The Fireplaces: Holes in My Shoes

(Raffaella Mezzanzanica -18 giugno 2020)

In un periodo caratterizzato dall’inquietudine ma, soprattutto, da un silenzio surreale, è bello contare su alcune certezze, tra cui il ritorno di The Fireplaces, con un nuovo brano e, speriamo prestissimo, con un nuovo album.

The Fireplaces: gruppo musicale italiano, con un radicato, viscerale Amore (con la “A” maiuscola) per la musica d’oltreoceano. Così di definiscono nella loro biografia ufficiale. Si formano nel 2009, dall’incontro e dall’amicizia tra Andrea Scarso (a.k.a Caterino “Washboard” Riccardi) e Carlo Marchiori. I due scoprono di avere la stessa passione per la musica ma, soprattutto, di avere gli stessi riferimenti musicali: Bob Dylan, Neil Young, The Rolling Stones a cui si uniscono veri e propri “capisaldi” della roots music americana come Sister Rosetta Tharpe, Mavis Staples o Curtis Mayfield.

La band, sin dagli inizi, nasce con una missione: essere dei veri e propri “Joy Providers” e coinvolgere il pubblico nei loro show, qualora la location lo permetta.

Il 31 maggio 2013, durante il concerto di Bruce Springsteen allo Stadio Euganeo di Padova, Caterino ha avuto l’opportunità di esibirsi con il Boss in persona nel brano traditional  Pay Me My Money Down.

Caterino e i Fireplaces hanno ormai un’amicizia consolidata con Glen Hansard, premio Oscar 2008 per la canzone Falling Slowly. Infatti, proprio lo scorso anno, hanno aperto il suo concerto al Festival Tener-a-mente a Gardone Riviera. Così come, nel corso degli anni, hanno avuto il privilegio di aprire i concerti di importanti artisti internazionali, tra cui Willie Nile e Larry Campbell.

In questa intervista, Caterino “Washboard” Riccardi ci racconta il nuovo singolo, in aggiunta a un po’ di pensieri su come la band abbia vissuto il lockdown e a come si stia preparando per il futuro.

D.: Prima di tutto: come stai? E come stanno i Fireplaces?
C.W.R.: Sto abbastanza bene anche se ogni tanto mi sento un po’ depresso, perché la musica tanto ti dona e, al tempo stesso, tanto ti chiede. Dico questo perché ho sei attività lavorative e tutte hanno a che fare con la musica, quindi, al momento, sono tutte ferme.

Dover stare fermi, per uno come me, è stato un colpo durissimo. Mi sono sentito un animale in gabbia, quasi inutile. La sola piccola consolazione deriva dal fatto di vivere in una casa singola con giardino in un quartiere tranquillo. Sono sempre teso e sconsolato.

Mi ha aiutato tantissimo la mia forma mentis: in mezzo a tutto questo caos,  la positività e la razionalità mi hanno accompagnato in tutto questo percorso.

Ogni tanto, come ulteriore aiuto, ho pensato al fatto di essere stato ricoverato in ospedale a fine gennaio e, per fortuna, di essere stato dimesso prima della diffusione del Covid. Ogni tanto ripenso a me stesso forzatamente rinchiuso in reparto (senza poter uscire e camminare). Nella sfortuna ringrazio le “entità superiori” per avermi fatto uscire prima della pandemia. Anche i miei compagni di viaggio stanno bene. Loro hanno anche un lavoro “serio” per cui non sono stati presi dalla noia.

D.: In questi ultimi mesi, abbiamo tutti vissuto una situazione surreale causata dalla pandemia e questo ha avuto impatto sul mondo dell’arte e, in particolare, della musica. Come avete affrontato questo momento?
C.W.R.: A volte lo stress, le difficoltà e le delusioni sono il miglior stimolo per la creatività. Questo però non spiega del tutto quel grande mistero che è l’ispirazione. In ogni caso, ha funzionato e  ho composto canzoni per un nuovo album  di The Fireplaces. Inoltre, ho finito i brani che mancavano per il primo album dei John Beer (l’altra mia formazione elettro psichedelica).

