Una serata a Gubbio in compagnia dei Sacromud

Le pietre di Gubbio hanno un fascino spettacolare ed antico: passeggiare per il centro storico, le cui strade lastricate hanno nei palazzi antichi e maestosi il loro proscenio, è un’esperienza che lascia un segno indelebile nella memoria, riconcilia con la storia millenaria dei nostri borghi, testimonianza di antichi fasti, ma anche di lotte, guerre, personaggi illustri. Tra questi primeggia San Francesco, il santo dei poverelli che sapeva parlare agli animali e colmare la distanza tra l’uomo urbanizzato e la natura. I suoi abitanti, gli eugubini, hanno un carattere forte, franco e accogliente, al punto che la “pazzia”, vantata come elemento di pregio e anticonformismo, è plasticamente rappresentata dalla Festa dei Ceri che si svolge il 15 maggio, durante la quale vengono “follemente” trasportate lungo le strade della cittadina le statue di S. Ubaldo, S. Giorgio e S. Antonio, sorrette da strutture colonnate in legno, dal peso di due quintali. 

E’ in questa atmosfera che si sviluppano intrecci bizzarri tra culture lontane, ma ritrovatesi magicamente nell’animo e nella visione fantastica degli artisti più sensibili, che utilizzano la musica, linguaggio universale e immediatamente fruibile, per raccontare vita, emozioni, storie e fatti, collettivi e personali.

Incontrare i SACROMUD, band eugubina DOC, ha rappresentato la ciliegina sulla torta di un week end trascorso in quei luoghi così densi di significati storici e artistici.

Maurizio Pugno, Raffo Barbi, Franz Piombino, Alex Fiorucci e Riccardo Fiorucci mi hanno regalato una serata intensa di racconti musicali e di vita, che confermano le mie impressioni di aver incrociato i personali ascolti musicali con musicisti dalla grande cultura, dalle esperienze ricche, vissute in giro per il mondo, da una profondità umana e artistica non comune. Ed è per una alchimia, senz’altro favorita dalle pietre di Gubbio, che le loro diverse strade musicali hanno trovato una magistrale sintesi nel progetto Sacromud, riunendosi in una Band caleidoscopica e, per l’appunto, un po’ pazza.

La prima volta che ascoltai Maurizio Pugno, chitarrista, compositore e arrangiatore, fu a Cerea (VR) alla kermesse Blues Made In Italy, dove, assieme a Franz Piombino al basso e Giuliano Bei (Rico Blues Combo, altra Band eugubina) alla batteria, accompagnava la splendida voce di Linda Valori.

Ho conosciuto successivamente gli altri componenti i Sacromud, partecipando ad alcuni concerti culminati con la vittoria dell’Italian Blues Challenge al Delta Blues di Rovigo, nel 2023, riconoscimento che li ha portati a rappresentare l’Italia del blues all’International Blues Challenge a Memphis (USA).  L’esperienza vissuta negli States ha offerto loro l’occasione di registrare presso gli storici studi della Sun Records, utilizzando gli strumenti del museo, già suonati da artisti iconici della musica americana quali Elvis Presley, Johnny Cash, Carl Perkins, Roy Orbison e Jerry Lee Lewis e, più recentemente, U2, Rusthie Foster e Robert Randolph. Sacromud – The Sun Experience, with The Cape Horns, di imminente pubblicazione, è il punto di sintesi dell’esperienza americana della Band, chiudendo la trilogia iniziata con il disco Sacromud del 2022 e il live Gubbio To Memphis – Live At The Opera House – The Overground Suite del 2024, entrambi recensiti su questa rivista.

Ma veniamo alla serata trascorsa assieme in un bel locale di Gubbio, amabilmente trascorsa tra ricordi, progetti e considerazioni sullo stato della musica. Non una intervista, quindi, ma parole in libertà, tra amici che si incontrano con gioia davanti ad una pizza innaffiata dall’ottimo vino umbro. Il mio interesse si è subito incanalato sui trascorsi musicali dei cinque musicisti, la cui sintesi ha generato quell’overground style che amalgama magicamente le musiche della modernità nel sacro fango del Delta del Mississippi. 

