Sigmund Spaeth – A History of Popular Music In America

(Pierangelo Valenti – 12 aprile 2019)

Sigmund Spaeth “A History of Popular Music In America” (Random House, prima edizione 1948). Molti autori, da tempi immemorabili, si sono prodigati a tracciare più o meno seriamente la storia e le origini della musica tradizionale e popolare con risultati eccellenti, appena apprezzabili o totali fallimenti. L’argomento, per la sua complessità e per le scarse notizie certe riguardo agli inizi, risulta alquanto ostico e tutt’altro che di facile interpretazione. Nella prefazione della presente opera puntualmente vengono ricordati tre personaggi chiave: il collezionista ed editore musicale Elliott Shapiro, responsabile del fondamentale “Early American Sheet Music: Its Lure and Its Lore”, John Tasker Howard per il suo impareggiabile studio su Stephen Foster e Daniel McNamara, un topo da biblioteca ed archeologo degli archivi ASCAP, con la BMI la più grande società di autori ed editori americana, e a loro volta dei luminari ed antesignani in materia. Uno degli studiosi che, per nostra fortuna, si è più avvicinato a sciogliere il nodo della questione e a sviscerare con successo parte dei problemi rimane il musicologo statunitense Sigmund Spaeth (1885-1965), tuttora considerato un caposcuola per la profonda conoscenza, passione ed amore riguardo i motivi d’origine pop (nel senso di popolare) americani. La sua frenetica attività comprende diversi libri importanti, usati come testi didattici per le scuole superiori ed universitarie, programmi radiofonici e televisivi, conferenze e letture accademiche, studi su piece di musica classica, l’insegnamento, la collaborazione a diversi prestigiosi quotidiani e riviste (New York Times, Evening Mail, Life …), la composizione di colonne sonore e, non ultima, la consulenza legale specialistica per dirimere complicate vertenze di copyright (era chiamato per questo “The Tune Detective”). Il libro in questione, uno dei suoi best seller, percorre il cammino e traccia l’evoluzione di questa musica decennio dopo decennio assegnando a ciascuno capitolo una semplice definizione in grado di illustrare già dal titolo il periodo cronologico preso in considerazione. Oltre alla nascita e all’adolescenza del fenomeno, leggiamo affascinati in 730 pagine degli “Stirring Sixties”, dei “Simple Seventies”, degli “Elegant Eighties”, dei “Naive Nineties” (ovviamente dell’Ottocento) e via discorrendo, con la citazione di centinaia di compositori e migliaia di motivi anno per anno dal 1770, molto spesso con note esplicative al seguito. Spaeth scomparve nel 1965, anno cruciale per la musica moderna e non solo: chissà come si sarebbe espresso nel constatare i nuovi fermenti legati alla vera e propria rivoluzione delle sette note. Il lavoro del nostro, certamente completo, super specializzato e non uno dei più facili, è tuttora reperibile, come buona parte dei suoi saggi. Enjoy

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