The Time Tunnel: TV-Series Themes

(Alessandro Priarone)

Oggi le Smart TV forniscono contenuti, film e musica, fotografie, da dispositivi di archiviazione collegati alla rete, utilizzando un server multimediale che consente l’accesso a streaming, programmi, videogiochi, app e altro ancora. Integrare i servizi audiovisivi su internet tramite il “piccolo schermo” è una prassi ed una fruizione normale. Netflix, Apple TV, Spotify, YouTube, PrimeVideo, Rakuten sono ormai nomi comuni. Ma fin dai tempi del tubo catodico in bianco e nero, con magari un solo canale nazionale o attraverso gli sceneggiati, antesignani delle tv series, si potevano integrare segmenti di racconto conclusi o collegati tra loro. Nel contesto contemporaneo le serie televisive sono diventate più importanti del cinema e della letteratura e noi, utenti-spettatori, siamo particolarmente attratti da questa forma di narrazione. Non dimentichiamo che la serialità narrativa ha un’origine molto antica. Ne troviamo la manifestazione sia nei poemi omerici che nella struttura dei racconti della mitologia greca, nelle saghe nordiche, nei testi biblici. Oggi si ragiona su un prodotto fiction concepito per lo show, compresa, nella sua globalità, la canzone a tema comunemente definita “theme song”. Termine usato per riferirsi ad uno spartito che diventa associato ad un particolare artista o esecutore, normalmente eseguito all’inizio di ogni episodio.

Sono stati creati veri capolavori, che con l’autenticità e l’immediatezza di una semplice “signature tune” hanno caratterizzato un’epoca o disegnato la colonna sonora di tante persone.

Stilare una classifica del soundtrack è naturalmente un divertimento, probabilmente fine a se stesso, dove ognuno ha le sue variabili in base ai gusti personali, alle passioni culturali. Ma dato che i cosiddetti “poll” sono una proposta ormai fuorimoda, hai visto mai che approfondirli sotto forma di playlist, non diventi un esercizio costruttivo e un incentivo per una  appassionante ricerca. O piccola nostalgia.

Playlist

1) UFO S.H.A.D.O. (Theme – 1969) Barry Gray

2) Doctor Who (Doctor Who Theme – 1963) Ron Grainer and Delia Derbyshire

3) Attenti A Quei Due (Theme from The Persuaders – 1971) John Barry

4) Gli Uomini Della Prateria (Rawhide Theme Song – 1958)  Ned Washington and Dimitri Tiomkin

5) Il Prigioniero (The Prisoner Theme –  1967) Ron Grainer

6) Bonanza (Bonanza – 1959) Lorne Greene

7) Batman (Theme – 1966 ) Neal Hefti

8) The Monkees (Theme From The Monkees – 1966) Bobby Hart and Tommy Boyce

9) Il Trono Di Spade (Game Of Thrones Maine Titles – 2011) Ramin Djawadi

10)Star Trek Voyager (Maine Theme – 1995) Jerry Goldsmith

11)La Ruota Del Tempo (The Wheel Of Time Soundtrack – 2022) Lorne Balfe

12)Belfagor (Belphegor – 1966 RAI sigla finale) Antoine Duhamel

13)Spartacus (Spartacus End Titles – 2010) Joseph LoDuca

14)Il Segno Del Comando (Cento Campane – 1971 RAI) Fiorenzo Fiorentini e Romolo Grano

15)Happy Days (Happy Days Theme Song – 1974) Norman Gimbel and Charles Fox

In questa lista di eccellenza, voglio sottolineare alcuni autori di importanza fondamentale:

Barry Gray, compositore britannico, noto per aver lavorato a lungo con Gerry e Sylvia Anderson (Thunderbirds, Ufo, Space 1999, Captain Scarlet), ha influenzato le generazioni a venire e alcune alchimie del pop internazionale, grazie alla capacità di combinare atmosfere diverse. Sezioni di ottoni e percussioni con i primi rudimentali dispositivi tecnologici e i neonati sintetizzatori moog. Il risultato è una miscela di suoni suggestivi e futuristi. Armonie ambient e lounge, una formidabile connessione alla ripetizione ostinata da parte dei fiati, della ritmica, nell’intermezzo breve.

