Viaggio nel mondo creativo di Antoine Fafard

(Raffaella Mezzanzanica)

Quando pensiamo alla musica, la prima cosa che facciamo è associarla alle “emozioni”. La musica è qualcosa che ci commuove, è qualcosa che ci aiuta a superare gli ostacoli e i momenti difficili. La musica è anche gioia e felicità.

E quando ci soffermiamo sul “processo creativo” dietro una canzone, un’opera, una composizione o qualsiasi forma d’arte, siamo portati a considerare il “processo emozionale” dell’artista che ha creato quel brano, quella specifica forma d’arte.

Le cose stanno così…un “processo emozionale” da entrambe le parti: dal lato dell’artista e dal lato dell’ascoltatore.

La musica, però, è molto più di questo.

Avete mai provato a considerare la musica da un’altra prospettiva? Avete mai provato a pensare alla musica come ad uno “stato mentale” o al risultato della “gestione del tempo”, di un “processo disciplinato” e di “obiettivi autoimposti”?

Forse no. Forse lo avete fatto ma poi avete pensato di trovarvi di fronte a un enorme livello di complessità e che, quindi sarebbe stato più semplice fermarsi al “processo emozionale” sottostante ad ogni brano.

E’ giunto il tempo di cambiare prospettiva e atteggiamento nei confronti della musica. Ci sono artisti che compongono le loro opere in modo molto complesso e il risultato di questo mix di emozioni e disciplina è assolutamente fantastico.

Le “emozioni” sono il punto di partenza, ma all’origine del brano, c’è anche una vera e propria “tabella di marcia”.

Antoine Fafard, compositore, bassista e chitarrista è tra questi artisti. Da più di vent’anni, ha sempre lavorato a più di un progetto contemporaneamente, componendo musica di grande bellezza e collaborando con artisti di grande, immenso talento.

Quei progetti così complessi non avrebbero mai visto la luce, se Antoine non avesse seguito un processo rigoroso.

Nella nostra Skype video call, ho chiesto a Antoine Fafard di spiegare il suo processo creativo e le ragioni per cui ha deciso di utilizzare questo tipo di approccio nella composizione delle sue  opere. Abbiamo anche parlato di quale sia oggi il significato di “progressive music” e, naturalmente, di “Chemical Reactions”, il progetto in collaborazione con Gavin Harrison, che sarà pubblicato venerdì 11 dicembre.

Q.: “Chemical Reactions” uscirà tra circa una settimana. Sei emozionato? Come ti senti solitamente quando hai un nuovo album in uscita? Sei curioso di sapere cosa ne penseranno i tuoi fan?

A.F.: Ci sono circa due mesi di preparazione per me prima dell’uscita ufficiale di ogni nuovo album. Questo è il modo in cui gestisco il mio business di musicista indipendente. La prossima settimana l’album uscirà “ufficialmente” ma nei due mesi precedenti io inizio a parlarne e lo rendo disponibile come “pre-ordine” ai fan. In questo modo, un artista indipendente come me, riesce anche a finanziare meglio il proprio progetto e, al tempo stesso, riesce ad avere un contatto immediato e diretto con le persone. Ho il mio sito web. In questo modo le persone possono ordinare l’album direttamente dal sito e riceverlo prima della data ufficiale di uscita. Questo periodo è un mix di agitazione ma, al tempo stesso, è un periodo molto, molto pieno perché io sono un artista molto poco conosciuto se paragonato ai grandi nomi in circolazione. Mi occupo direttamente di tutto: marketing, distribuzione, gestione del sito web e questo in aggiunta all’attività di composizione musicale, arrangiamento e registrazione. E’ un periodo molto pieno. Non c’è tempo per starsene seduti, rilassarsi e godersi il momento. Sei super impegnato. Poi, quando l’album esce “ufficialmente”, posso rilassarmi un po’ di più. Posso rilassarmi e sentire i commenti, leggere le recensioni ecc. Sono ancora occupato perché non ho più CD al momento, quindi ne sto producendo degli altri da inviare ai distributori. Eh sì, sto anche lavorando ad altri progetti futuri. Questo significa che, in questo momento, sto già lavorando ad altri album.

