Canterbury, Dicembre 1969… Martin Cockerham, era da poco arrivato in città per frequentare la University of Kent, reduce da una breve esperienza musicale a Bolton, con l’amico Mark Francis, che in un paio d’anni non aveva prodotto nulla di rilevante: il cantante e chitarrista nato ad Otley nel 1950 non si perse d’animo ed essendo giunto nel posto giusto, al momento giusto, non impiegò molto a trovare musicisti con cui collaborare, addirittura troppi, al punto da creare un ensemble di oltre dieci elementi, tra cui individuò quelli che gli permisero di dare forma alla creatura musicale che sarebbe passata alla storia del folk-rock britannico con il nome di Spirogyra.
Barbara Gaskin, cantante nata ad Hatfield, studentessa di filosofia e letteratura, Steve Borrill, bassista e Julian Cusack, violinista e tastierista furono i membri della prima formazione della band, che realizzò nel 1971 lo storico album di debutto, intitolato St. Radigunds, nome della via vicina alla cattedrale di Canterbury in cui condividevano l’abitazione, registrato ai Sound Techniques Recording Studios di Chelsea e che venne successivamente suonato dal vivo durante un tour di 24 date.
Che i ragazzi avessero già un certo credito presso gli addetti ai lavori lo dimostra il fatto che fu Dave Mattacks, batterista dei Fairport Convention, ad apparire come ospite, insieme a Tony Cox, già all’epoca noto produttore arrangiatore e compositore, al sintetizzatore VCS3, per una band agli esordi; l’album che li pose subito tra i protagonisti del folk-rock britannico iniziava però con un brano, a posteriori, quasi profetico: The Future Won’t Be Long, ed il loro percorso artistico fu davvero brevissimo, lo spazio di tre album (ai quali occorre aggiungerne un quarto, Burn The Bridges:The Demo Tapes 1970-1971, pubblicato nel 2000, che raccoglie demo di eccellente qualità registrati nella music room del Keynes College, antecedenti al lavoro d’esordio) e si concluse con un tour d’addio nel 1974, con una lineup (Gaskin, Cockeram, Rick Biddulph, basso e chitarre e Jon Gifford fiati) di cui non esistono registrazioni in studio, ma solo alcune testimonianze, non ufficiali, dal vivo.
St. Radigunds inizia con il brano che dà il titolo anche al box ed il quartetto mette subito in chiaro l’approccio musicale: liriche anti-capitalistiche ed anti-materialistiche inserite in un ambito folk, narrazioni favolistiche, bucoliche, naturalistiche tipiche di questo genere messe da parte a favore di un impegno sociale e politico con pochi riscontri simili in un contesto molto più concentrato sullo stile musicale.
Le voci della Gaskin e di Cockeram sono del tutto antitetiche e giocano su questa difformità: Island, Magical Mary, Captain’s Log sono limpidi esempi di folk acustico, aggressivo e vivace, in cui la cantante si contrappone al collega dal punto di vista tonale mentre Borrill e Cusack fanno un lavoro armonico e melodico enorme, ed anche i brani successivi sono anarchici rispetto al folk tradizionale: At Home in the World, ballad acustica, quasi pop, Cogwheels, Crutches and Cyanide, dura denuncia sociale e Time Will Tell, introdotta da Cusack guidata da Borrill e chiusa da un piano honky-tonk, tre esempi di folk fuori dagli schemi, assolutamente originale; We Were a Happy Crewè una sorta di saluto finale, Love Is a Funny Thing l’unico brano bucolico dell’album mentre The Duke of Beaufoot suona come una sintesi musicale conclusiva.
La magia degli Spirogyra, complici un cambiamento di stile e gli avvicendamenti nella lineup, inizia a scemare: in Old Boot Wine Cusack è più defilato, rientra Francis alle chitarre, voce e tastiere, Alan Laing è al violoncello e Biddulph al mandolino, ma la band non è più la stessa, osano meno, rientrano in un ambito più canonico e certamente meno avventuroso e lo si percepisce dalle prime note di Dangerous Dave, cui seguono Van Allen’s Belt, Runaway e Grandad, folk-rock più classico per suoni e struttura rispetto al debutto; l’album scorre in modo piacevole ma i guizzi degli esordi sono lontani: Wings of Thunder, Don’t Let it Get You o Disraeli’s Problem, pregevoli ed arrangiate con gusto, sono distanti dalle istanze sociali di un anno prima.
Mattacks ha uno spazio maggiore, Borrill trova ancora guizzi interessanti ma l’impressione è che il manierismo inizi ad affiorare anche nel cantato della Gaskin; A Canterbury Tale e le quattro outtakes, Counting the Cars, Window, Turn Again Lane e Melody Maker Man confermano questo sentore, che viene però smentito dal terzo e conclusivo lavoro, Bells, Boots and Shambles, pubblicato l’anno successivo.
Registrato ai Morgan Studios di Londra è di fatto da ascrivere al duo Gaskin/Cockeram perché anche Borrill, Cusack e lo stesso Mattacks sono ospiti ma poco coinvolti nella scrittura dei brani; nonostante ciò l’album è arioso, con molti momenti interessanti a partire dall’iniziale The Furthest Point che nella struttura più complessa rimanda alle origini della band, ed anche Old Boot Wine, Parallel Lines Never Separate, Spiggly, Everyday Consumption e The Sergeant Says sono un pugno di ottimi brani, che mostrano una band maturata, anche sul piano tecnico, ed in grado di proporsi con un linguaggio musicale assai più ampio e complesso.
Un discorso a parte merita la suite finale, In The Western World, divisa in quattro sezioni, che chiude in maniera più che degna un album che, nel contempo, riporta gli Spirogyra ai loro livelli migliori ma chiude inaspettatamente la loro carriera, per lo meno sino alla reunion del 6 Giugno, 2006 in occasione di una serata denominata: “A Psychedelic evening with Spirogyra” tenutasi presso la Union Chapel di Islington.
Una band che avrebbe certamente potuto avere una sorte migliore, anche perché aveva tutte le caratteristiche per durare a lungo e la capacità di produrre musica ad alti livelli; l’operazione riuscirà solamente a Barbara Gaskin che, negli anni successivi, lavorerà con gli Hatfield And the North, i National Health ed il batterista Bill Bruford, prima di incrociare il tastierista Dave Stewart ( già con Arzachel, Egg, Khan, Hatfield and the North, National Health e Bill Bruford) con il quale, a partire dal 1981, formerà un duo artistico ancora oggi in attività.
(Esoteric/Cherry Red Records, 2022)