UFO SHADO, stupendo prodromo sui crudeli alieni, si fa conoscere con le scintillanti operatrici dai capelli viola di Base Luna, tra cui il tenente Gay Ellis, Gabrielle Drake, sorella del grande Nick, con vertiginose minigonne spaziali (censurate in Italia in diversi frame). Una curiosità sull’effetto audio dell’Ufo rotante. Si pensava alla registrazione di uno scroscio d’acqua da un rubinetto, altre fonti  addirittura di un loop su un non meglio identificato brano dei Beatles mandato al contrario. In realtà Gray ha generato il rumore con un “Onde Martenot” (Ondes Martenot in francese), tastiera analogica monofonica inventata da Maurice Martenot; producendo quel tipico “shoooe-wheeeh”.

Rob Grainer, australiano, ottimo pianista. La sua carriera si svolge prevalentemente per la BBC con alcuni temi memorabili. I suoi masterpiece sono The Prisoner (Il Prigioniero) una trovata eccentrica, incisa magnificamente, senza alcuna pretesa di essere orecchiabile e la celeberrima Doctor Who. Un pezzo magistrale fatto di emozioni, paure, mistero. Insistente e indimenticabile, definito come “la melodia perfetta del tema”, una testimonianza dell’intuizione su ciò che sarebbe stato popolare tramite uno schema innovativo privo di ovvietà. La realizzazzione pratica avviene tramite una giovane donna, Delia Derbyshire, compositrice inglese vicina all’elettronica, che trasforma sinteticamente il pentagramma di Grainer.

John Barry, per lui risponde il motivo senza tempo di James Bond o We Have All The Time In The World o le note di film come Nata Libera, La Mia Africa, Balla Coi Lupi. Un vero gigante. Per il teleschermo il colpo di genio arriva con The Persuaders (Attenti A Quei Due), un pezzo visionario per progettazione. Una raggruppamento di clavicembalo elettrico, organo a canne, pianoforte, moog. Molte delle orchestrazioni di Barry si basavano sul raddoppio o sulla sovraincisione di parti con strumenti diversi. La linea melodica principale di Persuaders (RogerMooreeTonyCurtis) è suonata su cimbalom e kantele più l’ingresso di mandolino e mandola. La sessione ebbe luogo presso gli Air Studios di George Martin in Oxford Street nel luglio 1971, alla presenza dello stesso Martin che, secondo Barry, diede uno o due suggerimenti in termini di equilibrio.

Neal Hefti, trombettista jazz, ha tirato fuori, dopo lunghi mesi di lavoro, il gioiello Batman Theme. Aggressivo, ossessivo, ispirato al surf, sembra scritto apposta per uno scatenato inseguimento con la BatMobile. Una sola parola ripetuta nel testo in costante progressione. Due trombe, quattro tromboni, due tastiere, quattro chitarre, un basso, due batterie e naturalmente il coro di voci. Numerose versioni a cominciare dal ’66. The Markettes, The Who, Kinks, Jan and Dean, Link Wray, Dan & Dale, The Standells, REM, Guana Batz, Voivod, Iggy Pop, Prince, Flaming Lips e decine di altri artisti hanno coverizzato quest’inno sferragliante, incastonato tra “Pow!” e “Bam!”.

The Monkees, concepiti dalla mente di Don Kirshner a Los Angeles nel 1966, pronti a ripetere l’exploit della Beatlemania. Quattro ragazzi fotogenici e brillanti, refrain orecchiabili e vivaci alla Beatles, una trasmissione a puntate sulla falsariga dei film sui quattro di Liverpool. I teenager americani emularono velocemente lo spirito surreale di questa mistura. La trasmissione divenne subito famosa e i leitmotifs delle avventure Monkees suscitarono una valanga di simpatica goliardia.

Nella playlist campeggiano personaggi che hanno lasciato un graffio indelebile nella fiera dei serial. Come non ricordare gli sceneggiati Rai che tennero incollati alla tele milioni di italiani attraverso lo spaventoso Belfagor.

La bellissima Juliette Greco e l’inquietante pezzo strumentale di Antoine Duhamel spopolarono dopo aver seminato terrore puro per giovani e meno giovani. Altrettanto spaventevole Il Segno Del Comando il cui melodico 45 giri, Cento Campane, fu realizzato da Nico Tirone, del gruppo beat Nico e i Gabbiani, ed in seguito rilanciato con grande successo da Lando Fiorini nel 1973. Cambiando epoca diventa interessante citare la maestosa sinfonia Sci-Fi di Star Trek Voyager del ’95, dove Jerry Goldsmith sembra portare lo spazio profondo nel salotto di casa con la stessa classe del creatore della saga, Gene Roddenberry. Si distinguono, in tempi recenti, le algide geometrie di alcuni floridi talenti. Lorne Balfe proveniente da Inverness, Scozia, dimostra il suo amore per la scrittura musicale fin dalla tenera età. La casa d’infanzia aveva uno studio di registrazione residenziale dove artisti del calibro di Ozzy Osbourne e Inner Circle andavano volentieri. Noto per essere presente in pellicole di grande budget tipo Mission Impossible Fallout, Black Widow o in videogiochi come Assassin’s Creed e film d’animazione DreamWorks, spazia pure sullo screen HD e 4K.  The Wheel Of Time (La Ruota Del Tempo) alterna un crescendo di suoni aperti sul passato e su come ripercorrerlo in perfetta misura, tra caos e calma assoluta.