(Io: Qui in Italia, su Amazon, al momento non è possibile ordinare l’album. Non è disponibile e credo sia proprio dovuto a quanto mi hai appena detto.)

A.F: Beh, l’album dovrebbe essere disponibile su Amazon in Italia ma è “sold out”. Questo significa che il mio distributore ha difficoltà a gestire le richieste. Ecco perché devo produrre più CD, perché non ne ho più!

(Io: Beh, è un’ottima cosa)

A.F. Sì, è un ottimo problema da risolvere.

Q.: Lavori sempre a più progetti contemporaneamente. Quando hai iniziato a lavorare a “Chemical Reactions”?

A.F.: Ho iniziato questo progetto nel 2015, quindi cinque anni fa. Ho iniziando con gli spartiti per un’intera orchestra (ne ho una copia proprio qui). Era un mio sogno. Sono andato in Repubblica Ceca nel 2016 e ho trovato un’orchestra per effettuare una session. Sono tornato a casa e ho contattato Gavin (Harrison – n.d.r.) per sapere se fosse interessato a partecipare al progetto e lui ha accettato. Abbiamo registrato la musica e poi abbiamo abbandonato il progetto perché avevamo altre cose da portare a termine. Nel frattempo, ho realizzato un album con Gary Husband, un album con Simon Phillips e con Todd Sucherman. Mi piace lavorare con grandi batteristi. Quando è uscito l’album con Todd Sucherman ho pensato: “Che cosa dovrei fare con quel progetto di musica per orchestra? E’ lì, sullo scaffale”. Così, l’ho ripreso in mano e ho iniziato a lavorare con il quartetto d’archi e un diverso tipo di orchestrazione ibrida. Mi sono preso una pausa per alcuni anni e, di nuovo, un anno fa, sono tornato a lavorare sul progetto. Questo è il tempo che ci è voluto per uscire con l’album. Ed è così per tutti i miei progetti. Lavoro sempre a diversi progetti nello stesso momento.

(Io: E, lasciamelo dire, sono tutti progetti molto complessi!)

A.F.: Sì, sono complessi per diversi aspetti: la musica, la logistica. E’ tutto molto stimolante.

(Io: Soprattutto ora, a causa della pandemia.)

A.F.: Ad essere onesto, la pandemia mi ha quasi aiutato perché Gavin è sempre in giro. A volte, è in tour con più di 200 date all’anno. Ma ora, è bloccato in casa, come tutti noi, quindi la pandemia ha facilitato il completamento del progetto. Mi ha detto: “Sono a casa”. E io ho risposto: “Fantastico. Ti mando un po’ di musica” (Ride) Io non faccio tour. Io compongo musica e registro. La pandemia non ha cambiato molto il mio modo di vivere.

Q.: Quando hai iniziato a lavorare a “Chemical Reactions” hai subito pensato che avresti composto musica per un’intera orchestra e un quartetto d’archi, oppure è stato qualcosa che è maturato durante il percorso?

A.F.: L’idea sottostante a un progetto come questo è che, prima di tutto, si tratta di musica suonata da musicisti “veri”. Questo significa che non ci sono campionamenti, non ci sono parti elettroniche, nulla. Volevo dei musicisti “veri”: violinisti “veri”, un’orchestra “vera” e, ovviamente, un “vero” basso e un “vero” batterista. Questa è stata la prima regola. La seconda regola: volevamo che il risultato fosse un “ibrido”, con batteria e basso da una parte e una serie di strumenti “insoliti”, strumenti che solitamente non si utilizzano nella musica “prog” o “fusion”. Quindi: quartetto d’archi, vibrafono, marimba e, ovviamente, l’orchestra. Queste sono state le due regole che ci siamo dati. E ora, stiamo lavorando ad un altro progetto a cui applicheremo le stesse regole. Avremo, quindi, strumenti “insoliti” come, ad esempio, dei tipi di percussioni di cui non si sente parlare molto spesso, forse degli oboe, non saprei. Siamo del tutto aperti verso ciò che è “insolito”.