Di Maurizio Pugno già sapevo della sua viscerale passione per il blues, con particolare riguardo per i Maestri degli anni 30/40 del secolo scorso, e per gli allievi tra i quali in particolare Robert Cray e Joe Louis Walker, purtroppo scomparso recentemente, ma mai mi sarei aspettato che anche il Ritchie Blackmore dei Deep Purple – anni 70/80 – fosse una sua fonte di ispirazione. Anche il suo interesse giovanile per il sassofono, che ha studiato, gioca una parte importante nei fraseggi alla chitarra, fatti di melodia ed improvvisi repentini scatti, ma dalla estrema pulizia formale (mi ricorda il John Coltrane di “Coltrane Plays The Blues”).

Franz Piombino racconta di aver vissuto a Londra per vent’anni, suonando il basso per decine di artisti internazionali, e di amare The Beatles, Genesis e Peter Gabriel, anche questa una sorpresa per me. Però, riflettendo sul suono avvolgente del suo basso, non solamente in funzione di contrappunto ai solisti o meramente ritmico, abbandonandosi spesso a parti soliste, mi spiego il motivo per il quale trovo nel suo tocco duttilità, maestria e profonda conoscenza delle potenzialità dello strumento nel contesto degli arrangiamenti dei Sacromud. Da buon torinese di origine, Piombino è l’ideatore dell’intro e dell’outro dei concerti della Band, utilizzando la cantilena di Profondo Rosso, il film di Dario Argento uscito nel 1975, ambientato proprio nella città sabauda dai contorni misteriosi.

Di Raffo Barbi, autore dei testi e vocalist, non mi sorprende invece che cantasse nei locali brani di cantautori della scena americana e italiana, vista la sensibilità e la ricchezza della sua scrittura. Maurizio Pugno racconta di averlo casualmente ascoltato una sera e immediatamente imbarcato nel progetto Sacromud. Raffo non è solo in possesso di una voce che spazia sia nei toni bassi che alti, ma possiede notevoli doti interpretative e comunicative, quando introduce i brani ai concerti, utilizzando il modus favolistico, generando un mix di curiosità e suspence negli spettatori.

Formazione classica, invece, per Alex Fiorucci, diplomato al conservatorio. Di ritorno da un lungo viaggio in Sudamerica, ancora sotto l’effetto del jet lag, lo ringrazio per esserci stato. Folgorato sulla via del blues, suona le tastiere con una teatralità notevole, quasi che ogni tasto premuto fosse assolutamente necessario e perfetto, testimoniato dal linguaggio del corpo sul palco e dall’espressione del viso che rende plasticamente le note generate dalle tastiere. Che siano l’Hammond, il pianoforte o gli effetti manovrati da lui (anche questa una sorpresa), la sua ricchezza artistica, il tocco preciso, rendono unica e speciale la produzione musicale della Band, garantendo uno straordinario interplay al sound.

Cito, anche se assente in questa occasione, il batterista della Band, Riccardo Fiorucci, dalla potenza e precisione inappuntabili. Il suo drumming, a volte complesso, è una garanzia per la splendida riuscita dei brani.

Pazzi, certo, a voler ostinatamente suonare strumenti veri, con pochi inserti elettronici strettamente al servizio del messaggio musicale, senza gli eccessi a cui ci sta abituando l’industria musicale e l’abitudine all’ascolto utilizzando i canali “liquidi” della tecnologia; i Sacromud procedono nella loro strada lastricata dalle pietre di Gubbio, portatori di messaggi solidali e di denuncia di oblii e consumismo sfrenato, quasi protetti dagli alti e splendidi palazzi storici della loro città. Ed ora che la patente di “pazzo”, ottenuta attraverso l’intercessione della Band eugubina, che ha certificato il rito compiuto dei tre giri attorno alla fontana dei Pazzi, bagnato dalla sua acqua, come previsto dall’antica procedura, ho le carte in regola per continuare a seguire questa meravigliosa storia musicale. Ne sono veramente onorato!

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