SONOHRA – SYMPHONY

La musica non ha età: Sonohra, una sfida a suon di note

(Angelo Cabiati)

“Symphony” è, sicuramente, un titolo (e un lavoro) impegnativo che sorprende perché riferito ad un disco realizzato da giovani artisti, da un gruppo, da una band che ha alle spalle una storia, un percorso che, seppur valido, non avrebbe fatto ipotizzare una scelta, indubbiamente coraggiosa, di questo tipo. Una scelta che ha rappresentato una sfida non solo per loro stessi, ma anche per un pubblico, forse, abituato a tutt’altro. Sì, sono proprio loro, i fratelli Diego e Luca Fainello (classe 1982 e classe 1986), idoli delle teenager di una decina di anni fa.

Vincitori di Sanremo giovani nel 2008, hanno raccolto, in quegli anni, una vasta collezione di cuori infranti in un pubblico che, probabilmente, non era propriamente interessato alla musica intesa come “Arte fondata sul valore, la funzionalità e la concatenazione dei suoni”, ma sicuramente più votato alla passione e all’amore di un’immagine appagatrice di sogni romantici. Il tempo però, inesorabilmente, passa per tutti e, inevitabilmente, arriva il momento di fare scelte importanti, di cercare quella strada che è la tua, quella che ti fa diventare uomo e musicista senza compromessi. I Sonohra hanno fatto una scelta coraggiosa e coerente con quella musica che era, da sempre, nel loro cuore. Hanno avuto il coraggio di lasciare la strada in discesa del successo facile, pilotato, e hanno scelto di essere se stessi.

Ottimi chitarristi e ottimi musicisti cresciuti con il rock e il blues sempre in circolo, incessantemente, nelle loro vene. Già in quegli anni di ubriacatura giovanile non facevano mai mancare nei loro concerti (e ne sono stato testimone diretto nella mia funzione di “accompagnatore” al seguito di mia figlia quattordicenne) cover dei Dire Straits (Sultans Of Swing) e di B.B.King (The Thrill Is Gone) segno di quell’ “essere vecchi dentro” confessato ad ogni esecuzione.
Hanno scelto la strada “della polvere”, coerentemente con il loro nome che deriva dal deserto Sonora che si trova tra Stati Uniti e Messico e, attraverso questa immagine, hanno deciso di testimoniare il loro impegno per trasmettere la loro musica completamente senza confini. Questa scelta li ha portati a suonare su piccoli palchi di provincia abbandonando le luci accecanti dei passaggi in tv. Per contro hanno trovato, invece, una perfetta collocazione su palchi calcati assieme alle stelle del blues. Ricordo la loro partecipazione al “Raduno nazionale blues made in Italy” dell’ottobre 2019 in compagnia del duo Fabio Trevers & Alex “Kid” Gariazzo, Mandolin’ Brothers, Veronica Sbergia & Max de Bernardi, Tolo Marton, Fabrizio Poggi, Marco Limido e tanti altri, così come all’evento (sempre nel 2019) “Vola sul mondo” in ricordo di Rudy Rotta assieme a Keb’ Mo’, Gennaro Porcelli, Mike Sponza e, anche questa volta, a tanti altri. I Sonohra hanno suonato in duo, in trio (con il percussionista Alberto Pavesi formavano il “Sonohra Project Trio”) o con una band al completo dimostrando di adattarsi ad ogni circostanza, ma difendendo sempre la loro originalità. “Symphony”, come detto in precedenza, esula un po’ dal loro “standard”; questo lavoro (scritto interamente da Diego Fainello) rappresenta il coraggio di voler “parlare” solo attraverso la voce della musica e, al contempo, dimostra la maturità raggiunta, la consapevolezza di una potenzialità che può aprirsi a qualsiasi sfida.

Questa scelta è conseguenza di quel lungo lockdown durante il quale, nella solitudine e nell’incertezza, molti artisti hanno cercato di trovare un modo di esprimere le angosce e le speranze di un futuro incerto e di un presente sconosciuto. I Sonohra hanno attinto a piene mani dalla loro creatività e hanno scelto di esprimersi non attraverso le parole, ma lasciando parlare solo la musica. “Symphony” è, infatti, solo strumentale e vuole essere un sogno regalato a chi, come loro, ha attraversato quel periodo così strano e “vuoto” di presenze concrete. Le esecuzioni sono ben fatte e ben curate e rendono merito ad una scelta sicuramente non scontata e nemmeno facile. “Symphony” è un libro con tutte le pagine bianche che ognuno può riempire dei propri sogni, delle proprie speranze, delle proprie aspettative, ma anche delle proprie paure e incertezze. Il disco viene presentato come “un progetto di musiche solo strumentali, volte a far volare l’immaginazione e a far girare il proprio film immaginario a tutti coloro che lo ascolteranno“.
Questa è la sfida lanciata a se stessi e al pubblico; anch’io ho accettato questa sfida scandendo i miei personali “ciak” brano dopo brano (il disco contiene otto brani). 

1. Dolce melodia di chitarra che guida la mia immaginazione verso grandi prati verdi dove poter ammirare panorami di vette, lassù nel grande “Nord” e, quando il ritmo accelera, trasformarmi in un’aquila solitaria che si libera in volo, padrona di ogni vetta, padrona del mio mondo. Poi, quando il ritmo ritorna dolce, ridiventare persona appagata da tanta meraviglia. 

2. Un’intera orchestra sembra accompagnarmi in una lunga cavalcata che mi libera dalle paure, mi allontana dalle nubi e dal male verso una “Maestosa visione” di libertà e di speranza.

3. Di nuovo torna primaria la chitarra che mi porta nel tempo dell’attesa, nelle lunghe giornate assolate del “Sud” che è anche il tempo dell’ascolto, della pace, della quiete.

4. Il ritmo incalzante mi fa muovere spaventato tra queste quattro mura, non so dove andare, mi sento prigioniero della mia “Ossessione“. Poi, finalmente, la dolcezza di un pianoforte mi regala la quiete, la tempesta è, finalmente, passata.

5. Sono confuso, sono combattuto, tra la quiete di questo tramonto in questo angolo di “Ovest“, affascinato dal dolce suono di una chitarra e la trepidazione per un domani fatto di corse e di adrenalina che mi fa paura ma, nel contempo, mi attrae nell’immensità dei suoi molteplici suoni.

6. È mattina, è “Il risveglio” di un nuovo giorno. Il canto degli uccelli mi accompagna in questa nuova nascita; oggi è festa, oggi è vita, oggi è amore.

7. Questo è il momento dell’attesa, dell’introspezione, ma il motore scalpita sta aspettando che io schiacci sull’acceleratore per partire verso una nuova destinazione, verso un “Est” ancora inesplorato. Ecco adesso si parte, si corre a ritmo di rock, sembra una discesa senza fine ma, poi, si arriva alla meta.

8. “La voce degli angeli” è quasi un coro, è quasi un abbraccio, è quasi una liberazione. I toni sono trionfalistici, gli strumenti suonano possenti a indicare una festa, una luce. Forse è quella luce che per tanto tempo non abbiamo visto e che sembrava non doversi accendere mai più. Il fiume è tornato a correre nei suoi argini, tutto è al suo posto.

Ecco, il film, il mio film, il loro film è giunto alla fine, si può uscire dalla sala con la certezza che Diego e Luca sapranno regalare, in futuro, ancora tante emozioni. 

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