Q.: Mi parli dell’orchestra e del quartetto d’archi che hai scelto per la realizzazione del progetto?

A.F.: L’orchestra è la Janáček Philharmonic Orchestra di Ostrava, una piccola città della Repubblica Ceca. E la ragione per cui ho fatto questa scelta è stato perché era conveniente. Non mentirò su questo. Registrare con un’orchestra è davvero molto costoso e io ho trascorso tre ore con loro, pause incluse. Dovevo essere ben preparato e avere tutte le parti ben scritte. Il direttore d’orchestra ha arrangiato la session. La cosa interessante è che il direttore è un americano che ora vive in Austria e non parla ceco ma ha diretto un’orchestra composta da musicisti cechi che non parlavano inglese. (Ride) L’ingegnere del suono, che è anche un musicista, era anche lui originario della Repubblica Ceca ma parlava inglese. Così, ha fatto da interprete. La comunicazione era davvero interessante.

Per quanto riguarda il quartetto d’archi, l’approccio è stato diverso. La violinista Maria Grig ha registrato le due parti di violino e viola in autonomia e il violoncellista ha registrato le proprie parti in Svizzera. Il tutto, quindi, è stato registrato individualmente e unito al momento del mixing.

Il lavoro che faccio si svolge in questo modo per stato di necessità, in quanto non ci sono molte opportunità di avere tutti i musicisti nella stessa stanza, soprattutto oggi. Tuttavia, in questo modo, è possibile avere un migliore controllo della qualità del risultato finale.

Q.: Tu e Gavin Harrison siete amici di lunga data. Tu, però, hai lavorato anche con altri incredibili batteristi. Che cosa ti ha portato a scegliere Gavin per questo progetto in particolare?

A.F.: Quando lavoro con la musica, non mi piace forzare le cose. Contatto i musicisti ed espongo la mia idea. Se reagiscono positivamente, allora il progetto prende vita. Non impongo nulla a nessuno. Voglio che ci sia chimica tra i musicisti. Ho scoperto Gavin qualche anno fa e, da allora, gli ho sempre inviato della musica. E’ necessario capire la compatibilità, la compatibilità musicale tra gli artisti. Poi, quando gli ho parlato dell’orchestra e del quartetto d’archi, Gavin ha mostrato molto interesse. Ho capito subito che era molto interessato a quel tipo di suono. Anch’io ero interessato a quel mix e volevo lavorare con lui a qualcosa che potesse metterci a nostro agio e che ci sarebbe stata utile dal punto di vista della crescita musicale. Sì, sta tutto nel trovare la giusta compatibilità. La “compatibilità musicale” è la chiave.

Q.: Parliamo un po’ della “marimba”. Che cosa è successo esattamente quando hai chiesto a Gavin: “Sai suonare la marimba”?

A.F.: Ah sì. Mi ha risposto: “Ho una marimba” (Ride) E credo che ti abbia detto questo direttamente. Penso che Gavin te lo direbbe. Non è che lui suoni la marimba con regolarità. Questo significa che riesce a seguire il ritmo perfettamente, così come ci si aspetterebbe da un batterista del suo livello, ma la questione delle note è qualcosa a cui si deve approcciare lentamente e delicatamente. Il risultato, comunque, è sotto gli occhi di tutti. Qualunque metodo abbia usato, forse una battuta alla volta, ha fatto benissimo. A me piace molto la marimba. Mi ricorda un po’ Frank Zappa perché era solito usarla spesso nella sua musica. Mi piace quel suono. Il paragone è inevitabile. Chiunque dovesse sentire il suono della marimba penserebbe subito a Frank Zappa. E va bene. E’ uno strumento meraviglioso. E’ necessario suonare molte note per farne uscire il suono. Per questo mi piace molto. La stiamo usando ancora di più ora. Gli ho chiesto se gli sarebbe piaciuto suonare di più la marimba e lui ha detto di sì.

Q.: Nel tuo album precedente, “Borromean Odyssey”, c’è un brano intitolato “Chemical Reactor”, mentre nel 2016 hai pubblicato l’album “Proto Mundi” che è il titolo di un altro brano di “Chemical Reactions”. Sono due coincidenze?

