Steve Hillage – Fish Rising

(Andrea Romeo – 22 giugno 2020)

Uriel, Egg, Arzachel, occasionalmente Caravan e Spirogyra, poi ancora Khan, Gong… questo un elenco sommario di band, della scena di Canterbury che hanno visto, più o meno coinvolto, un chitarrista, cantante, compositore, produttore discografico ed editore musicale che risponde al nome di Steve Hillage.
Hillage può, a buon diritto, essere considerato uno dei musicisti che, quel sound e quello stile musicale, hanno contribuito a crearlo, perché la sua chitarra è stata protagonista, in tutte quelle band, di performances importanti. Parallelamente a questa attività indefessa, tra una band che si formava, una che scompariva ed un’altra da cui entrare ed uscire ha preso avvio, esattamente durante quel periodo, la sua carriera solista, e l’inizio è stato davvero brillante.

Fish Rising, registrato tra il 1974 e gli inizi del 1975, ed uscito di lì a poco, è un album molto interessante perché si allontana, in buona parte, dalle “follie” dadaiste dei Gong, e del loro universo parallelo, mostrando invece un lato psichedelico che si avvicina maggiormente ad atmosfere bucoliche, folk, hippie, trasognate e, questo si, non distanti da un certo ambito space-rock.

Ad accompagnarlo in questo debutto, un gruppo di musicisti, ed amici con i quali aveva già contatti frequenti nelle situazioni musicali sopra elencate, ovvero la tastierista Miquette Giraudy (conosciuta nei Gong, sua compagna anche nella vita e sua partner nei futuri System 7), il bassista Mike Howlett (Gong), il batterista Pierre Moerlen (Gong, Mike Oldfield), Tim Blake (Gong, Hawkwind) ai sintetizzatori ed il sassofonista Didier Malherbe (Gong, Bloom, Hadouk), a cui si aggiunsero al fagotto ed all’oboe, Lindsay Cooper, (Henry Cow) ed il tastierista Dave Stewart, (Hatfield and the North, National Health).

Difficile sbagliare, con il supporto di un team di questo livello, e con i cui componenti tra l’altro, Hillage aveva ottimi rapporti già da diversi anni: capirsi musicalmente, e capire in quale direzione il chitarrista dell’Essex voleva andare a parare, erano gli elementi chiave per evitare di andare a ricalcare orme sulle quali si era già transitati in precedenza.

Solar Musick Suite, il brano che apre l’album, con i suoi diciassette minuti, mette chiaramente tutte le carte in tavola: la chitarra di Hillage è presente, ma non è mai predominante e questo perché, gli arrangiamenti dei brani, richiedono l’intervento costante di un ensemble coeso ed “orchestrale”.

A conferma di ciò, la straniante e melodiosa The Salmon Song, cui fa seguito un’altra suite, Aftaglid, nella quale compaiono anche alcuni velati accenni funk, probabilmente il brano più schizofrenico di tutto l’album, non lontano in certi passaggi dagli Hawkwind immortalati nel doppio live Space Ritual, i due brani che compongono, di fatto, l’intero “secondo lato” del vinile originale.

Una partenza davvero promettente, che permise infatti ad Hillage di crearsi uno spazio proprio che andava anche al di là della cena dalla quale proveniva e che lo vedeva, contemporaneamente protagonista; la sua ricerca musicale, proseguita nei decenni e con alterne vicende, non casualmente lo ha condotto, nei primi anni ’90, a concepire il progetto System 7, latore di una trance-dance ambientale, incentrata sui suoni della sua chitarra elettrica e debitrice, a detta dello stesso autore, nei confronti dell’ acid house della musica dei rave party, del funk e della Kosmische Musik alla quale, già vent’anni prima, si era parecchio interessato.

Più che un semplice titolo, Fish Rising è stato quasi una profezia, che ha descritto sin dall’inizio la lunga e non facile risalita musicale di un artista che, esattamente come i salmoni, è ritornato lentamente ma con costanza verso le proprie origini artistiche, e questo per dare vita ad una proposta musicale innovativa, sia nei suoni che nello stile, ma intimamente e profondamente legata a quella delle sue origini.

(Virgin Records, 1975)

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