Steven Wilson, The Future Bites: il nuovo album è una “macchina del tempo sonora”

Photo: Lasse Hoile

(Raffaella Mezzanzanica)

La legge fisica della meccanica classica, nota anche come “legge di conservazione della massa”, prende origine dal “postulato fondamentale di Lavoisier”: “Nulla si crea, nulla si distrugge. Tutto si trasforma”.

Questo postulato può essere applicato alla musica? Assolutamente sì. Anche perché, pensandoci attentamente, la propagazione delle onde sonore avviene proprio in base ad un principio della fisica.

Steven Wilson è la rappresentazione artistica del “postulato di Lavoisier”.

Da sempre, infatti, Steven Wilson ha abituato il pubblico a trasformazioni sonore fuori dagli schemi, a contaminazioni musicali senza precedenti. Pensiamo, ad esempio, alla sua esperienza come frontman dei Porcupine Tree. In più di vent’anni di carriera con la band (1987-2010) e dieci album di studio, è riuscito a ripensare e a trasformare una band originariamente di impostazione “psichedelica” in una band più “metal” e “hard rock”. L’album “In Absentia” è l’emblema di quel cambiamento. Non per nulla, la rivista Prog Magazine, a luglio 2020, pubblicando un’intervista a Steven Wilson, intitolava l’articolo: “How ‘In Absentia’ became modern prog’s most influential album”).

Nei suoi lavori da solista, Steven Wilson ha deliziato i fan con album fortemente apprezzati per la ricerca dei suoni, per i testi, per i video di accompagnamento ai brani e per l’eccellente produzione.

In aggiunta a tutto questo, è stato artefice dei remix di album di band che hanno segnato la storia della musica progressive, almeno nel senso più classico di questa definizione: Jethro Tull, Yes, Emerson, Lake & Palmer e King Crimson. Anzi, nel box set recentemente pubblicato dai King Crimson, “The Complete 1969 Recordings”, è incluso anche un suo nuovo Dolby Atmos mix. Certo, perché “remixare” non si significa “stravolgere” o “cambiare” ma “riarrangiare”, mantenendo inalterata l’essenza di un brano o, addirittura, di un intero album. E anche questo a Steven Wilson riesce benissimo.

Oggi Steven Wilson è l’artista che rappresenta non solo la musica prog, di cui è il principale e più contemporaneo esponente, ma la musica in generale. Le sue creazioni si fondano su una profonda conoscenza della storia della musica, degli stili e dei generi. E lui ha fatto tutto questo da autodidatta, imparando non solo a suonare vari strumenti musicali, tra cui la chitarra, ma anche le tecniche di produzione. Così, dopo album acclamati dalla critica come Hand Cannot Erase (2015) e To the Bone (2017), a quattro anni proprio da quest’ultimo, lo scorso 29 gennaio ha pubblicato The Future Bites.

The Future Bites  è una “macchina del tempo sonora”. Dopo avere sperimentato con i generi musicali più diversi, con questo album Steven Wilson ci trasporta negli anni ’80. Parlare di The Future Bites limitandosi a dire che sia ispirato ai suoni di quel decennio sarebbe riduttivo e non renderebbe giustizia ad un artista che ha preso quei suoni, quei generi e quegli stili e li ha proiettati ai giorni nostri, andando anche oltre.

Il risultato è un album contemporaneo e futuristico nei suoni ma anche nei contenuti, nei testi e nella produzione, sapientemente gestita dallo stesso Wilson e da David Kosten, definito uno dei più “avventurosi” produttori musicali britannici.