A.F.: (Ride) No, no. E’ tutto collegato ed è un’ottima osservazione.

(Io: Ho fatto bene i compiti…)

A.F.: Sì, assolutamente. C’è un’altra cosa da aggiungere. C’è un altro brano in “Chemical Reactions” intitolato “Holding Back The Clock” che è collegato a “Holding Back Time”, quest’ultimo incluso in un altro album. Questa è la spiegazione: quando c’è una musica che mi piace particolarmente, mi piace riprenderla e riarrangiarla in un altro modo. La vera difficoltà nella musica è la progressione degli accordi. Ho capito che ciò che mi risulta più difficile è trovare la giusta progressione di accordi. E quando ne trovo una che mi soddisfa, mi piace utilizzarla in un contesto diverso. Quindi, mantengo la progressione ma cambio il ritmo, o la melodia. Ogni tanto mi piace fare questo tipo di esercizio. Quindi, è corretto. “Proto Mundi” all’interno di “Chemical Reactions” è il riarrangiamento dell’album “Proto Mundi” e “Chemical Reactions”, il brano, è il riarrangiamento di “Chemical Reactor”. Quindi sì, ci sono delle somiglianze ed è stato fatto di proposito. Questo è anche il motivo per cui i titoli sono molto simili.

Q.: Vorrei ora parlare della produzione dell’album. In progetti complessi come quelli a cui solitamente lavori, l’aspetto della produzione deve essere molto importante. So che dietro la produzione dei tuoi ultimi album, da “Sphere” in poi, includendo anche “Chemical Reactions”, c’è un produttore italiano, Davide Sgualdini. Come vi siete incontrati e che cosa ti ha fatto capire che sarebbe stata la persona giusta per produrre la tua musica?

A.F.: Davide sarà entusiasta del fatto che stiamo parlando di lui. (Ride) Gli farà molto piacere. Davide è amico di un mio amico. Io vivo in Gran Bretagna e ho un amico, Paolo Marini, originario di Cagliari ma che ora vive qui. Un giorno gli ho detto: “Sto cercando un ingegnere del suono per darmi un mano con il mixing”. E lui mi ha risposto: “Beh, penso di conoscere la persona giusta per te: Davide”. Ho contattato Davide e, dal 2016, lavoriamo insieme su tutto. Conosce molto bene il mondo delle registrazioni, del mixing, la tecnologia, tutto. Per questo motivo, è una persona molto importante per tutto ciò che faccio.

Q.: Tu sei un compositore, un bassista e un chitarrista e, in tutti i tuoi progetti musicali hai sempre dato grande importanza alla “parte ritmica”. Nel corso degli anni, infatti, hai collaborato con batteristi incredibili. Nel 2013, hai pubblicato “Occultus Tramitis”, un album composto da undici brani e, per ognuno di essi, hai coinvolto un batterista diverso, ad esempio Terry Bozzio che, tra l’altro, ha suonato anche con Frank Zappa. Come hai scelto il brano da associare al singolo batterista?

A.F.: Ho iniziato a comporre e ho iniziato un po’ a chiedere chi potesse essere interessato a suonare quella musica. Con il passare del tempo, però, ho iniziato a comporre musica per specifici musicisti. Ad esempio, oggi mi trovo nella situazione in cui so per certo che Gavin abbia interesse a lavorare con me al mio prossimo album, quindi sto componendo musica per Gavin. Ho sempre in mente Gavin. Sto anche lavorando a un altro progetto con Todd Sucherman, quindi ho in mente Todd. E, quando stavo lavorando a “Proto Mundi”, Simon Phillips era di passaggio in UK per qualche giorno. Avevo in mente lui quando ho iniziato a comporre la musica per quell’album. E’ bello avere questa possibilità. A volte, però, ti ritrovi a comporre musica senza sapere ancora chi la suonerà. Al momento ho il lusso di comporre sapendo esattamente chi suonerà la mia musica.

Q.: Batteristi a parte, hai anche collaborato con altri importanti artisti come Jerry Goodman o Gary Husband. Come decidi chi coinvolgere nei tuoi progetti?

