Slash feat. Myles Kennedy & The Conspirators – 4

(Andrea Romeo)

L’elenco delle questioni che ruotano intorno alla figura di Saul Hudson, in arte Slash, chitarrista nato a Stoke-on-Trent nel 1965 e salito agli onori della cronaca, e della storia del rock, per la militanza nei Guns N’ Roses, band californiana con cui ottenne un successo planetario tra gli anni ’80 e ’90, è ampio, specie dopo l’avvento dei social network: stringendo si può ridurre il tutto a tre quesiti: “E’ un grande chitarrista o un bluff?”, “Perché si ostina a portare avanti il progetto Guns N’ Roses, che pare palesemente bollito?” e last but not least: “Come musicista solista ha davvero qualcosa da dire?”, domande che scatenano quotidianamente centinaia di appassionati, musicisti e non, una popolazione digitale che, malgrado tutto, lo deve tenere comunque in una certa considerazione, visto e considerato che lo cita di continuo…

Saltando a piè pari la questione G N’ R perché alla fine, se il pubblico accorre, e paga, perché non andare avanti (ci sono altri illustri esempi in merito, ma non scateniamo guerre “di religione”…),  vale la pena di concentrarsi sulle altre due, specie in occasione dell’uscita del suo settimo album solista che fa seguito ai due con gli Slash’s Snakepit, It’s Five O’Clock Somewhere, 1995 ed Ain’t Life Grand, 2000, all’album Slash, del 2010, ed ai tre che hanno segnato la collaborazione con il cantante Myles Kennedy (Alter Bridge) e The Conspirators: Apocalyptic Love, 2012, World on Fire, 2014 e Living the Dream, 2018.

Slash è certamente un chitarrista iconico, sia da un punto di vista dell’estetica, sia per aver creato una serie di riff riconosciuti e riconoscibili: non avrà inventato un nuovo modo di suonare ma ha creato uno stile del tutto peculiare, inconfondibile da almeno trentacinque anni per cui, affermare che sia un bluff, è quantomeno azzardato.

Detto questo, venendo al nuovo lavoro ribattezzato 4, Four, prima pubblicazione della nuova etichetta discografica fondata dal marchio Gibson, pilastro mondiale nella produzione di chitarre ma al debutto nel mondo della discografia, ad un primo ascolto va sottolineato il fatto che, probabilmente, Slash sia uscito da quella fase musicale “sessodrogaerocchenroll” per cui sentirsi obbligato a creare l’ennesimo riff piacione, che resta in testa, ripetendo un percorso già battuto più volte in precedenza.

Collaborare da quasi dieci anni con Kennedy, cantante ed autore di livello, lo ha portato a sviluppare un diverso approccio chitarristico, meno immediato ma più elaborato, al quale non è estraneo neppure il fatto di interagire con una band solida e dalle idee chiare: il bassista Todd Kerns ed il batterista Brent Fitz, musicisti di lungo corso e dalle importanti collaborazioni, gli hanno ricreato intorno un’idea di band unita e collaborativa in grado di dividersi i compiti alleggerendo le pressioni; l’ingresso del chitarrista ritmico Frank Sidoris ha poi semplificato la gestione musicale del gruppo, e sin dalla prima traccia, The River Is Rising, si nota come i cinque sviluppino un percorso corale: suono compatto, stile a mezza via tra Guns ed Alter Bridge, un ritornello che si fissa e potrebbe rappresentare l’inizio di un nuovo percorso all’insegna del rock and roll, perché lo Slash solista si riconosce, comunque, ad ogni nota.

Whatever Gets You By vede ancora il lavoro d’insieme sugli scudi, ritmica cupa, scavata e Kennedy che non si risparmia, né lesina le sue quattro ottave di estensione vocale che ne fanno uno dei più interessanti vocalist degli ultimi trent’anni.

Con C’est La Vie aumentano i segnali di un nuovo corso perché, certo, il talkbox era già presente all’epoca di Dust ’n Bones ma il suo uso oggi, in un brano secco, asciutto, dove è elemento costitutivo e non mero effetto, rappresenta una relativa novità.

4 è un album semplice, senza sovrastrutture o iperproduzioni, suonato live in studio per cui le imprecisioni presenti, come lo stesso Slash ha affermato in alcune interviste, fanno parte del pacchetto: se rock dev’essere, che lo sia, con tutti gli annessi.

Ed allora ecco The Path Less Followed, dritta dagli eighties, suono compatto, voce lirica, chitarre pesanti ed affilate, pezzo che dal vivo smuoverà l’audience come la successiva Actions Speak Louder than Words, inizio anthemico, ritmo che fa battere il piede e chiama un moderato headbanging in attesa di più bit; il solo di Slash sporco, grezzo, in alcuni passaggi financo impreciso ma senza correzioni, restituisce interamente lo spirito da jam session che ha permeato la lavorazione dell’album.

Spirit Love è più cupo, roccioso, semplice nello sviluppo, ben strutturato ed eseguito, arricchito dal timbro a tratti orientaleggiante della chitarra, mentre Fill My World è forse il pezzo più old-style e riferibile al passato di Slash, per via di un’intro e di alcuni passaggi che rimandano a Sweet Child O’ Mine, almeno come approccio strumentale.

Che la band abbia un’estrazione rock-blues lo dimostra April Fool: bella apertura, suono potente, gran tiro, altro brano che dal vivo farà il suo, e riprova di essere davanti ad una vera band, non ad un leader attorniato da collaboratori, seppur di livello.

Dulcis in fundo, è davvero il caso di dirlo, i due brani che chiudono l’album e che per motivi differenti sono tra le cose migliori: Call off the Dogs, che parte già a pieni giri, è certo il brano più veloce e “ruspante” in cui Slash e Sidoris se la giocano senza risparmiarsi mentre Kennedy vola altissimo e Kerns va di plettro sul basso, creando un bel riffone verso la fine, e poi la conclusiva Fall Back to Earth, ballatona epica che, dopo un attacco possente, si placa e si sviluppa attraverso lunghe serie di arpeggi e passaggi solisti che mettono da parte furia e velocità, prima di una sfida finale, voce/chitarra, giocata su registri elevatissimi.

Nessun miracolo e nessuna novità clamorosa, ma un lavoro che con calma entra sotto pelle e può diventare colonna sonora di un viaggio, di una bevuta, di una chiacchierata in libertà: dopo oltre due anni di clausura, una boccata d’aria fresca che ci sta tutta.

(Snakepit Records/Gibson Records/BMG Records, 2022)

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