Blind Lemon Jefferson – “Classic Performances of a legendary folk-blues singer”

(Pierangelo Valenti – 30 maggio 2019)

Blind Lemon Jefferson “Classic Performances of a legendary folk-blues singer” (Joker SM 3103). All’inizio degli anni Settanta – sembra incredibile ma è la verità – l’etichetta milanese Joker, uno dei satelliti della SAAR (Società Articoli Acustici Riprodotti) di Walter Guertler, tutta dedita ad artisti nostrani, rampanti ed immigrati (Dave Anthony’s Moods, Casuals, Shocking Blue, ecc.), musica classica, blues e jazz con collane di cui non era dato immaginare la fine, trovava il tempo e la voglia di pubblicare anche siffatte monografie e antologie (leggansi “La storia del jazz”, “Le grandi pagine della chitarra”, “I grandi del banjo”, “I classici del jazz”…) a prezzi assolutamente economici distribuendole non solo nei negozi di dischi ma perfino nei supermercati e nelle edicole. Anche solo per questo motivo alla Joker va senz’altro riconosciuto il merito di aver avvicinato, come nessuno in quegli anni, numerosi potenziali appassionati a repertori spesso sconosciuti ed ignorati. Molto interessante dal punto di vista della selezione, l’album in questione, edito nel 1971, costituisce oggi una vera e propria rarità per collezionisti. Come tutti sanno Lemon Henry Jefferson (1893-1929), considerato il “Padre del Texas Blues” (assecondando un bisogno ancestrale e quasi fisiologico del nordamericano medio di pretendere un genitore non solo per un genere musicale ma per ogni cosa animata o meno) era un cantante e chitarrista di colore cieco dalla nascita molto popolare per le sue incisioni negli anni Venti. Realizzò più di un centinaio di matrici per l’etichetta Paramount Records tra il 1926 ed il 1929 caratterizzate dalla voce usata con particolari effetti che andavano dai bassi più gravi fino a rasentare il falsetto e dall’originalità della sua tecnica allo strumento, un fingerpicking immacolato ed a volte molto complesso. Paradossalmente, sebbene i suoi dischi si vendessero bene e la richiesta per nuovi titoli non avesse mai conosciuto periodi di stallo, Jefferson, a causa della estrema difficoltà di imitare le peculiarità delle parti vocali e soprattutto chitarristiche, non influenzò più di tanto i colleghi contemporanei che preferivano rivolgersi a modelli più accessibili. La sua rivincita arrivò però puntuale qualche decennio dopo quando parecchi artisti blues, folk e rock lo riscoprirono interpretando molte delle sue composizioni. Le cause della morte sono avvolte dal mistero. Alcune fonti lo vogliono vittima di un caffè avvelenato da un marito geloso (per un artista blues uscita di scena magistrale che ha fatto testo); altri affermano che sia deceduto in seguito ad un attacco cardiaco per lo spavento di aver perso l’orientamento durante una tempesta di neve o di essere stato attaccato di notte da una cane randagio. Nel suo libro “Tolbert’s Texas”, Frank X. Tolbert si disse convinto che Jefferson fosse stato assassinato a scopo di rapina – aveva appena riscosso una cospicua somma per le royalty – da un accompagnatore occasionale nel tragitto verso la Chicago Union Station al treno che lo avrebbe riportato a casa nel Lone Star State. Aveva trentasei anni e chissà che cosa ci avrebbe ancora riservato. A parte il 33 giri descritto sopra, dal punto di vista delle riedizioni discografiche, l’artista è sempre stato trattato con particolare cura qualitativa e quantitativa sia dai vecchi vinili (si possono citare gli ormai storici e pionieristici reissue della Riverside, Biograph, Milestone e Yazoo) che dai cd (due per tutti il “Complete Recorded Works In Chronological Order” della Document o il “The Complete 94 Classic Sides Remastered” della JSP Records, entrambi in quattro volumi).

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