WARRIORS GROW UP AND DIE – LUCA MILANI

(Aldo Pedron)

Luca Milani (Milano, 1978) è un cantautore, rocker, chitarrista, artista eclettico, in auge da oltre 30 anni.

Una carriera lunga e dalle varie sfaccettature. Forma negli anni ’90 il trio di matrice grunge File con Alessandro Bevilacqua al basso e Tommy Graziani alla batteria. Ad inizio 2002 Luca Capasso (ora nei Planet Funk) sostituisce Tommy Graziani e il trio firma per la Zomba Records.

I File producono un EP nel 2002 ed un album per la Zomba /Silvertone nel 2003.

Insomma un inizio con i File, band di post grunge, poi un paio di dischi acustici di american country-gothic-rock. Nel 2009 Luca Milani é di nuovo attivo come solista con Scars And Tattoos, un EP con atmosfere acustiche edito dalla Recorded Recordings Records.

Nei dieci anni a seguire, dal 2011 al 2021 sono almeno sei i suoi lavori da solista a partire da Sin Train (Black Nutria, 2011) con matrice anglosassone e marcatamente folk e Lost For Rock’ n’ Roll (Martiné-Hellm/IRD) del 2013 dove Milani imbraccia la chitarra elettrica.

Da solista o con i suoi Glorious Homeless pubblica i dischi successivi.

Una carriera più vicina a sonorità e approcci cantautorali in stile americano con ballate intense, spunti rock, accenni al country e i riferimenti ad eroi senza tempo come il Bruce Springsteen di Nebraska, Bob Dylan, Johnny Cash.

In Warriors Grow Up And Die i suoni sono più moderni e i punti di riferimento sono artisti di Seattle e dintorni, vengono a galla i fantasmi di Kurt Cobain (Nirvana), Chris Cornell (Soundgarden) e Scott Weiland, lo scomparso leader dei Stone Temple Pilots a cui Luca in Dear Scott dall’atmosfera sinfonico-orchestrale, dedica una lettera lancinante che ricorda certi demoni che non se ne vanno.

Warriors Grow Up And Die (I Guerrieri crescono e poi muoiono) è un viaggio cantautorale di spessore introspettivo con sentieri ben articolati e tortuosi. Milani fa una scelta inedita, quella di valorizzare eroi che sono cresciuti e sono scomparsi, perché è meglio bruciare che spegnersi lentamente, ma forse c’é un’altra possibilità, quella di crescere e guardare il rock and roll da un’altra prospettiva, con un’altra età ma con la stessa passione. Gli amici, i concerti, i dischi, le band sfumano come negli ultimi giorni dell’estate e Warriors Grow Up And Die racconta l’effetto di crescere, di seguire i propri idoli, passaggi che non sono indolori, per poi accorgersi che il tempo è tiranno e induce a riflettere, si può smussare gli angoli e vedere il tutto in ottica differente.    

Una figura dinoccolata il nostro Luca Milani che non ha ancora smesso di cercare la redenzione che ogni artista rincorre sempre con tormento ed estro in una visione pessimistica della vita e che sono sue parole … anche i più forti scompaiono e piangono, ma mentre si affonda si può sempre segliere di essere quei musicisti che sul Titanic hanno suonato fino alla fine. Ho sempre visto la musica come una possibilità di salvezza, salvezza dagli errori fatti, salvezza da una vita banale e noiosa, salvezza a tutti gli effetti. Salvezza che non è ancora arrivata.

Luca si è liberato dalle dinamiche di gruppo, dalla vita in una rock and roll band cercando una sua dimensione personale, cantautorale e in questo nuovo album le atmosfere sono più pacate, introspettive. Nelle sue canzoni c’è tutta l’anima più oscura e passionale della musica americana.

Piace molto l’iniziale Dirty Hearts con una voce calda, profonda, intonata e This Night con il pianoforte a rendere avvolgente una ballata senza fine.

In Warriors Grow Up And Die regna un certo equilibrio sonoro tra acustico e elettrico dove non mancano immagini, suggestioni, raffigurazioni, rapporti interpersonali. In Voices Inside si parla di affetti perduti, Empty Wound é cupa e ossessiva mentre nel ricordo della madre ecco Sorry Mom.

Con Luca Milani (voce, chitarra, armonica), ci sono Fidel Fogaroli al piano, hammond e tastiere varie, Evasio Muraro qui al basso (fondatore e chitarrista dei Settore Out con Daniele Denti, poi nei Groovers ed infine come solista) e Giacomo Comincini alla batteria (già con i Glorious Homeless).  

Canzoni permeate da una sorta di sofferenza interiore che ben si sposa con il periodo in cui è stato concepito durante il duro lockdown e con sfumature strumentali inedite.

Il disco è prodotto da Daniele Denti per la propria etichetta Fragile Dischi e che troviamo anche alla chitarra elettrica nel brano Fixed Heart.  In definitiva un notevole passo avanti nello sforzo di cercare una nuova via, personale nella scrittura, negli arrangiamenti e nell’interpretazione delle canzoni in un disco nichilista, impegnativo ed intenso.

(Fragile Dischi – 2021)

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