Supertramp – Live in Paris ’79

Come accadde che nacquero i Supertramp è fra le storie sicuramente più curiose da poter raccontare: correva l’anno 1969 quando, il miliardario olandese Stanley August Miesegaes, cessò di finanziare una band, invero di scarso successo, chiamata The Joint; nonostante ciò, a causa dell’ammirazione provata verso il cantante e tastierista Rick Davies, nativo di Swindon, decise di offrirgli la possibilità di mettere insieme un nuovo gruppo, possibilmente con esiti migliori.

Il primo ad aggiungersi al nascente gruppo fu il cantante, pianista e chitarrista Roger Hodgson, proveniente da Portsmouth e reduce da un singolo, Mr. Boyd, realizzato con il giovane, ed ancora sconosciuto, Elton John cui seguirono, poco dopo, il chitarrista Richard Palmer James (futuro paroliere dei King Crimson) ed il batterista Keith Baker, il tutto grazie al “canonico” annuncio sul Melody Maker.

La band, così formata, decise di chiamarsi Daddy; Baker venne quasi subito sostituito da Robert Millar e, per evitare problemi di omonimia con un altro gruppo, il nome venne sostituito da quello definitivo, Supertramp, prendendo spunto dal libro di W. H. Davies, Autobiography of a Supertramp, del 1910; a quel punto iniziarono otto anni, assolutamente decisivi, ed artisticamente in continua ascesa.

I primi due album, Supertramp, 1970 ed Indelibly Stamped, 1971, di impostazione progressive e realizzati con altri musicisti coinvolti via via nel progetto, attirarono soprattutto l’interesse della critica, ma lasciarono invece più freddo il pubblico, ed indussero nel contempo Miesegaes a smettere di finanziare la band; le cose cambiarono però, e parecchio, di lì a pochissimo tempo.

Con una nuova sezione ritmica, formata dal bassista scozzese Dougie Thomson e dal batterista statunitense Bob Siebenberg, e grazie soprattutto all’innesto del sassofonista John Anthony Helliwell, la band assunse la sua veste definitiva, ed il livello degli album crebbe esponenzialmente: Crime of the Century, 1974, Crisis? What Crisis?, 1975, Even in the Quietest Moments…, 1977, prepararono il terreno all’album che segnò, definitivamente, la loro storia, quel Breakfast in America che, trainato dai singoli The Logical Song, Goodbye Stranger, la titletrack Breakfast in America e Take the Long Way Home, li catapultò ai vertici della charts di mezzo mondo, grazie a venti milioni di copie vendute e due Grammy Awards: l’album, infatti, rimase in classifica per quasi un anno e la band entrò dunque di diritto, e dalla porta principale, nella storia della pop music.

Il passo successivo, del tutto logico, fu quello di fissare quel periodo, che andava dal 1974 al 1978, nei solchi di un album dal vivo, un album che raccontasse quale fosse la dimensione live della band: la location fu individuata nel Pavillon de Paris, in Francia, e la data prescelta fu quella del 29 novembre 1979.

Sedici i brani scelti, in una sorta di greatest hits che parte dalle tracce di Crime of the Century ed arriva sino ai singoli, già citati, estratti dall’ultimo lavoro: una produzione firmata, interamente in coppia, dal duo Rick Davies-Roger Hodgson; definirli amici/nemici è, probabilmente, una terminologia limitativa, e questo perché i due, sin dagli inizi della loro collaborazione, mostrarono quanto, la definizione di “opposti che si attraggono”, potesse avere un senso preciso: più vicino al blues, tranquillo e realistico, il primo, prossimo al progressive, intenso e quasi ascetico, il secondo, ma non solo, perché anche le voci dei due apparivano decisamente differenti: baritonale e molto calda quella del primo, acuta, ed ai confini del falsetto naturale, quella del secondo.

Eppure quella chimica, così complessa e per certi versi eterogenea, sia nella fase compositiva che in quella esecutiva, funzionò, e molto bene, per lo meno fino al 1982, anno in cui Hodgson decise di abbandonare definitivamente la band anche, pare, per divergenze in termini di management, con Davies

Sul palco però, sia nel tour immortalato da Supertramp – Live in Paris ’79, sia in quello successivo, che fece seguito all’album …Famous Last Words…, le due personalità non mostrarono affatto questa dualità, ma si impegnarono al meglio nel proporre la musica del gruppo: fu Helliwell, uomo a suo modo eccentrico e soprattutto dallo spiccato senso dell’umorismo, ad occuparsi di intrattenere il pubblico, e di presentare i pezzi, riservandosi quasi senza volerlo il ruolo di vero e proprio front-man.

Il vertice, creativo ed artistico della band inglese si concentrò proprio in questo periodo, e questo doppio album live fu, indubbiamente, l’ultimo guizzo di un percorso che, da lì in poi, imboccò una lunga e lenta parabola discendente senza che mai, i due protagonisti di questa storia, abbiano manifestato davvero il desiderio di riunire, anche solo occasionalmente, le forze, preferendo carriere separate, a cavallo tra nuove produzioni, peraltro di basso profilo, e qualche momento di revival, che andava a recuperare frammenti, sparsi, della gloria passata.

La ristampa dell’album, datata 2011, che presenta anche, per la prima volta, il dvd del concerto, include anche le serate del 30 novembre, e dell’1 e 2 dicembre, 1979, sempre al Pavillion de Paris, aggiungendo, alle sedici tracce originarie, diversi brani rimasti esclusi tra cui Goodbye Stranger, Child of Vision, Downstream e Give a Little Bit, e portando dunque a ventidue i pezzi presenti in scaletta, offrendo finalmente lo show nella sua interezza.

La storia dei Supertramp, e della loro celebrità, transita attraverso questo lavoro che resta, nel tempo, un documento essenziale per comprenderne il valore, e le qualità, raggiunte quando la band si trovava all’apice del successo.

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