Who – The Good’s Gone

(Photo by Jack Robinson/Hulton Archive/Getty Images)

(Pierangelo Valenti – 12 settembre 2019)

Non di rado le cose migliori si trovano nelle opere d’esordio di artisti e gruppi, e spesso nemmeno supposte o annunciate. La sorpresa non si addice però a questo brano, essendo presente nell’album “My Generation” (1965) e scelto non a caso come facciata B del singolo “La-La-La-Lies” (1966) – una menzione a parte merita la rara cover italiana di quest’ultimo, “Ora che cosa farai”, dei Pooh sul loro primo 33 giri “Per quelli come noi” – che certamente un posto di tutto rispetto nell’intera produzione degli Who se lo è guadagnato. Prodotto dal lungimirante introverso Shel Talmy, “The Good’s Gone” è il classico parto della fervida fantasia di Pete Townshend con già qualche anticipazione di quello che avverrà di lì a poco (e notare qui ancora una volta il sottile ma resistentissimo filo che lega i riff del “nasone” a quelli di Steve Marriott, impronta di gemellaggio mod indelebile). Un maledetto arpeggio di chitarra come intro (la morte sua!), un bridge imprevedibile e da favola che raddoppia gli orizzonti, Keith Moon a briglie sciolte con la grancassa più rock del rock, John Entwistle che ammicca con una linea di basso apparentemente semplice, Roger Daltrey travestito da Boris The Spider e il piano di Nicky Hopkins che ricama con discrezione il tutto. Testo basato sull’agonia di un rapporto di coppia con l’eterno dilemma di chi mollerà per primo. Riascoltatela, è un ottimo biglietto da visita e, forse per qualche ritardatario, una vera e propria rivelazione.

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