The Mute Gods – Atheists and Believers

(Andrea Romeo – 6 novembre 2019)

Chiunque abbia una certa età, diciamo “over cinquanta”, ed abbia un passato di adolescente dedito fra le altre cose, alla frequentazione di discoteche, passato di cui, certamente, vorrebbe fare ammenda ma che, sotto sotto, rammenta ancora volentieri, ricorderà sicuramente l’estate del 1983 quando, fra i vari brani che animavano le serate, uno in particolare colpì l’attenzione, ovvero Too shy, proposto da una band di strani personaggi dai capelli biondi, cotonati e ben dritti sulla testa, che di nome faceva Kajagoogoo.
Il più famoso dei componenti, Christopher Hamill, più conosciuto con lo pseudonimo di Limahl, otterrà buona parte della sua notorietà grazie alla hit internazionale The Nevereding Story, realizzata in collaborazione con Giorgio Moroder; fama mondiale, certo, ma decisamente effimera.

Ben altro percorso, invece, vedrà come protagonista un altro membro della band, il bassista e cantante Nick Beggs, il quale, affrancatosi da quel contesto, inizierà una notevole carriera come strumentista, dedicandosi non solo al basso ma anche al Chapman Stick, carriera che lo porterà ad ottenere, e mantenere, ruoli di rilievo come musicista, in situazioni di primissimo piano.
Negli anni ’90 collabora con personaggi del calibro di Gary Numan, Alphaville, Belinda Carlisle, Emma Bunton, John Paul Jones ed Howard Jones ma, la vera svolta artistica, avviene nel decennio successivo, grazie a due collaborazioni che si rivelano decisive.
Nel 2009 entra a far parte della band di Steve Hackett, dove conosce il tastierista Roger King, mentre nel 2011 inizia a collaborare, in studio e dal vivo, con la band di Steven Wilson, all’interno della quale incontra l’estroso batterista Marco Minneman.
Senza che i tre lo potessero sapere, il nucleo dei futuri The Mute Gods nasceva proprio in quegli anni, ed in quei contesti; trovarsi a fianco di due musicisti che hanno vissuto la musica progressive in anni, ed in situazioni, molto differenti, ha permesso a Beggs di ampliare a dismisura le proprie conoscenze, e di modificare in modo significativo l’approccio allo strumento, facendone un bassista eclettico e capace di affrontare, senza difficoltà, temi musicali assolutamente non facili, sia tecnicamente che dal punto di vista della resa strettamente musicale.

Atheists and Believers è il terzo album della band, e vede la collaborazione di Alex Lifeson (Rush), Craig Blundell (Steven Wilson), del polistrumentista Rob Townsend (Steve Hackett), e della figlia Lula Beggs in qualità di vocalist.

Rispetto ai due lavori precedenti ci troviamo di fronte ad una interessante evoluzione del prog inglese, “asciugato”, per così dire, da fronzoli e barocchismi ormai fuori dal tempo, ricco si, di musicalità, ma reso più sintetico, e quindi fruibile anche in ambito radiofonico, fattore non secondario in un’ottica di airplay più diffuso.
Lo si potrebbe tranquillamente definire prog-pop, se non altro perché la tecnica, peraltro notevolissima, dei musicisti, non viene indirizzata verso una musica in cui si privilegia la prestazione, in cui si cerca di stupire ma, al contrario, si focalizza sulla costruzione di brani strutturati, a tratti anche complessi, ma accessibili, ben articolati e semplici da ricordare, proprio perché privi di orpelli dispersivi.
Anche un brano strumentale come Sonic Boom, possiede una musicalità che cattura l’attenzione e rimane impressa.

Nessuna imitazione, dunque, nessun desiderio di riproporre stilemi già sentiti e quindi, dal punto di vista cronologico, superati: in Atheists and Believers, i The Mute Gods capitalizzano il superbo lavoro fatto con Hackett e Wilson, e cercano di trovare una propria strada che li conduca comunque altrove, soprattutto rispetto ai personali punti di partenza, attraverso un lavoro di ricerca e di consapevolezza che pare essere solo agli inizi.

(Insideout Music/Sony Music, 2019)

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