The Future Bites  è un concept album che diventa rappresentazione sonora delle fobie, manie e dipendenze di tutti noi. Personal Shopper, ad esempio, si fonda sul tema del consumismo estremo, esasperato. Viviamo in una società manipolatrice, in cui siamo portati a desiderare cose totalmente inutili e questo, in alcuni casi, porta anche alla dipendenza, alla malattia, alla tragedia. Non per niente questi atteggiamenti esasperati sono oggetto di studi clinici e, per definirli, è stato creato un termine “CBD – Compulsive Buying Disorder”. Personal Shopper è un brano geniale, che unisce ad un’impostazione musicale dance/elettronica, un video dark, diretto da Lucrecia Taormina (“I wanted to create a fictional world in which people buy goods and the transaction would not only be money but also a part of their body, alluding to the concept of the more you look for answers outside, the more you disappear on the inside.” – cit. Lucrecia Taormina – Fonte: Steven Wilson official website). Il tutto è reso ancora più incredibile dalla partecipazione vocale di Sir Elton John. Vogliamo tanto, vogliamo tutto e più cose abbiamo, più siamo insoddisfatti. E più desideriamo cose materiali, meno ci rendiamo conto che quello che conta davvero, non si può acquistare: l’amore per se stessi, l’autocontrollo, l’autostima. I beni materiali ci danno una sensazione di appagamento temporanea, ma subito dopo, ritorniamo ad essere insicuri, anche più di prima.

Follower, parla di come la realtà sia totalmente distorta dalla presenza dei Social Media. La realtà non è reale per definizione. Siamo dipendenti dai Social Media e cerchiamo apprezzamento all’interno di questi “contenitori virtuali”. Le persone non sono valutate in quanto tali, ma in base al numero di “followers” o di “amici” sui propri account. Steven Wilson aveva già mostrato la propria insofferenza per i Social Media nel testo di un altro suo brano, Pariah, terza traccia dell’album To the Bone (“I’m tired of Facebook, tired of my failing health/I’m tired of everyone/ and that includes myself”).

Self è un brano che tratta delle nuove forme di narcisismo ed egocentrismo che si sono sviluppate con l’utilizzo dei cellulari e della tecnologia in generale. (“SELF is about our new age of narcissism and self-obsession, one in which a human race that used to look out with curiosity at the world and the stars now spends much of its time gazing at a little screen to see themselves reflected back in the mirror of social media – cit. Steven Wilson). Nel video, il regista Miles Skarin utilizza la tecnica del deepfake e trasforma Steven Wilson in vari personaggi tra cui Donald Trump, Scarlett Johansson, Harrison Ford, David Bowie.

The Future Bites  è un album maturo, consapevole, contemporaneo, solare nei suoni e a tratti dark nei contenuti.

E’, ad oggi, la massima rappresentazione della ricerca di un artista che non crede che la musica sia qualcosa di statico, ma che, al contrario, possa essere manipolata, stravolta e sconvolta. Steven Wilson ha da sempre una sua chiara visione della musica. Già circa vent’anni fa, con i Porcupine Tree, pubblicava “The Sound of Muzak”, tra i brani più rappresentativi della band ed espressione della sua idea di musica allora e per il futuro (“The music of the future/Will not entertain/It’s only meant to repress/and neutralize your brain”…”Now the sound of music/Comes in silver pills/Engineered to suit you/Building cheaper thrills”…”One of the wonders of the world is going down/It’s going down I know/It’s one of the blunders of the world that no-one cares/No-one cares enough”).

E, proprio parlando di rime, quelle nei testi dei suoi brani non sono mai scontate o banali. Si pensi a Song of Unborn, brano con cui si chiude l’album “To the Bone” (“It’s not what you’ll possess/It’s how you will express/The essence of you” …”Don’t be afraid to die/Don’t be afraid to be alive”), arrivando fino a The Future Bites con 12 Things I Forgot (“There was a time when I had some ambition/Now I just seem to have inhibitions”).

Oggi Steven Wilson si sta spingendo ancora oltre e, infatti, sta terminando di scrivere un libro iniziato durante il periodo di lockdown, un vero e proprio “big project”, così come lui stesso lo ha definito in un’intervista a “Under the Radar”. E’ un libro che tratterà della sua visione della musica, in cui saranno presenti un capitolo sulla sua relazione con i fan e con i Social Media, un capitolo sulla sua idea di come si debba ascoltare la musica (“do away with this notion of genre for a start”) e parlerà anche della sua filosofia sul modo di fare musica.

Insomma, un libro che per gli appassionati potrebbe essere la risposta più contemporanea a “How the Music Works”, pubblicato nel 2012 da David Byrne.

Steven Wilson ha anche dimostrato di essere un artista molto generoso: con un post sui Social Media a poche ore dall’uscita di The Future BItes, ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione dell’album. La grandezza di un artista si vede anche da questo.

Per le immagini: Steven Wilson Press Kit. Promo portrait: Lasse Hoile

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