Arch Enemy – As the Stages Burn!

(Andrea Romeo)

Sono passati circa vent’anni dalla nascita degli Arch Enemy, creatura partorita dalla volontà del chitarrista e compositore svedese Michael Amott, del fratello Christopher, anch’esso chitarrista, e del cantante Johan Liiva e, proprio in occasione di questo ventennale, la band di Halmstad ha festeggiato il doppio anniversario con una superba esibizione al Wacken Open Air Festival del 2016.

Dal 1996 sono successe, e sono cambiate, diverse cose nella vicenda artistica di un gruppo che si pone tra i principali protagonisti del death metal mondiale, e più precisamente del death melodic metal, caratterizzato da un approccio chitarristico più melodico, che si rifà in modo evidente all’heavy metal degli anni ’80.

Nove album in studio, un paio dal vivo ed altrettante raccolte, ma soprattutto tanti concerti, ed è proprio la dimensione live che li ha portati alla ribalta e resi protagonisti di una scena da sempre in grande fermento.

Molte cose sono cambiate, specie nella lineup della band: nel 2000 Liiva cede il posto alla cantante tedesca Angela Gossow, nel 2012 Christopher Amott lascia il gruppo, per accasarsi con i Dark Tranquillity, cedendo il posto a Jeff Loomis, ma l’evento principale avviene nel 2014, quando la Gossow fa un passo indietro, dedicandosi esclusivamente al management, e ad occupare il ruolo di cantante, poi anche compositrice, viene chiamata la trentenne singer canadese Alissa White-Gluz.

Il tutto avviene in Svezia, il paese scandinavo considerato la patria di questo genere musicale, sviluppatosi a queste latitudini, e precisamente a Göteborg, grazie a band come Dark Tranquillity, Ceremonial Oath, In Flames ed At the Gates che hanno definito quello che viene denominato Gothenburg Sound; sulla loro scia sono nati gli Arch Enemy, i cui componenti facevano già singolarmente parte di numerose band appartenenti alla medesima scena.

Definire il genere è più questione da appassionati che oggettiva necessità, ma vale comunque la pena di individuarne i tratti principali: gli argomenti trattati non comprendono solo l’esoterismo (patrimonio comunque integrante del death metal), ma sono anche orientati verso temi poetici, onirici, non disdegnando di affrontare concetti importanti, come il conflitto, nelle sue varie forme, da quello interiore alla vera e propria guerra, reale o di fantasia; musicalmente i riferimenti sono ovviamente il death metal, ma anche l’heavy metal classico ed in parte il progressive, per via di una certa predilezione verso strutture armoniche e melodiche complesse.

Gli Arch Enemy sono, da questo punto di vista, decisamente esplicativi di tale attitudine: le chitarre di Amott e Loomis creano ritmiche serratissime ma sono in grado di duellare anche nelle melodie, ed in questo senso il riferimento più immediato sono Glenn Tipton e K. K. Downing, i due axeman dei Judas Priest; la ritmica è, anche dal punto di vista fisico, decisamente “infernale”, perché la doppia cassa di Daniel Erlandsson viaggia tranquillamente oltre i 170 bpm di metronomo ed il basso di Sharlee D’Angelo non può fare altro che allinearsi.

Poi c’è la voce, e qui non bisogna lasciarsi trarre in inganno perché, ai fisici da pin-up di Angela Gossow, ma soprattutto di Alissa White-Gluz, corrispondono due timbri vocali feroci, cupi, oscuri, l’apoteosi del growl, un’aggressività che non fa sconti.

As the Stages Burn! è di fatto una sintesi di vent’anni di musica presentata, come risulta chiaro nel dvd allegato, con scenografie e look assolutamente congrui con lo stile, la musicalità e la “letteratura” del death melodic metal.

Una quindicina di brani, che coprono i primi nove album, con particolare attenzione a quello appena uscito, War Eternal, dal quale sono tratti ben cinque brani, ovvero la title-track, War Eternal, Stolen Life, You Will Know My Name, As the Pages Burn ed Avalanche; sia apre con la strumentale Khaos Ouverture, seguita da Yesterday Is Dead and Gone, doppietta pesantissima tratta da Khaos Legions del 2011, poi la ferocissima Ravenous, da Wages of Sin del 2001 cui segue My Apocalypse, un po’ meno veloce ma altrettanto “ruvida”, tratta da Doomsday Machine, datato 2005.

In Bloodstained Cross,anch’essa da Khaos Legions, si possono apprezzare le influenze ottantiane ma anche alcuni passaggi prog-metal di cui gli Arch Enemy sono veri maestri, influenze confermate dalla successiva Under Black Flags We March, sintesi dell’heavy metal classico, solo un po’ più “incattivito”, se non fosse che la successiva Dead Eyes See No Future, tratta dall’omonimo EP del 2004, coinvolge l’intero pubblico in una vera e propria orgia sonora che lascia letteralmente senza fiato.

Alissa White-Gluz, con la sua chioma blu elettrico, è signora e padrona di un palco che brucia davvero, le chitarre alternano riffs assassini a passaggi tecnicamente complessi ed assai pregevoli per melodie ed armonizzazioni, la sezione ritmica viaggia ad una velocità folle, ma con una precisione metronomica ed il pubblico può scatenarsi in un headbanging continuo e decisamente liberatorio.

Questo genere, e questa band, sono certamente molto fisici, coinvolgono l’audience dettando ritmi, impressionanti quanto trascinanti, ma non disdegnano di tirare il fiato, per quanto possibile: prima del gran finale, trova allora posto una No Gods No Masters, sempre da Khaos Legions, che strizza l’occhio all’hard rock più seventies.

Il trittico finale non fa prigionieri, come per i Motörhead alla fine dei loro show con Bomber, Overkill ed Ace of Spades, una via l’altra senza pause: si parte con un’epica We Will Rise, da Anthems of Rebellion, 2003, seguita dall’oscura e rabbiosa Nemesis, ancora da Doomsday Machine, per chiudere con una solenne e maestosa Fields of Desolation, il brano che chiudeva il loro primo album, Black Earth, datato 1996.

Un concerto che è davvero una sorta di corsa, a rotta di collo, ma che all’arrivo lascia quella piacevole sensazione di stanchezza mescolata alla soddisfazione di aver davvero dato tutto: band e pubblico non si sono risparmiati e pazienza se le magliette, mentre si torna a casa, saranno letteralmente da strizzare…

(Century Media Records/Sony Music, 2016)

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