A.F.: Jerry ha collaborato con me in diverse occasioni, così quando ho una parte per primo violino che comprende anche improvvisazione chiamo sempre Jerry. Anche Gary ha collaborato con me diverse volte nel corso degli anni. So che ci saranno sempre per me, se avessi bisogno di loro. Qualche volta, però, come per il prossimo progetto musicale a cui sto lavorando, succede che stia componendo musica senza sapere chi la suonerà. Non so nemmeno quali strumenti utilizzerò perché, come ho detto, sto cercando strumenti “insoliti”. E’ un punto di vista differente. Sarà interessante vedere che cosa troverò. Sarà davvero interessante.

Q.: Quanta libertà d’azione hanno gli artisti che collaborano con te? Come funziona il tutto? Condividi gli spartiti musicali e poi cosa succede?

A.F.: Sì, certo. Per prima cosa condivido la musica. Condivido gli spartiti. A volte è tutto molto dettagliato, altre volte no. Dipende molto dalla situazione. I batteristi, ad esempio, se la cavano anche senza spartiti. Non penso, ad esempio, che Gavin utilizzi molto gli spartiti. Lascio molta libertà. Io compongo sempre le parti per batteria. Le condivido, poi, con il batterista e gli chiedo di farne una propria versione. A volte, i batteristi restano totalmente fedeli alla mia composizione, altre volte si prendono molta libertà e fanno ciò che ritengono meglio. Lascio sempre molta libertà. E’ meglio così, perché loro sono i batteristi, non io.

Q.: Mi piacerebbe sapere di più sul tuo processo creativo. Che cosa accade dal momento in cui ti viene una nuova idea alla realizzazione finale? Da dove parti?

A.F.: La mia vita è molto disciplinata. Questo significa che mi concedo sempre del tempo per comporre musica, anche se non ho idee. Ad esempio, oggi, dalle 11:00 alle 12:00 ho deciso di scrivere della musica della quale non ho, però, alcuna idea. A volte, alla fine dell’ora, mi rendo conto che ho avuto delle idee brillanti, altre volte non sono riuscito a comporre nulla. A volte un’idea diventa l’inizio del brano, a volte è proprio la disciplina a portarmi a trovare delle nuove idee. Ci sono diversi tipi di approccio. Quando ho un’idea, la scrivo immediatamente nel mio blocco per appunti “magico”.

(Io: Non dirmelo. Non potrei vivere senza un blocco per appunti!)

A.F: E’ importante. E’ importante scrivere le cose che devi fare. perché le idee musicali vanno e vengono. Devi scriverle immediatamente. E’ come per altre cose. Se voglio che una cosa funzioni, mi devo sedere e avere una tabella di marcia. Questo significa che devo ricordare a me stesso che devo lavorare su quel progetto, altrimenti lo dovrò posticipare all’infinito. “Obiettivi autoimposti”.

(Io: Più o meno, è come se tu andassi in ufficio ogni giorno. C’è un altro artista che utilizza il tuo stesso approccio: Nick Cave. Lo sapevi? Ha dichiarato più volte di “andare in ufficio” ogni giorno per comporre, per scrivere ecc.)

A.F.: La sola ragione per evitare che i progetti siano posticipati all’infinito è avere una rigida disciplina. E la cosa frustrante è che, a volte, stai lì a pensare a una cosa per un’ora intera ma, alla fine, non sei soddisfatto del risultato. Questa è la vera battaglia. Ma devi accettarlo. E’ una questione di “gestione del tempo”. L’ispirazione va e viene ma bisogna autoimporsi una certa etica del lavoro. Bisogna essere disciplinati su questo aspetto, perché alla fine è una battaglia ma è anche estremamente gratificante. Quando finisci un progetto e pensi: “Oh sì, è finito!”, è davvero gratificante. E’ un processo che non ha fine.

Q.: Hai dichiarato poco fa di essere tu ad occuparti di tutti gli aspetti legati alla tua musica, non solo la composizione ma anche il marketing, l’advertising e la gestione del tuo sito web. Sono rimasta davvero colpita dal tuo sito web, soprattutto dalla scoperta della sezione chiamata “Drumless Tracks. E’ come un “negozio di caramelle” per batteristi.

