Furio Chirico’s The Trip – Equinox

Come la maggiorparte delle band italiane, appartenenti al genere progressive, anche i Furio Chirico’s The Trip hanno una storia lunga, decisamente complicata, che si snoda per quasi sessant’anni durante i quali, oltre all’alternanza di più musicisti, ci sono state pause, reunion, formazioni parallele.

I Trip nacquero nel 1966 ad opera del batterista Ian Broad che, giunto in Italia con i suoi The Bigs, poi scioltisi, coinvolse il cantante Riki Maiocchi ed il chitarrista Ritchie Blackmore, di lì a poco entrato nei Deep Purple; ad essi si unirono il chitarrista Billy Gray, scomparso nel 1984, il bassista Arvid “Wegg” Andersen, che se n’è andato nel 2012 e, per un breve periodo, il cantante Roger Peacock, già con Cheynes, Mark Leeman Five, Dave Anthony’s Moods e, successivamente, con i Primitives, che lascerà la band nel 1970 ed è scomparso nel 2007.

Nel 1967, fuori Broad e Blackmore, entrano nella band il batterista Pino Sinnone, ed il tastierista e cantante Joe Vescovi: con questa formazione, (Andersen, Gray, Sinnone e Vescovi), verranno dati alle stampe The Trip (1970) e Caronte (1971).

Se ne va Billy Gray, che non verrà sostituito, la band diviene un trio sullo stile E,L&P, Furio Chirico sostituisce Sinnone alla batteria ed i Trip realizzano il terzo album, Atlantide (1972), seguito da Time of Change, uscito l’anno successivo: dopo trentasette anni di silenzio e di progetti paralleli, i Trip tornano nel 2010, senza realizzare lavori in studio; scompaiono Andersen e Vescovi, mentre nel 2019 Sinnone rilancia i “suoi” The Trip, con Andrea Ranfagni, voce, Carmine Capasso, chitarra, Andrea Dave D’Avino, tastiere e Tony Alemanno, basso, che realizzano Caronte 50 Years Later nel 2021.

Nel 2022 tocca a Furio Chirico rinverdire i fasti del passato e mettere insieme una nuova formazione che prende il nome, come detto, di Furio Chirico’s The Trip, con la quale realizza un nuovo album che riallaccia i fili con il passato ma, nel contempo, si muove lungo coordinate e suoni decisamente attuali.

Lo affiancano, nell’operazione che porta alla realizzazione di Equinox, Paolo “Silver” Silvestri, tastiere ed organo Hammond, attivo sin dai primi anni ’80, Giuseppe “Gius” Lanari, voce e basso elettrico e Marco Rostagno, chitarre.

Chi si immagina un album dai suoni provenienti dall’illustre passato resterà certamente sorpreso dal fatto di trovarsi di fronte un lavoro che, viceversa, suona decisamente fresco, brillante, privo di quella sorta di “zavorra sonora” che spesso appesantisce le realizzazioni di molti gruppi progressive odierni e che, per tale motivo, scorre in maniera fluida: non ci sono suite vere e proprie, i brani sono nella media quanto a lunghezza, ma hanno la comune caratteristica di essere, ognuno a proprio modo, aggressivi, taglienti, ricchi di dinamica e facilmente assimilabili.

Basta ascoltare l’intro di I’m Fury per riconoscere, certo, il sound dei Trip, ma in una veste nuova, addirittura più energica e vivace: Chirico è sempre iperdinamico, ma meno torrenziale del solito, Lanari ed il suo Rickenbacker disegnano linee precise e dal notevole contributo melodico, l’Hammond di Silvestri è punto di contatto con la storia mentre la chitarra di Rostagno entra in gioco poco alla volta ma lascia il segno in modo deciso, soprattutto a partire dalla successiva, e quasi “gobliniana” Mother Earth.

Ci sono tante idee, tanti spunti strumentali, begli inserti vocali, ed il pregio del quartetto è proprio quello di saperli in un certo senso distillare un po’ alla volta, dando loro un ordine e proponendoli in modo tale che si fissino nella memoria: A Suite for Everyone è forse l’unica concessione, diciamo così, nostalgica, alla band degli anni ’70, per i suoni più elaborati e l’andamento più complesso ed articolato, ma rappresenta anche uno dei passaggi migliori dell’intero lavoro, soprattutto per la capacità di coniugare idee storiche ad una esecuzione più in linea con il sound attuale.

Catch The Dreamin’ è brano denso, ricco di creatività e che, dopo un’introduzione cupa e misteriosa, si avvale dell’eccellente lavoro da parte della sezione ritmica che brilla per dinamica ed interplay, ed è impreziosito da un ispiratissimo solo finale di Rostagno, laddove Downward Onward vira decisamente verso un hard-rock melodico, la cui dinamica viene frammentata da una serie di pause e di ripartenze.

Compare una nota di blues tra le righe di The Reason Inside Playing, andamento morbido, quasi sonnacchioso, in linea con le classiche ballad elettriche che spesso negli album degli anni ’70 si alternavano alle suite, mentre Summer Solstice, che si avvale ancora di una spettacolare performance della Les Paul di Marco Rostagno, vira decisamente verso i lidi dell’hard-rock, che da qualche tempo pare essere ritornato un vero catalizzatore per molte band che l’hanno reinserito nei propri orizzonti sonori.

I due brani conclusivi, i più brevi della tracklist, rappresentano il lato più personale ed intimo della band: Remember Joe è un omaggio, delicato e malinconico, all’indimenticato Joe Vescovi, tre minuti in cui viene tratteggiato un solenne ed affettuoso affresco sonoro dedicato al compianto tastierista savonese, mentre la conclusiva Story Of A Friend rappresenta una sorta di commiato, perché no nostalgico, che trasmette la sensazione del trascorrere del tempo.

Equinox è un album importante perché, lungi dal reiterare stilemi già noti, proietta i Furio Chirico’s The Trip verso una nuova visione musicale in cui l’attitudine consolidata viene affiancata da una ricerca affatto fine a sé stessa, o mirata alla pura esibizione tecnica: prog inteso come progresso, l’andare oltre, il ricercare, ovvero nel suo significato più profondo e vero.

(ZDB/Sfera Records, 2022)

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