Steven Wilson – Home Invasion/In Concert at Royal Albert Hall

(Andrea Romeo – 9 gennaio 2020)

Steven Wilson, cantante, polistrumentista, autore, compositore e produttore nato ad Hemel Hempstead, Hertfordshire, è un personaggio, anzi… non è affatto un personaggio, e questo perché uomo schivo, riservato, alieno da qualsiasi commistione con gli aspetti più esteriori dello show-business, e men che meno con gossip e dintorni, tant’è che il suo aspetto, quasi da giovane docente universitario, non fa che confermare questa ritrosia nei confronti dell’apparire.
Un artista, dunque, che si mostra poco ma che, ogniqualvolta decide di uscire con un progetto, lo fa in modo deflagrante, lasciando il segno ed alimentando una letteratura, ancorchè involontaria, che lo pone suo malgrado al centro dell’attenzione.
Una carriera solista iniziata in sordina, probabilmente troppo sperimentale (o forse, direbbe qualcuno, di nicchia) per poter avere un immediato riscontro ma, da subito, un interesse fortissimo per psichedelia, sperimentazione e musica progressive, e quasi subito tre band, che già fecero parlare di sé: Altamont, Karma e Pride of Passion.

La prima esperienza di un certo rilievo furono i No-Man, concepiti insieme al cantante Tim Bowness anche se, quasi contemporaneamente, prese forma il primo vero e proprio “botto” musicale di Wilson, ovvero quei Porcupine Tree, assemblati insieme a Richard Barbieri, Colin Edwin e Chris Maitland, poi sostituito da Gavin Harrison, che misero sottosopra non solo l’intero mondo prog, ma l’ambiente musicale in senso più ampio.
E non era finita lì, perché a stretto giro fiorirono i progetti I.E.M., Bass Communion, Blackfield, ideato insieme ad Aviv Geffen, e Storm Corrosion, in partnership con il leader degli Opeth Mikael Åkerfeldt.
Il tutto, con una carriera solista che, a partire da Insurgentes, datato 2008, è decollata in modo vertiginoso e prosegue a livelli di eccellenza.

Musicista, si è detto, ma anche produttore, ed è anche grazie a questa attitudine che Wilson ha ulteriormente ampliato la sua già nutrita schiera di ammiratori (qualche detrattore, in realtà, esiste, ma è chiaro che, quando sei “troppo”, ed in troppe situazioni, qualcuno se possa avere a male…); basta ascoltare i suoi primi lavori, ma soprattutto quelli con i Porcupine Tree (Coma Divine è un live, registrato a Roma, al Club Frontiera che, a livello di acustica, non è certo la Royal Albert Hall…), per capire di quanto, come produttore, abbia alzato qualitativamente l’asticella del trattamento dei suoni, e non l’abbia più abbassata negli anni a venire.

Del resto, il fatto che, band come Yes, Gentle Giant, Caravan, XTC, Marillion, ma soprattutto King Crimson e Jethro Tull (ed è cosa nota che, né FrippAnderson, siano personcine inclini a lasciare le proprie creature in mani altrui…), gli abbiano chiesto di remixare alcuni loro album, o addirittura parti della propria discografia, è la prova evidente del fatto che, quando Wilson mette mano ad un progetto, difficilmente manca il bersaglio.

Nell’ultimo album in studio, To the Bone, che suona ovviamente differente dai precedenti, già a loro volta altrettanto diversi tra di loro, si è anche inventato una sorta di sfida personale, ovvero quella di scrivere un pezzo pop, anzi diciamo dance, Permanating, e dimostrando che, anche in un ambito considerato “leggero”, si può realizzare qualcosa di importante.

Home Invasion/In Concert at Royal Albert Hall rappresenta la summa del tour durante il quale Steven Wilson ha proposto brani dell’ultimo lavoro, brani degli album precedenti, e recuperato pezzi dei Porcupine Tree, offrendo un ampio spaccato di ciò che, come artista, ha realizzato dai primi anni ’90 ad oggi.

Al suo fianco, due pilastri come Nick Beggs, basso, stick e cori, ed Adam Holzman, keyboards, mentre Alex Hutchings, guitars, backing vocals e Craig Blundell, drums, hanno sostituito i protagonisti dei tour precedenti, quelli di The Raven That Refused to Sing (And Other Stories) ed Hand. Cannot. Erase., e cioè Guthrie Govan e Marco Minnemann i quali, probabilmente, oltre alla solidità, offrivano un tasso di creatività, estro e fantasia esecutiva superiore. Ospite, in alcune date di persona sul palco, altre volte in video, sincronizzato con la band, la meravigliosa e commovente voce di Ninet Tayeb.

Nel dvd, che contiene l’intero show, è possibile apprezzare anche l’impianto scenico inclusi i video che, da sempre, accompagnano dal vivo i brani e che forse, qualche “vecchio” appassionato, potrà interpretare come la moderna trasposizione delle famose diapositive che fecero da sfondo, più di quarant’anni fa, alla rappresentazione che fecero i Genesis, di The Lamb Lies Down On Broadway.
Nell’ambito del prog, ambiente di impenitenti sognatori, voli pindarici di questo tipo sono tutt’altro che infrequenti…

(Eagle Rock Entertainment/Universal, 2018)

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