A.F.: Ci sono molti batteristi che ascoltano la mia musica. Suoni anche tu la batteria?

(Io.: No, no. Sfortunatamente non so suonare, ma credo sia per il bene dell’umanità. Non so cantare e non so suonare ma sono cresciuta ascoltando la musica. Mio papà mi ha fatto conoscere la musica “prog”, i Jethro Tull, i King Crimson. E’ iniziato tutto così. Ascolto tantissimi generi musicali. Adoro la musica)

A.F.: Ottimo. Sei in minoranza allora, perché ci sono davvero molti musicisti che ascoltano la mia musica e, tra questi, molti sono batteristi. Quando ascoltano i miei album, spesso vogliono suonare loro stessi le parti di batteria. Per questo motivo ho deciso di pubblicare sul sito i miei brani senza le parti di batteria. In questo modo, i batteristi si possono esercitare utilizzando la mia musica. Ascoltano l’intero album senza le parti di batteria. Si tratta solo di condividere la musica con il mondo e di divertirsi suonando i miei brani. Alcuni si registrano e pubblicano le loro versioni su YouTube. Perché no?

(Io: E’ davvero un ottimo approccio. Non molti artisti sarebbero disposti a fare la stessa cosa perché non credo che avrebbero piacere nel sentire i loro brani suonati da musicisti conosciuti e  postati su YouTube.)

A.F.: Beh. La versione definitiva è quella dell’album. Tuttavia, se le persone vogliono divertirsi con la musica, perché no? Penso che la musica sia fatta per essere assaporata. Posso comprendere che per un musicista sia importante avere la possibilità di suonare, quindi perché no? Non c’è alcun problema. Una cosa è ascoltare la musica e assaporarla. Spesso le persone vogliono suonare quella musica. Molti sono batteristi. Penso sia davvero un’ottima cosa.

Q.: Adoro le copertine dei tuoi album. Sono tutte splendide ma quella di “Borromean Odyssey” e quest’ultima per “Chemical Reactions” sono incredibili! Chi le ha create?

A.F.: Beh, quella per l’album che ho in mano in questo momento (“Chemical Reactions” – n.d.r.) è un’immagine che ho preso da Internet. Non è stata una specifica richiesta ad un artista. Per “Borromean Odyssey”, la copertina è stata, invece, creata per me da un artista. E’ complicato, soprattutto perché “Chemical Reactions” è un progetto mio e di Gavin, quindi dovevamo essere d’accordo su tutto. Così, anziché dare l’incarico ad un artista e poi magari non essere d’accordo sul risultato, ho pensato fosse meglio cercare qualcosa direttamente. Ho trovato questa immagine e a Gavin è piaciuta. Abbiamo deciso di utilizzarla come copertina, acquistandola da un sito “royalty free”. E’ stato semplice. Penso che rappresenti perfettamente la musica dell’album, nel senso che è qualcosa di astratto. Non sappiamo esattamente cosa sia. A volte è difficile trovare un’immagine per rappresentare la musica, ma credo che in questo caso, sia davvero una bella immagine.

“Borromean Odyssey”…quell’immagine è speciale, Mi piace molto. Molte persone mi dicono che sia stata la mia previsione del futuro, perché rappresenta un mondo apocalittico. Beh, spero non sia davvero così. La situazione attuale sembra essere così, anche per il fatto che dobbiamo indossare tutti le mascherine ecc.

(Io: No. Speriamo che ci sia un miglioramento e che si possa tornare alla musica. Mi manca tantissimo la musica dal vivo)

A.F.: E’ davvero un momento difficile. Ci sono molti musicisti che suonano per vivere e tutto questo è davvero terribile.

(Io: Anche qui in Italia la situazione è molto difficile. La musica è tra i settori più colpiti dalla pandemia. E’ orribile, ma speriamo che vada tutto bene) A.F.: Sì. A breve in UK inizieranno le vaccinazioni. Ho questa mia visione di un vaccino iniettato nelle persone per controllarne la mente. Sono un po’ paranoico su questo aspetto. La speranza che è iniettino la sostanza giusta!

