Small Jackets – Just Like This

(Andrea Romeo)

Mark Oak, voce e basso, Eddy Current, chitarra, Phil Baycans, chitarra e Danny Savanas, batteria sono italiani, italianissimi, e sono l’ultima incarnazione di una band, gli Small Jackets, che da ventuno anni, e cinque album, propone un energico, adrenalinico rock and roll in versione hard, che affonda le sue radici nel blues, nel southern rock, e che non disdegna di proporre qualche venatura funk.

Nascono nel 2001, grazie all’incontro tra il batterista, reduce da collaborazioni con Paul Chain e Steve Sylvester, ed il chitarrista e cantante Lu Silver, che aveva militato nel gruppo beat Thee Hairy Fairies, ai quali si uniscono David Piatto, chitarra solista, Roby Nobody e Nick Pucci al basso ed insieme, dopo aver firmato per la Go Down Records, realizzano il loro album di debutto, Play at High Level, nel 2004.

Current sostituisce Piatto, nel 2006 pubblicano Walking The Boogie, con ospiti Nick “Royale” Andersson e Robert “Strings” Dahlqvist degli Hellacopters, tre anni dopo realizzano Cheap Tequila, registrato nel Music a Matic Studio di Göteborg e prodotto da Chips K (Sator) ed Henryk Lip che avevano lavorato con band come The Hellacopters, Millencolin, Sator e The Nomads, in cui inseriscono Hammond, violino, pianoforte, sassofono ed armonica, ed ospitano Walt Lafty dei Silvertide.

Una crisi improvvisa e profonda culmina con la fuoriuscita dal gruppo di Silver, uno dei due membri fondatori, in conseguenza della quale vengono affidate ad Oak, il nuovo bassista, anche le parti vocali: con questa rinnovata lineup, in cui Matt West va ad affiancare Current alla chitarra, la band si avvia verso il quarto lavoro, che si intitolerà appunto IV, realizzato sotto la supervisione di Enri Zavalloni che ha anche suonato l’Hammond ed il Fender Rhodes,album infine uscito nel 2013.

Un percorso non facile, durato dodici anni, e che si può assolutamente definire underground perché la band romagnola non ha beneficiato, nel modo più assoluto, di alcun tipo di esposizione mediatica, ma ha sempre lavorato duramente dal vivo, mantenendo tra l’altro il contatto con la Svezia; dopo otto anni di silenzio infatti, sono tornati ai Deposito Zero Studios, insieme al nuovo chitarrista Baycans, per realizzare la loro ultima fatica, Just Like This, affidata questa volta alla produzione ed alla distribuzione dell’etichetta indipendente svedese Transubstans Records.

Ed eccolo allora, l’ultimo nato in casa Small Jackets, che non tradisce l’attitudine di una band che, in vent’anni di attività, ha consolidato uno stile ed una musicalità precise e dalle coordinate del tutto riconoscibili: rock stradaiolo, ruvido, “sporco”, di quelli nati nelle cantine o nei garage, non certo in luccicanti studi televisivi, espressione di un modo di interpretare la musica diretto, personale e vissuto in prima persona senza mediazioni e senza sovrastrutture, una cosa del tipo “infilare il jack nell’amplificatore e via”, senza curarsi troppo della forma ma badando alla sostanza.

Le radici di questo stile sono chiare sin da Midnight Town, il brano che apre l’album: atmosfere southern, chitarre lasciate libere di correre, basso e batteria “quadrati”, che viaggiano dritto per dritto, un po’ Molly Hatchet, un po’ Lynyrd Skynyrd, ma anche Grand Funk Railroad, Aerosmith, per un pezzo che trasuda Usa ad ogni nota.

Band derivativa? No di certo, perché già da Getting Higher cambia tutto, e la band mostra di aver certamente assorbito influenze esterne, ma di averle assimilate, rielaborate, e di proporre una miscela originale, energica e diretta.

La voce di Mark Oak è ruvida, aggressiva, intensa, le chitarre di Eddy Current e Phil Baycans si scambiano in scioltezza ritmiche e parti soliste, piazzando spesso bridge di livello e tecnicamente raffinati: Next Level, in questo senso, è davvero un gioiellino in cui le sei corde propongono un menù sonoro ricco, vario e dai sapori decisamente forti.

Ed in puro stile garage-rock suona la successiva Breakin’ the Line, altro pezzo diretto che fila via dritto, classico treno senza fermate, e che dimostra quanto l’attitudine live sia alla base di questo approccio musicale: brani come questo, o come la successiva, torrenziale e particolarissima Funky Crunchy Woman, funk rock originale e vivace, sono una sorta di viaggio nel tempo e nello spazio in salsa rock and roll, una specie di “bigino” di come una band possa, e forse debba, affrontare questo ambito.

Just Like This sintetizza e distilla gli album precedenti, dai quali pesca suggestioni sparse per poi dar loro forma: southern rock, hard rock, ed un brano come The Jail, ad onta del titolo, è assolutamente una road song da auto lanciata lungo una highway, a finestrini abbassati… magari dopo un’evasione, perché no.

Il riff di chitarra che apre Movin’ On esplicita il piglio con cui i quattro musicisti hanno deciso di affrontare la loro quinta avventura discografica in cui, senza filtri o remore, adottano un atteggiamento assolutamente “right in your face” che si rinnova in Get out of My Way, in cui il rock chitarristico tutto sudore degli Small Jackets ha modo di esprimersi al meglio: riff serrati, cori a piena voce, basso e batteria che pompano come veri e propri stantuffi sbuffando volute di vapore, una macchina che viaggia al massimo dei giri e riunisce in sé tecnica eccellente e totale artigianalità.

Non stupisca la chiusura dell’album: al termine di ogni cavalcata, incluse quelle sonore, c’è sempre il momento in cui si tira il fiato, ci si accomoda e si pone mano a qualcosa di fresco e dissetante: Celebrate è il premio per chi ha cavalcato a lungo nell’arsura, ha macinato chilometri di asfalto, ha camminato lungo sentieri impervi, il momento in cui si placa, per un attimo, la foga del viaggio che cede il posto ad una meritata pausa in cui guardarsi intorno, assaporare ciò che ci circonda, ripensare alla strada percorsa e, perché no, iniziare a ragionare sul prossimo itinerario da intraprendere.

Passione e senso di libertà tenuti insieme da una spontaneità esaltata da capacità tecniche ed esecutive: il rock, in Italia, non è mai svanito, né ha dovuto inventarsi strane alchimie per proseguire il percorso: si è solo defilato, per lunghi tratti, lavorando nell’ombra in attesa di piazzare l’ennesima zampata che lasciasse il segno.

(Transubstans Records/ Go Down Records, 2021)

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