Tutti i colori di Cindy Lauper

(Raffaella Mezzanzanica)

“It is not a dirty word, “feminism.” I just think that women belong in the human population with the same rights as everybody else. The problem is, ‘A feminist looks like this, or is like that.’ We are taught not to like ourselves as women, we are taught what we’re supposed to look like, what our measurements are supposed to be. I never hear what measurements men are supposed to be. Just women.” (cit. Cindy Lauper).

Ne abbiamo parlato ampiamente: viviamo un momento in cui c’è tantissima voglia di anni ’80  (https://bit.ly/3PeJcDa). E proprio per questo è giusto continuare a parlarne.

Questa volta lo faremo grazie ad un’artista che è stata una delle indiscusse protagoniste della musica di quel decennio, ma soprattutto di un’artista che, da sempre, lascia segni indelebili della sua presenza come attivista, anzi, diciamolo pure senza paura, come “femminista”.

Lei è Cindy Lauper, nata nel Queens a New York City, nel 1953. La sua carriera, dopo una lunga gavetta in diverse cover band, inizia ufficialmente nel 1983, con la pubblicazione di She’s So Unusual. Si tratta di uno di quegli album che hanno lasciato il segno nel panorama musicale, grazie a singoli diventati hit mondiali come Time After Time e She Bop. Tuttavia, She’s So Unusual non avrebbe probabilmente avuto lo stesso successo se non ci fosse stato Girls Just Wanna Have Fun, singolo diventato un vero e proprio inno femminista.

Girls Just Wanna Have Fun non è un brano scritto da Cindy Lauper o per Cindy Lauper. Si tratta, invece, di una cover di una demo registrata qualche anno prima, precisamente nel 1979, da Robert Hazard che aveva scritto il testo del brano dal punto di vista maschile. Cindy Lauper decise di cambiare parte del testo su suggerimento del suo produttore, spostando il punto di vista da maschile a femminile, e creando un manifesto musicale femminista tra i più potenti mai ascoltati.

Quel brano fece molto scalpore e scatenò una vera e propria rivoluzione! E’ davvero possibile che le ragazze vogliano semplicemente divertirsi o questa è una prerogativa solo degli uomini?

Quel singolo ha veicolato un messaggio talmente importante che, ancora oggi, a distanza di quasi quarant’anni dalla sua pubblicazione, è ancora un inno per le femministe di tutto il mondo.

Gli anni ’80 sono stati così: eccessivi e contraddittori. Esattamente come Cindy Lauper o come, Madonna, diventata la regina indiscussa del pop mondiale. Non dimentichiamo che nel 1986, quest’ultima pubblicò Papa Don’t Preach – tratto dall’album True Blue – brano che tratta il tema della gravidanza in età adolescenziale e dell’aborto. Scandalo nello scandalo!

Cindy Lauper non è solo un’artista, ma è una donna che lotta per i diritti delle donne. Per quanto molti forse siano portati a pensarlo, non è stata una meteora nel panorama musicale e artistico. Seppur abbia pubblicato il suo ultimo album, Detour, nel 2016, in tutti questi anni è stata protagonista sia al cinema che a teatro.

Ad esempio, è la coautrice, insieme a Harvey Fierstein, dei testi del musical Kinky Boots, per il quale ha vinto il Tony Award per Best Original Score. Il musical, basato sul film omonimo del 2005, narra le vicende del proprietario di una fabbrica di scarpe, il quale dopo averla ereditata dal padre, per evitarne il fallimento inizia a produrre scarpe per drag queen e transessuali.

Parlare oggi di Cindy Lauper ha un grande significato. E’, infatti, in corso di produzione un documentario sulla sua vita, sulla sua carriera, sul suo impatto sulla moda e il costume che s’intitolerà, Let the Canary Sing. Il documentario sarà diretto Alison Ellwood, la quale ha così commentato: “ (…) As it turns out, her story is one of hard knocks, hard work, and dogged determination. Cyndi wanted her voice not just to be listened to, but a voice to be heard. The documentary will be a full portrait of Cyndi Lauper — her True Colorsshining through.”  (cit. https://bit.ly/3wmzpm3)

Cindy Lauper è anche cofondatrice e membro del board di True Colors United, un’organizzazione no profit il cui obiettivo è quello di aiutare e supportare i giovani membri della comunità LGBTQ che non hanno una casa e sono costretti a vivere per strada.

“We each have a personal responsibility to make sure LGBTQ youth are treated with dignity and respect” (cit. Cindy Lauper – True Colors United website).

Il nome dell’organizzazione prende il nome da True Colors, altro brano di grandissimo successo dell’artista.

In un mondo dove c’è ancora tantissimo da fare per le donne, è importante che ci siano artisti che usano la propria visibilità per combattere la disparità di genere. E’ bello sapere che concetti come “parità di genere” e “inclusione”, per molti, non siano solo parole. La solidarietà femminile esiste. Noi donne abbiamo e vogliamo tutti i colori del mondo!

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