Q.: Vorrei parlare ora del significato di “musica progressive”. Ci sono molte persone che amano la musica, persone anche molto esperte e che conoscono molto bene la musica che, alla domanda: “Che cosa ne pensi della musica ‘prog’?” rispondono: “Non ascolto la musica ‘prog’ perché è troppo complicata e i brani sono troppo lunghi”. Altri affermano: “Mi piace il punk. La musica ‘prog’ non fa per me”. Che cosa rispondi?

A.F.: Ecco la mia risposta. Direi che la musica è un linguaggio globale ma non è compreso da tutti nello stesso modo. Quello che intendo dire è che, a volte, per comprendere e amare qualcosa, l’arte ad esempio, devi possedere un certo livello di conoscenza in merito a ciò che sta succedendo. E’ come guardare un film in una lingua che non conosci e senza sottotitoli. Se dovessi guardare un film in giapponese, non conoscendo il giapponese e senza sottotitoli, certo potrei comprendere il senso generale di ciò che sta accadendo ma non comprenderei la storia fino in fondo. Penso che, in un certo senso, la musica sia un po’ così. Quando ascoltiamo qualcosa, non siamo tutti allo stesso livello, perché molto dipende anche da come siamo cresciuti. Ad esempio, mi hai raccontato che da piccola ascoltavi molta musica e che tuo padre ti ha fatto scoprire molti generi musicali. In un certo senso, quindi, la tua mente era già più aperta rispetto a qualcuno che non abbia nemmeno mai avuto un giradischi o non abbia mai nemmeno tentato di suonare uno strumento. Non sto dicendo…non voglio sembrare “snob” ma, in un certo senso, è così perché non abbiamo tutti la stessa comprensione della musica. Certo, ognuno di noi ha la propria opinione su ogni cosa. Ognuno di noi può affermare: “Mi piace questo, ma non mi piace quello”. Alla fine, non è compito mio istruire le persone. Ci sono persone che possono fare questo. Penso, però, che, come ascoltatore o come una persona che ama una qualsiasi forma d’arte, l’utente abbia la responsabilità almeno di tentare di comprendere ciò che si sta guardando, ciò che si sta ascoltando e non avere un’opinione ancor prima di averlo fatto. Un’opinione è solo una reazione emotiva nei confronti di qualcosa e tutti abbiamo reazione emotive durante la nostra vita. E’ normale che ci sia della musica che ti colpisce e altra no. Ci sono diversi aspetti da considerare: la conoscenza, la comprensione e le reazioni emotive. Penso, però, che le reazioni emotive possano cambiare a seconda del livello di conoscenza della musica. Quindi, non so…capisci dove voglio arrivare? Quindi, che cosa si può dire delle persone che affermano che la musica progressive è “troppo lunga, troppo difficile, troppo complicata?” Probabilmente, non fa per loro ma per altri ha assolutamente senso. E’ la realtà. Sfortunatamente, alcune persone non hanno la pazienza di prendersi del tempo e, ad esempio, aprire un libro e leggerlo. Si accontentano dei “titoli” – o, nel caso della musica, si accontentano di “sentire” e non  di “ascoltare”. Puoi sentire qualcosa mentre stai lavando i piatti e pensare che tu stia “ascoltando” la musica. Non lo stai facendo. “Ascoltare” la musica significa fare esclusivamente questo. Significa chiudere gli occhi, mettersi le cuffie o utilizzare un buon impianto stereo e ascoltare. E’ una questione di attenzione, di concentrazione. Come compositore, tutto ciò che posso fare è dare il meglio dal punto di vista tecnico ed emozionale. Quando penso che il suono sia buono, seguo le mie orecchie, il mio istinto e pubblico ciò che penso che in quel momento sia il meglio che possa offrire. Anche la mia personale opinione sulla mia musica può cambiare nel tempo. Mi capita di ascoltare qualcosa che ho composto dieci anni fa e pensare: “Beh. Mi piace esattamente come dieci anni fa” oppure: “Era solo ‘ok’”. Quando componi, cerchi di dare il meglio in quel momento. Pubblichi e lasci che sia il tempo a dire se sia qualcosa di buono oppure no. A volte il pubblico non ama subito ciò che viene pubblicato. A volte, viene apprezzato solo molto più tardi. L’arte è una cosa strana. Ci sono film che non appena usciti non sono stati apprezzati ma ora sono considerati dei classici. Le opinioni cambiano, le percezioni cambiano.

