutto per un iniziale curioso fill di basso, in puro stile Rocco Prestia, un ostinato che successivamente si apre ad una esecuzione dinamica e vivace.

Real Life è un lavoro gioioso, in cui si alternano, ai passaggi più frizzanti, brani più delicati ed in un certo senso flessuosi come Unfollower, accomunati da un notevole lavoro, anche timbrico, delle tastiere; Who Cares rimanda ai dischi precedenti, fra i più brillanti e vivaci, Islands, con gli armonici in apertura, attraversa in punta di piedi atmosfere delicate, quasi lounge, con un tocco romantico, Not Real si avvia con piglio psichedelico, vira verso un soft funk in cui il tocco di Kinga Glyk emerge in tutta la sua riconoscibilità, scivola verso atmosfere elettroniche slow per poi tornare indietro, palesando una notevole complessità strutturale mentre Unseen Bruises chiude la prima parte dell’album, poco più di un minuto e mezzo onirico e trasognato.

Quella che si percepisce, giunti sino a questo punto, è una molteplicità di linguaggi musicali che definiscono la nuova dimensione della Glyk, non più solo bassista eccellente e ricca di groove ma musicista a tutto tondo, capace di guardarsi intorno e di interpretare la realtà attraverso differenti forme espressive: Swimming in the Sky, dal brillante andamento ritmico, mescola fusion e dance cui aggiunge una spruzzata appena accennata di pop-rock, The Friend you call, slow song che placa gli animi ed in cui il basso accompagna la melodia e valorizza la ritmica lavorando su piani differenti, e poi That Right There, funk “groovoso” con stacchi continui, salti ritmici, andamento indolente ed ammaliante.

Funny Bunny è un brevissimo interludio per basso e voce, una sorta di esercizio per le dita in attesa di chiudere l’album, prima con Sadness does not last forever, dall’abbrivio dolente ma che, improvvisamente, muta in una “clap song” ondeggiante e spiritosa, poi con una malinconica ed ariosa Opinions, dalla ritmica soltanto appena accennata ed in cui la Glik inserisce un ostinato di basso sottotraccia.

Qualche critico ha colto in questo lavoro una sorta di scivolamento verso ciò che ha definito euro-pop, e wanna-be fusion, ed è opinione accettabile perché in effetti il suono complessivo risulta sensibilmente differente da quanto proposto in precedenza; dopodichè c’è una dichiarazione, rilasciata dalla stessa artista a Bass Magazine, che ne chiarisce lo spirito: “In my first conversation with Michael, he asked me what I wanted to say through the music,” Kinga Glyk says. “I told him, I want to lead with the bass but I don’t want people to think this is just a bassist’s album. The idea was creating beautiful songs. Music can be interesting and strong enough itself to touch your heart even if there are no lyrics. I love to use music to describe my feelings and to make beautiful songs that can touch someone’s heart. You don’t necessarily think, oh, it must be a bass player who made this. It’s more about telling stories through music.

(Warner Music Group Company, 2024)

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