Aspetto assolutamente da non trascurare è l’arrivo di Riccardo (Pinato n.d.r.) nella band. Lui conosce molto bene la musica e le tecniche di arrangiamento. E’ anche  polistrumentista e fonte inesauribile di idee. Il suo contributo all’arrangiamento delle canzoni è stato preziosissimo. A volte ci scontriamo perché i miei gusti musicali sono diversi dai suoi. Lui, però, è esuberante ma anche rispettoso. Ha ben chiara l’impronta sonora che voglio dare ai Fireplaces, per cui riesce, mordendosi il labbro, a fare un passo indietro.

D.: Come ho avuto modo di apprezzare, la voglia di fare e di creare musica non è mancata. Avete recentemente pubblicato un nuovo brano “Holes In My Shoes” che hai scritto durante il periodo di lockdown. Ci racconti di cosa parla e come è nato?
C.W.R.: Come scrivevo sopra, lo stress e la frustrazione sono stati degli ottimi combustibili per la creatività. E la creatività si è rivelata un treno inarrestabile. Sembrava quasi che, seppur bloccato in casa fisicamente, la creatività si fosse fatta carico della mia voglia di fuggire.

Va detto che, per questo tipo di processi ci vuole calma e la calma la trovi in casa o in campagna. Voglio dire che, se sei in fabbrica, non puoi assentarti  a tuo piacimento perché ti viene in mente un giro o una strofa.

La frustrazione, però, è malvagia perché si nutre del tuo “io”, non ti fa vedere altro e la tua vita diventa come una palude. A quel punto bisogna farsi violenza e cogliere gli aspetti positivi o eventualmente pensare a chi sta peggio.

Come ho detto, sono grato di vivere in una casa singola con giardino. Mi è capitato di pensare a chi fosse costretto a vivere in un appartamento piccolo, magari con bambini, a cui è difficile spiegare perché, all’improvviso, la vita sia cambiata.

Allargando gli orizzonti di questo pensiero, sono volato in Africa. Ho immaginato questo signore con scarpe bucate e una costola rotta che lascia tutto alla ricerca di un nuovo posto da poter chiamare casa.

Lo fa  trascinando nel deserto un baule pieno di storia e ricordi, perché non perdere la memoria è importante tanto quanto non perdere la vita…

Parallelamente ho pensato a tutte le persone su un letto di ospedale. Quello per loro è stato un viaggio doloroso e nelle parole è sottinteso l’augurio di finire quel duro viaggio nella maniera più positiva possibile.

D.: Chi sono i musicisti che hanno partecipato alla realizzazione di questo brano? Ci sono delle novità nella band?
Ci siamo io (Caterino Washboard), Carlo Marchiori, qui al mandolino insieme a Riccardo Pinato anche lui al mandolino, Oliviero Lucato, alla fisarmonica, Ludovica Signorelli (new entry) al contrabbasso e Andrea Steve Stivanello, talentuoso violinista che ogni tanto collabora con noi.

D.: Voi siete sempre stati una band fortemente “on the road”. Che idea ti sei fatto di come potrebbe essere il futuro della musica in Italia ma, soprattutto, dei live?
C.W.R.: C’è una  linea di demarcazione che divide chi ha una agenzia da chi non ce l’ha. Chi ha un supporto, anche solo come Ufficio Stampa, avrà un fardello sicuramente più leggero rispetto alle band “homemade” come la nostra. Noi, però, non molliamo. Continueremo a lavorare come “Joy Providers”, perché i sorrisi della gente soddisfatta sono la più grande soddisfazione possibile. E anche un incredibile investimento per il futuro.

In attesa di poterli nuovamente vedere e apprezzare dal vivo, ringraziamo Caterino e i Fireplaces per la loro missione, per aver condiviso sensazioni e pensieri con Musicalmind e, soprattutto, per questo nuovo singolo, pieno di speranza.

 “Long is the road ahead/ and I don’t know where I’m going/ I’m seeking for a place/ I hope can call it  home. My Journey has come to an end/ Now I’m kissing the sand of this beach /My suitcase got lost in the sea/ But I still have songs to sing.”

The FireplacesHoles In My Shoes.

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