Bernie Marsden – Big Boy Blues & Green

Se n’è andato in silenzio, Bernie Marsden, il 24 di Agosto a settantadue anni, dopo una vita musicale che merita di essere raccontata perché è stata assolutamente intensa, e ricca di avvenimenti; nato nel 1951 a Buckingham, a diciannove anni inizia a suonare con una band locale chiamata Skinny Cat, si unisce ai Wild Turkey, band formata da Glenn Cornick (ex-Jethro Tull), poi ai Cozy Powell’s Hammers; poco più che ventenne, si è già fatto un nome, nel circuito del rock-blues britannico, approda nei Babe Ruth, quindi passa ai Paice Ashton Lord, nati dalle ceneri dei Deep Purple ma che non ebbero fortuna e transita, infine, negli UFO con cui registra l’epocale album Phenomenon, che contiene le hit Doctor Doctor e Rock Bottom.

Siamo nel 1978 e Bernie si trova di fronte ad un bivio di quelli decisivi: da una parte l’offerta di entrare negli Wings, la band di Paul e Linda McCartney, dall’altra quella presentatagli da David Coverdale, appena uscito dai Purple, di unirsi ai neonati Whitesnake: Marsden sceglie la seconda opzione e, per i quattro anni successivi, resterà alla corte del serpente bianco, con cui realizzerà ben sette album ed altrettanti tour mondiali, accompagnando la band verso la notorietà internazionale.

La sua firma apparirà, insieme a quella del leader, in calce a brani quali Fool for Your Loving, Walking in the Shadow of the Blues, Ready an’ Willing, Lovehunter, Trouble ed Here I Go Again, che verranno inclusi nelle playlist degli show della band sino ai giorni nostri; dal 1982 ad oggi, una intensissima attività solista e tantissime partecipazioni a progetti, spesso anche solo occasionali: la Bernie Marsden Band, i Bernie Marsden SOS, gli Alaska, gli MGM, con Mel Galley e Neil Murray, The Moody Marsden Band, che scioglierà nel 2000,i  Borderline, i Green & Blues All Stars, i Saints and Sinners, (da non confondere con l’omonima band glam-metal canadese) The Hell Blues Band, The Snakes, insieme a Micky Moody, e The Company of Snakes, poi divenuti M3.

Gli anni duemila lo vedranno ancora protagonista grazie ad ulteriori numerose collaborazioni, sia come chitarrista che come autore, oltre ad un notevole numero di album solisti; per uno strano gioco del destino, esattamente sei mesi prima della sua improvvisa scomparsa, il 24 Febbraio, verrà realizzato questo cofanetto, Big Boy Blues & Green, che ripresenta nell’ordine Green and Blues, tributo a Peter Green uscito nel 1995, due lavori usciti tra il 2003 ed il 2005, Big Boy Blue e Big Boy Blue: The Sessions, e Live at the Granary, riproposizione di un concerto tenuto, insieme ad ospiti d’eccezione quali Michael Roach, Ian Parker e Sharon Watson, al Granary di Buckingham, sua città natale, nel Febbraio del 2003, e pubblicato due anni dopo.

L’amore per il blues è sempre stato il faro musicale che ha caratterizzato l’intera carriera del chitarrista britannico, e questa pubblicazione condensa l’essenza del suo stile e della sua attitudine: l’amore per Peter Green, chitarrista dei primi Fleetwood Mac, suo idolo riconosciuto, che omaggia insieme ad altri maestri, poi una serie di brani, scritti dallo stesso Marsden nello stile di quelli che sono stati i suoi eroi musicali, ed infine uno show dal vivo in cui, oltre agli standard blues, si trovano anche classici del soul e l’immancabile Here I Go Again che, divenuta ormai un vero e proprio classico, rappresenterà il marchio di fabbrica della sua intera carriera perché, nonostante l’attitudine genuinamente blues da sempre palesata, il nome di Marsden resterà per sempre ed inevitabilmente legato ai Whitesnake, quelli della loro prima incarnazione, ovvero di quella fase storica durante la quale, prendendo le mosse dal rock blues, avevano lentamente iniziato a spingersi in avanti, verso l’hard rock, diventando, successivamente, una band dal successo planetario, ma che si sarebbe mossa a cavallo tra l’AOR, il glam e l’hair metal.

A quel punto però, Marsden aveva già abbandonato la formazione (sostituito da Mel Galley), ed oltre a lui anche il suo storico sodale Micky Moody, con il quale aveva fortemente caratterizzato il sound del gruppo sino ad allora, se ne sarebbe andato poco più di un anno dopo, una volta terminate le registrazioni dell’album Slide It In, rimpiazzato quasi subito da John Sykes, che si troverà quindi ad essere protagonista, tre anni dopo, del celebre Whitesnake 1987.

Bernie Marsden, che l’autorevole rivista Guitar World Magazine ha voluto omaggiare definendolo “One of the finest British players to ever pick up an electric guitar”, rappresenta in maniera compiuta l’archetipo del musicista che, pur avendo senza alcun dubbio contribuito a “fare la storia”, della musica rock in generale, ed anche del proprio strumento, lo ha fatto tuttavia rimanendo quasi sempre uno, se non due passi indietro, rifuggendo le luci della ribalta e concentrandosi fondamentalmente sulla propria musica, accompagnato per quasi tutta la propria carriera dalla fida Gibson Les Paul Standard Burst del 1959, ribattezzata “the Beast”, senza mai voler essere coinvolto più di tanto nell’ambito del music-business.

Difficilmente (anzi, per meglio dire, mai…), se si vanno a scorrere le immancabili (e pressochè inutili) classifiche dei 20, 50, 100 chitarristi considerati “più importanti” di tutti i tempi, si troverà scritto il nome di Marsden ed anzi, proprio a tal proposito, all’interno dell’ultima di queste graduatorie, stilata e pubblicata giusto quest’anno dalla rivista musicale Rolling Stone US, il suo nome, al pari di quello di diversi altri chitarristi altrettanto importanti, non appare addirittura nei “primi 250”…

Eppure Marsden ha attraversato un decennio chiave, nell’ambito della storia del rock, ovvero quel periodo, a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, che ha introdotto diversi cambiamenti nell’approccio musicale, favorendo la nascita di nuovi generi; i musicisti come lui si possono considerare come traghettatori, che hanno abbracciato il rock proveniente dagli anni ’60, l’hanno elaborato e quindi sospinto verso gli anni ’80, chiamandosi fuori giusto un attimo prima del grande successo di pubblico: rimasti nell’ombra, hanno permesso alla musica rock di brillare ancora negli anni a venire.

(Sanctuary Records/Cherry Red/Purple Records, 2023)

Print Friendly, PDF & Email