(Io: “Le tue affermazioni mi fanno pensare all’album ‘The Willies” di Bill Frisell, pubblicato nel 2002 in collaborazione con Danny Barnes, uno dei più grandi virtuosi del banjo. Danny Barnes ha iniziato come musicista punk e poi si è ‘spostato” sul genere folk, diventando un grande banjo player. “The Willies” è un mix di Americana e jazz. Questo è ciò di cui stavi parlando prima. Per me questo è un ottimo esempio. Oggi, la musica è “progressive” e non bisogna limitarsi a dire che sia ‘complicata’. Devi ascoltare e devi farlo con attenzione.)

A.F.: Assolutamente.

Q.: Che progetti hai per il futuro? Stai pensando di inserire ancora più “sfide” nella tua musica? E per quanto riguarda “Chemical Reactions”, avete in mente di proporlo in versione “live” quando sarà possibile?

A.F.: Ciò che stiamo facendo in questo momento è così “sperimentale” e così complicato, mi riferisco all’orchestra. Al momento, vogliamo offrire un interessante “paesaggio sonoro” su CD, qualcosa che le persone possano amare. E resterà così per il momento, una registrazione più che un progetto “dal vivo”. Detto questo, forse in futuro io e Gavin potremmo lavorare su qualcosa da proporre “dal vivo”, un concerto. Io posso comporre e offrire la mia musica su CD e vinile e, in effetti, sto pensando di produrre musica anche su vinile per il mio prossimo progetto.

Ci sono due cose a cui sto lavorando: un progetto con Gavin, il seguito di “Chemical Reactions”. Uscirà il prossimo anno o forse l’anno successivo. Ci stiamo lavorando in questo periodo.

L’altro progetto è con Todd Sucherman e una vocalist. Per vent’anni ho pubblicato solo musica strumentale e ora, per la prima volta, realizzerò musica con l’aggiunta di una parte vocale. Sarà un mix di progressive e fusion. Sto pensando agli Steely Dan o a Gino Vannelli come riferimenti. Un mix di jazz, progressive rock e forse un po’ di hard rock. Sarà qualcosa di strano. Ho scritto i testi ma non sarò io a cantare. Ho trovato una bravissima cantante che lavorerà con me. Quindi, saremo Todd, la cantante – JK Harrison – e io al basso e alla chitarra. Questo album uscirà nel prossimo futuro.

Questi sono i due progetti principali a cui sto lavorando. C’è sempre molto di più, ma questi sono sicuramente i due più importanti e vedranno la luce il prossimo anno o quello successivo.

(Io: Grazie mille Antoine per aver dedicato del tempo a rispondere alle mie domande.)

A.F.: Grazie a te per l’interesse mostrato nei confronti della mia musica. Sono un artista indipendente come tanti altri musicisti. Cerchiamo di fare del nostro meglio per realizzare la nostra musica e per avere il nostro piccolo pubblico. E’ un piacere poterne parlare di tanto in tanto. Avere il tuo sostegno è davvero molto importante. So che ci sono molte persone che ascoltano la mia musica in Italia e per me è molto bello poterle raggiungere. Ci sono anche dei musicisti incredibili in Italia. E’ stupendo avere queste collaborazioni e spero di poter lavorare con più musicisti italiani in futuro. Mi piacciono molto i film di Dario Argento. Un amico mi ha fatto conoscere un musicista italiano, Mario Fasciano. Vive a Napoli e ha anche collaborato con Rick Wakeman. Potrei lavorare con lui in futuro. […] Lavoro anche con un tastierista siciliano, Alex Argento. Alex suona anche con Virgil Donati. E’ un musicista incredibile. Il mio lavoro adesso consiste nel comporre musica e stare a vedere chi vorrà suonarla.

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