Ruth Bader Ginsburg e Kesha: storia di due donne “apparentemente” agli antipodi

(Raffaella Mezzaznzanica – 9 aprile 2020)

“#iorestoacasa”,”#AloneTogether”, “We’re all in this together”, sono tutte espressioni che, in queste ultime settimane, noi tutti abbiamo sentito ripetere e abbiamo letto milioni di volte.

In un mondo travolto e sconvolto dalla pandemia di COVID-19, siamo stati costretti a rivedere e a rivoluzionare il nostro modo di vivere, adottando forme di “distanziamento sociale”, in un mondo che, fino a qualche tempo prima, era unito e globalizzato. Così abbiamo dovuto imparare a gestire il nostro tempo in modo diverso e, non potendo uscire, ne abbiamo anche approfittato per rispolverare libri mai letti, dischi mai ascoltati e film mai visti.

A tal proposito, proprio qualche settimana fa, all’inizio di questa surreale e drammatica situazione, mi sono imbattuta nel trailer di “Una giusta causa” (titolo originale: On the basis of sex), un film del 2018 sulla vita di colei che sarebbe poi diventata la seconda donna della storia ad essere nominata giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti: Ruth Bader Ginsburg.

Il film racconta le battaglie di una donna all’inseguimento del sogno di diventare avvocato nell’America degli anni ’50.

E’ una storia di “empowerment femminile”, realizzato attraverso battaglie, dentro e fuori dalle aule di tribunale (Corte Suprema inclusa), volte a combattere ogni forma di discriminazione basata sul genere, sulla razza e altre “giuste cause”.

Ruth Bader Ginsburg nasce a Brooklyn il 15 marzo 1933. Grazie alla sua bravura, frequenta prima la Cornell University e, successivamente, si laurea in Legge ad Harvard (quando iniziò a frequentare erano state ammesse solo 9 donne su un totale di 500 studenti!) e ottiene poi un dottorato in Legge alla Columbia Law School.

Nel 1993 il Presidente Bill Clinton la nomina giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti (la seconda donna dopo Sandra Day O’Connor).

Ruth Bader Ginsburg ha dedicato gran parte della sua carriera in ambito legale alle battaglie sulla parità di genere e sulla discriminazione delle donne in vari ambiti.

Ha prestato attività legale come volontaria per la ACLU (American Civil Liberty Union), dove nel 1972 è stata co-fondatrice del “Women’s Rights Project”.

Si sposa con Martin D. Ginsburg che, successivamente, diventerà un importante avvocato tributarista e da lui avrà due figli, Jane C. Ginsburg, oggi professoressa alla Columbia Law School e James Steven Ginsburg, fondatore e Presidente della Cedille Records, casa discografica specializzata in musica classica.

Nel 1999, le viene diagnosticato un cancro al colon. Si opera, è costretta a sottoporsi a chemioterapia e radioterapia e, nonostante tutto, non salta mai un solo giorno di lavoro.

Oggi, ai tempi del coronavirus e all’età di 87 anni compiuti, Ruth Bader Ginsburg non ha nemmeno smesso di allenarsi in palestra con il suo Personal Trainer, come dimostrato da una recente foto pubblicata sul sito della CNN.

Ruth Bader Ginsburg è una donna decisamente sopra le righe, dal carattere forte, una donna che ha dedicato tutta la sua vita a lottare per quello in cui crede e continua a farlo. Questo le ha permesso di diventare una vera e propria “icona della cultura pop” e di ottenere il soprannome di “The Notorious R.B.G”, chiaro riferimento al rapper The Notorious B.I.G.

A lei è stato dedicato un musical, “The Notorious RBG in songs”, una mostra itinerante, “The Notorious RGB: The Life and Times of Ruth Bader Ginsburg”, un documentario, “RBG”, candidato a due Oscar (miglior documentario e miglior canzone – “I’ll fight” – interpretata da Jennifer Hudson e scritta da Dianne Warren), un libro su come si mantiene in forma, scritto dal suo Personal Trainer, “The RBG Workout”, e ovviamente il film di cui abbiamo parlato, “Una giusta causa”.

