Television – Marquee Moon

(Andrea Romeo)

Marquee Moon è, senza ombra di dubbio, uno dei documenti musicali più rilevanti di quella scena che ha gravitato intorno all’ormai chiuso CBGB di New York, luogo che viene considerato la vera e propria culla del post punk e della new wave, sia per quanto riguarda gli States che l’Europa stessa.

Per capire di quale tipo di ambiente si trattasse, non certo paragonabile ai luoghi, “finto-vissuti”, che vengono proposti oggi, è sufficiente leggere quanto scritto dal regista Alan Parker sul booklet di una raccolta dei Ramones: “Per quelli che non hanno visitato il posto, pensate al bagno di casa vostra, ma solo un po’ più grande, coperto di graffiti e con puzza di piscio di cane praticamente ovunque, per il fatto che il proprietario, Hilly Cristal, lasciava i suoi cani liberi di scorrazzare nel locale, una cosa che il compianto Joey Ramone trovava spassosa.

La New York degli anni ’70 era, dunque, un enorme laboratorio artistico, musicale e visuale, un luogo in cui sperimentare, creare ed innovare non erano affatto termini riferibili ad hipster ante litteram, ma veri e propri inneschi per esplosioni di suoni, colori e forme.

Per quanto riguarda poi, l’ambito musicale, le contaminazioni che determinarono questo moto creativo furono tante e molto profonde: si rivisitò la psichedelia post Summer of Love nel mentre si gettavano i semi del nascente punk, in un calderone sonoro dall’interno del quale fuoriuscirono Velvet Underground, Suicide, Patti Smith, Ramones, Stillettos, Debora Harry alias Blondie, Dead Boys, Mink DeVille, Talking Heads, The Fleshtones, ovvero il meglio dell’alternative rock statunitense.

Ovviamente i Television fanno parte, integrante e fondamentale, di questo fenomeno collettivo: partiti da lontano, nel 1971, come Neon Boys, proponendo un grezzo proto-punk e poi ripartiti, con il nuovo e definitivo nome, nel 1974, Tom Verlaine, chitarra solista, tastiere e voce, Richard Lloyd, chitarra ritmica, Richard Hell, basso, sostituito da Fred Smith nel 1975 e Billy Ficca, batteria, sono tra gli ultimi ad esordire discograficamente, ma lo fanno, letteralmente, con un botto memorabile.

Anticipato dal singolo autoprodotto Little Johnny Jewel, ben accolto nell’ambiente, dalla critica, ma anche dalle major, nel 1977 venne pubblicato, su etichetta Elektra, l’album di debutto del quartetto, che divenne subito una pietra miliare: Marquee Moon è un viaggio, dolente ed ispirato dalla poesia decadente, all’interno della desolazione metropolitana, luogo, ma forse oggi si direbbe “non luogo”, di abbandono, solitudine ed angoscia esistenziale.

La chitarra di Verlaine, di cui Patti Smith ebbe a dire: “Il suono della chitarra di Tom Verlaine fa pensare all’urlo di mille uccelli.”, è acida, per certi versi stridente, e segue passo passo la voce, gutturale ed allucinata, del cantante e chitarrista: su una base vagamente blues, l’artista nato a Morristown innesta una serie di riff iconici, per costruire i quali fa uso, alternativamente, di arpeggi delicati, Venus, feedback, tremoli e glissati; i suoi assoli richiamano echi di jazz, suggestioni orientali, See No Evil ma, soprattutto, rimettono in primo piano la chitarra, come strumento solista, laddove il proto-punk ed il punk l’avevano marginalizzata a favore di quella puramente ritmica.

Contrariamente a molti gruppi coevi i Television curano, in modo attento, anche l’aspetto musicale dei brani, gli arrangiamenti e gli equilibri sonori al loro interno, tant’è che Friction, in questo senso, risulta un vero gioiello di proporzione: batteria lievemente uptempo, basso che si muove in pieno stile walkin’ bass e due chitarre che intersecano accordi pieni, arpeggi, brevi break ed assoli, parti glissate, insomma un campionario, anche tecnico, che va ben oltre quanto espresso dagli altri gruppi nello stesso periodo.

La sublimazione di questo approccio risulta proprio la titletrack, quella Marquee Moon che, oltre ad assurgere a brano iconico di un’epoca, di un luogo e di una generazione, diviene il vero e proprio trademark della band, un pezzo che, in una sorta di totale “trip” psichedelico, scorre in modo ipnotico laddove la chitarra, inquietante e tormentosa, sfida l’ascoltatore a seguirlo nel suo essere, alla fine, ossessiva e quasi snervante.

Nel secondo “lato” dell’album trovano posto ballad elettriche, delicate e disperate, quali Elevation oppure Guiding Light, un brano che si potrebbe definire “in stile” Velvet Underground ma più melodico, e meno affannato, un pezzo come Prove It, che sfiora, anche se ad una certa distanza, il pop, e la conclusiva Torn Curtain, una jam, basata su un blues minore, acida e desolata che conclude, come una sorta di velo, questo viaggio metropolitano.

Il paradosso di questo lavoro è il fatto che, mentre in patria non ottenne particolari plausi, tant’è che John Rockwell di Rolling Stone, giunse ad affermare che: “I Television erano troppo stridenti e anacronistici (quasi dei Byrds a nervi scoperti) per avere successo”, in Inghilterra contribuì significativamente ad influenzare quella che, di lì a pochissimo tempo, diverrà la scena new wave di Joy Division, Cure, Siouxsie and The Banshees, Echo & The Bunnymen, e degli stessi Smiths.

Verlaine è stato definito come una sorta di artista barocco/decadente prestato al punk e, con buona probabilità, questa descrizione coglie in pieno le due caratteristiche essenziali dell’approccio, e del suono, dei Television: da una parte, la raffinatezza dell’elaborazione musicale, dall’altra l’asprezza espressiva.

Da notare che, senza alcun tipo di collegamento, ma con una casualità temporale certamente curiosa e singolare, dall’altro lato dell’oceano i Pink Floyd pubblicavano, nello stesso periodo, Animals, il loro album più dolente e “periferico”.

Marquee Moon rappresenta, dunque, uno dei vertici espressivi dell’intera new wave tant’è che, qualche critico, ha accostato, per definirlo, i termini punk e progressive: soltanto un provocatorio ossimoro, oppure un’analisi assai realistica?

(Elektra, 1977)

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