DIXIE CHICKS: musica, politica, attivismo e un grande ritorno dopo tredici anni di assenza

(Raffaella Mezzanzanica – 28 aprile 2020)

Il 7 settembre 2019 ho iniziato la mia avventura con “Girls United!”, con un articolo in cui ho voluto spiegare il senso e, soprattutto, i motivi che mi avevano portata a scegliere di parlare di donne di impatto nel mondo della musica.

In quell’articolo ho presentato The Highwomen, un gruppo femminile che è diventato il simbolo di un movimento attraverso la pubblicazione di un album omonimo che ha rappresentato il manifesto musicale proprio nel 2019, l’anno delle donne.

Nella musica le donne hanno meno opportunità degli uomini e, nel country, le radio dedicate a questo genere musicale, passano molto più volentieri brani scritti e interpretati da uomini.

E’ davvero così? E, soprattutto, le radio dedicate alla programmazione country (parliamo, ovviamente, di Stati Uniti) davvero privilegiano gli uomini a scapito delle donne?

Oggi torniamo a parlare di musica country, anche con l’intento di esplorare meglio questo tema, raccontando la storia di una band femminile tornata sulle scene dopo tredici anni di assenza, con un nuovo singolo e, presto, con un nuovo album: le DIXIE CHICKS.

E per raccontarvi la loro storia, dovrò parlarvi anche un po’ di me.

E’ il 1998. A luglio parto per gli Stati Uniti, destinazione UCSD (University of California San Diego). Che vi posso dire? San Diego è una città stupenda, le sue spiagge sono amatissime dai surfisti. E’ anche l’ultima città al confine con il Messico. Me ne sono innamorata immediatamente.
La colonna sonora, o almeno parte della colonna sonora che mi accompagnava alle lezioni di surf a Pacific Beach era rappresentata da un album, uscito proprio in quell’anno, a me ancora molto caro: Wide Open Spaces delle Dixie Chicks.

Le Dixie Chicks si formano in Texas e la band è composta dalle sorelle Martie Erwin Maguire, Emily Erwin Ronson e da Natalie Maines. Prima dell’arrivo di Natalie Maines, avvenuto nel 1995 in sostituzione di Laura Lynch, il gruppo aveva già all’attivo tre album.
L’arrivo di Natalie porta le Dixie Chicks ad essere riconosciute non solo per la potenza musicale ma anche come delle vere e proprie performer. Il loro stile cambia e, dal country/bluegrass più classico, diventa quello che potremmo definire “country pop”.

Wide Open Spaces, il loro album del 1998, diventa il simbolo del gruppo (lo è certamente ancora oggi) e vende più di 12 milioni di copie.

L’album permette alle Dixie Chicks di vincere il Grammy come “Best Country Album” e, inoltre, il singolo estratto “There’s Your Trouble” ottiene il riconoscimento come “Best Country Performance by a Duo or Group with Vocal”.

Segue l’album Fly (1999), con cui le Dixie Chicks vincono altri due Grammy (“Best Country Album” e “Best Country Performance by a Duo or Group with Vocal” per il singolo “Ready to Run”). Dall’album è estratto anche un altro singolo, “Goodbye Earl”, molto importante nella discografia del gruppo, soprattutto per il tema trattato: gli abusi domestici. Il brano suscitò molte polemiche perché il testo parlava esplicitamente di omicidio (“That Earl had to die, goodbye Earl”).

Con l’album Home del 2002 le Dixie Chicks segnano un ritorno alle origini, verso un country più acustico e meno incline al pop. L’album contiene una cover di “Landslide” dei Fleetwood Mac e i due singoli “Long Time Gone” e “Lil’ Jack Slade” le portano ad aggiudicarsi altri premi ai Grammy. Il brano “Long Time Gone” parla del misero stato in cui si trovava la musica country contemporanea, praticamente diventata senz’anima (“They sound tired but they don’t sound Haggard, they have money but they don’t have Cash”, sono chiari riferimenti a Merle Haggard e Johnny Cash).

Nel 2003, un evento cambierà incredibilmente le sorti del gruppo.

Poco prima dell’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti decisa dal Presidente George W. Bush, durante un concerto a Londra, Natalie Maines disse pubblicamente: “Just so you know, we’re ashamed the President of the United State is from Texas” (trad. “Affinchè lo sappiate, ci vergogniamo del fatto che il Presidente degli Stati Uniti sia originario del Texas”).

Una frase di questo genere, pronunciata oggi, al tempo dei social media, non avrebbe avuto alcun effetto. Purtroppo, nel 2003, per le Dixie Chicks le conseguenza furono devastanti e si concretizzarono in un estremo boicottaggio da parte di tutte le radio.