L’epica fisicamente vorticosa, condotta dall’insieme di vibrazioni evocative sfocia in Ramin Djawadi, nato in Germania da padre iraniano. Nello splendido Games Of Thrones offre una lettura oscura e lunare,  glorificando, nel contempo, la grande emotività visiva della mappa a orologeria meccanica. Molto bravo Joseph LoDuca che in Spartacus riesce a fondere la magniloquenza del cupo metal con sbalzi mediorientali. Viaggio nella  leggenda misteriosa e provocante, abilmente cesellata grazie all’amicizia e alle collaborazioni col regista Sam Raimi.

Che dire poi della sitcom Happy Days diffusa sull’onda del film di Lucas,  American Graffiti. Le prime due stagioni vedono Rock Around The Clock di Bill Haley & His Comets come classico d’apertura. Dalla terza edizione (settembre 1975), tra i miti dei fifties che sbucano nello svolgersi delle puntate, spunta la sigla, già usata nei titoli di coda in precedenza, realizzata da Norman Gimbel e Charles Fox. Un riflesso di spensieratezza e magia come una Sugar Baby Love in stato di grazia. Si gioca sulle parole “Monday,Tuesday happy days” costruendo una fortunatissima hit nella versione di Pratt & McClain.

Per finire i grandi classici dei pionieri americani. La ricca famiglia Cartwright è protagonista in Bonanza, termine usato nei paesi di lingua spagnola e negli Stati Uniti d’America per designare un prezioso giacimento di minerali metallici, tipo oro, argento, eccezionalmente ricco. Ranch, pistole, cowboy, potere.

Il sigillo Bonanza viene portato al successo dall’attore e cantante canadese Lorne Greene che interpreta Ben “Pa” Cartwright. Bellissima la versione rimodellata di Johnny Cash pubblicata come singolo nel 1962 o il dissacrante accenno di Frank Zappa nel 1991.

Rawhide è invece una sorta di avventura che prende il pretesto dal trasporto delle mandrie di animali nel Far West. Clint Eastwood è Rowdie Yates e la song che accompagna le peripezie di coloni e allevatori diventa gradualmente sempre più apprezzata. Frankie Laine la porta in classifica nel ’61, i Blues Brothers nel 1980 la rendono immortale nella fantastica scena cinematografica al Bob’s Country Bunker. Vale la pena ricordare quando la band comincia a suonare nel locale: dietro ad una rete da pollaio per  proteggersi da furibondi clienti. Arrivano bottiglie ovunque, il proprietario del bar esclama: “Questa non è una canzone di Hank Williams” e spegne le luci sul palco. Le riaccende appena Dan Aykroyd e John Belushi hanno l’idea giusta per attirare il pubblico. Dapprima umiliati per aver suonato rhythm and blues riprendono consensi con il country più classico, Rawhide! (e pure la pepita d’amore Stand By Your Man di Tammy Wynette). I Dead Kennedys affogano nel punk più profondo proprio Rawhide nel 1981 mentre la new wave italica vede i Litfiba riprendere il canto degli Uomini Della Prateria nel 1989.

Concludo affermando che sono tutti brani ed elaborazioni capaci di accompagnare la nostra Storia, di guidare il modo di pensare e di comprendere in tanti individui. Una forma comunicativa argomentata, tesa a conquistare consensi attraverso un’esposizione che enfatizzi la qualità dei valori di cui si è portatori, delle azioni che si sono compiute o si ha in programma di compiere. Un obiettivo da raggiungere con intrecci romanzati, feuilleton, spettacolo e tanta geniale fantasia. Come, ad esempio, pensare e far credere a moltissima gente che i cattivi fossero i Pellerossa.

“Move ‘em on (Head em’ up!) – Cut ‘em out (Ride ‘em in!)”

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