Dovendo scegliere l’artista per scrivere e interpretare il brano simbolo del film e parte della colonna sonora, l’attenzione della regista, Mimi Leder, si concentra su Kesha. La sua idea era quella di un brano che “non fosse esclusivamente un inno per tutto ciò che Ruth Bader Ginsburg era riuscita a ottenere grazie alle proprie battaglie, ma anche un inno per tutti i cambiamenti che ancora ci attendono”.

Il risultato è “Here Comes the Change” che, per chi avesse voglia di vedere il film, si può ascoltare allo scorrere dei titoli di coda.

La canzone è stata accompagnata da un video minimalista, in bianco e nero, in cui Kesha, in un bellissimo abito bianco, canta e suona tutti gli strumenti, dalla chitarra all’armonica.

“Hope there’ll come a time when we/We can live in and die free/I hope and pray/There’ll come the day/And it’s coming soon/Oh here comes a change/We’re coming of age/This is not a phase/Here comes, here comes the change”.

In aggiunta al video ufficiale, il brano è stato proposto anche con un lyric video in cui si vedono immagini di proteste ai nostri giorni, a dimostrazione del fatto che la lotta e l’attivismo negli Stati Uniti sono più vivi che mai.

Sarebbe, comunque, riduttivo pensare che sia “solo” una canzone a “unire” queste due donne, così distanti sia anagraficamente che per percorsi.

Kesha è una cantante, autrice e rapper statunitense, nata il 1° marzo 1987. Questo, in effetti, potrebbe già essere un primo punto di contatto, perché anche Ruth Baden Ginsburg è nata nello stesso mese.

Diventa famosa all’età di diciotto anni, grazie a collaborazioni con rapper come Flo Rida con cui collabora nel brano “Light Round”, Pitbull, nel brano “Timber”. Il suo brano “Tik Tok” è, ad oggi, il terzo singolo più venduto della storia sulle piattaforme digitali (nel 2019 ha raggiunto il traguardo di 25 milioni di copie).

Ad un certo punto, nel 2014, la carriera di Kesha si interrompe quando inizia una causa legale nei confronti del produttore musicale Lukasz Gottwald, conosciuto come Dr. Luke, accusandolo di molestie sessuali e abusi psicologici.

Il produttore, a sua volta, intenta causa per diffamazione contro la cantante, sostenendo che Kesha avrebbe usato le accuse di stupro come scusa per annullare il contratto.

Dopo anni di battaglie legali, la Corte Suprema di New York City si è espressa in favore del produttore, stabilendo anche che la cantante avrebbe dovuto versare la somma di 374.000$ per le mancate royalties e i corrispondenti interessi derivanti dalla violazione dell’accordo.

Kesha è tornata, dapprima, con un nuovo album, “Rainbow”, nel 2017 e nel 2018 è stata nominata per due Grammy.

Dall’album è stato estratto il singolo “Praying”, ispirato dalla sua vicenda personale che l’ha portata a considerare anche il suicidio.

“Well, you almost had me fooled/Told me that I was nothing without you/Oh, but after everything you’ve done/I can thank you for what I’ve become”.

Durante la cerimonia dei Grammy, Kesha si è esibita dal vivo proprio presentando questo brano, in una toccante performance insieme a numerose altre artiste (Cyndi Lauper, Camila Cabelo, Andra Day), tutte vestite di bianco, il “Suffragette White”, così definito perché usato dalle suffragette, le appartenenti al movimento di emancipazione femminile, nato per ottenere il diritto di voto per le donne.

Ruth Bader Ginsburg e Kesha non sono poi così distanti. La prima si batte da sempre per l’abolizione di quelle forme di discriminazione contrarie ai principi fondamentali della Costituzione degli Stati Uniti, la seconda è stata a lungo emarginata per aver denunciato degli abusi. La cosa che più le accomuna non è certo un film o una canzone ma è qualcosa che fa più paura ed è il fatto di essere due donne “scomode” perché entrambe hanno sfidato il sistema e l’omertà di chi preferisce restare in silenzio e aspettare passivamente il cambiamento.

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