Un gruppo country femminile che già nel 2002, con il brano “Long Time Gone”, aveva aspramente criticato le radio country perché non trasmettevano i grandi brani classici del genere e che ora, in aggiunta, si permetteva di criticare il Presidente degli Stati Uniti, diventò qualcosa di inaccettabile.

Quell’esternazione le portò anche a ricevere numerose minacce di morte.

Nel 2006, le Dixie Chicks iniziano la promozione del nuovo album, Taking the Long Way, prodotto dal leggendario Rick Rubin. L’album permette loro di vincere 5 Grammy tra cui “Album of the Year”, “Record of the Year” e “Song of the Year”.

Taking the Long Way non fa dimenticare ciò che era successo qualche anno prima, soprattutto perché sono le stesse Dixie Chicks a tenerne vivo il ricordo attraverso alcuni espliciti riferimenti inseriti nei brani.

Il Texas non è pronto a perdonarle e il gruppo si trova costretto a riprogrammare le date di diversi concerti, apparentemente per scarse vendite di biglietti.

E, da questo momento, le Dixie Chicks spariscono definitivamente, come se fossero state cancellate dal panorama musicale.

E’ il 4 marzo 2020 ed esce “Gaslighter”, il singolo che anticipa il nuovo omonimo album.

Sono passati tredici anni ma le Dixie Chicks sono tornate. Siamo, però, in piena emergenza Covid-19 e la band, insieme a tanti altri artisti, è costretta a rimandare l’uscita dell’album a data da destinarsi.

“Gaslighter”, però, è qui ed è un singolo di rinascita. Lo stile musicale richiama il country pop, le parole sono state scritte dopo il divorzio di Natalie anche se, recentemente, parte del testo è stata modificata in un post su Twitter, per lanciare un chiaro messaggio al Presidente Trump proprio sulla gestione dell’emergenza coronavirus negli Stati Uniti.

Le Dixie Chicks sono rimaste focalizzate sull’obiettivo e sulla loro natura di gruppo impegnato nell’attivismo politico e sociale.

In effetti, è doveroso ricordare come Natalie Maines sia stata tra gli artisti che si sono battuti negli anni per la liberazione dei “Memphis Three”, i tre ragazzi (Damien Echols, Jessie Misskelley Jr. e Jason Baldwin), accusati di aver ucciso tre bambini di otto anni a West Memphis (Arkansas) nel 1993.

Accusati e condannati: Damien Echols, alla pena di morte, gli altri due all’ergastolo. Accusati e condannati sulla base di prove indiziarie e perché “colpevoli” di ascoltare i Metallica e di leggere libri di Stephen King, vivendo in una città di bigotti che portò alla formazione di una giuria pronta a condannarli, senza nemmeno aver visto le prove o sentito i testimoni.

Il loro caso fu portato all’attenzione dei media grazie all’interessamento di numerosi esponenti del mondo della musica e dello spettacolo: Johnny Depp (diventato poi amico personale di Damien Echols), Eddie Vedder, Henry Rollins, Patti Smith, e proprio i Metallica che, successivamente, diedero il consenso a utilizzare la loro musica in un documentario sul caso.

Questa incredibile storia di ingiustizia  e i diciotto anni passati in isolamento nel braccio delle morte sono stati raccontati in prima persona da Damien Echols nel libro “Life After Death”.

Natalie Maines contribuì in modo determinante a far puntare i riflettori sul caso e a far emergere alcune prove che non erano nemmeno state prese in considerazioni ai tempi del processo.

Nel 2010, Natalie fu anche tra i protagonisti, insieme a Eddie Vedder, Patti Smith, Johnny Depp e altri, di un concerto a Little Rock in supporto della causa dei “Memphis Three”.

I tre ragazzi, ormai diventati uomini in carcere, furono scarcerati nel 2011, sulla base della Alford Plea, attraverso la quale un imputato non si dichiara colpevole ma ammette al tempo stesso che l’accusa avrebbe prove sufficienti per un verdetto di condanna.

Il ritorno delle Dixie Chicks mi ha fatto tornare indietro nel tempo e mi ha fatto pensare ad uno dei momenti più felici, intensi e spensierati della mia vita.

Pensare al loro percorso mi ha anche fatto capire come “Girls United!” stia davvero andando nella giusta direzione.

“Girls United!” non è una rubrica musicale. Il vero obiettivo è raccontare come le donne e la musica possano davvero cambiare il mondo.

Vorrei concludere con la canzone che ha dato il titolo all’album che mi ha permesso di conoscerle e di apprezzarle: “Wide Open Spaces”, un brano con un titolo simbolico, perché parla di qualcosa di cui tutti abbiamo bisogno oggi più che mai: grandi spazi aperti.

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