RENATO FRANCHI & HIS BAND – ATTIMI D’INFINITO

Un viaggio nella vita, tra le vite

A distanza di un anno dal precedente lavoro (“Mi perdo e m’innamoro”), Renato Franchi ci regala un nuovo album che rimarca la vena creativa dell’autore caratterizzata da una continuità che sottolinea una costanza non solo temporale (dal 2018 a oggi, un disco ogni anno), ma di pensieri e di valori. Infatti, la sua “firma” è sempre garanzia di una scrittura carica di sostanza, di ritratti di vita vissuta, di passato e presente, di timori e speranze, di buio e di luce attraverso quell’insieme di parole e musica che spingono l’ascoltatore a diventare un fedele compagno di viaggio. Una prima “immagine” di continuità sta proprio nella copertina dell’album dove ritroviamo quella chitarra che rimane l’elemento fondamentale per accompagnare scrittura ed emozioni. Su questa chitarra è ancora, ben visibile, quella rosa rossa a cui Renato rimane molto legato, simbolo di quell’amore per la vita, per i valori di solidarietà e di condivisione, per il rispetto e l’attenzione verso i sentimenti e le persone che vive attraverso la trasformazione operata dalla musica di cui questa chitarra rimane un tramite insostituibile. Questa volta, però, lo sfondo trasuda vita nonostante l’apparente desolazione e abbandono. Davanti a quel muro, mosaico di mattoni antichi, è facile immaginare i rumori, i suoni, il pulsare delle vite appartenute ad intere generazioni che lì hanno costruito non solo oggetti ma, in qualche maniera, anche la nostra storia. Il fotogramma inquadra un luogo ben preciso (il parco di San Vittore Olona, adiacente all’ex Opificio Visconti di Modrone) ma è come se ci trovassimo dentro una stazione perché è da qui che inizia il viaggio, un viaggio che ci porterà a conoscere altre storie, altre vite, filtrate attraverso il cuore di Renato, la sua voce e la sua band. Questa stazione di partenza si chiama “25 aprile” e non sembra proprio un caso che questo disco esca in questo particolare giorno. Un giorno che riassume tante storie, un giorno che celebra la Resistenza, un giorno di resurrezione, un giorno che vede la fine della paura e l’avvio di una speranza, un giorno dove la luce sostituisce il buio, un giorno di autentica rinascita. La “R” di Resistenza accomuna la “R” di Renato sempre attento e pronto a dar voce a quelle voci venute dal passato, ma ancora bisognose di un eco capace di ritrasmettere quei valori di libertà votati all’infinito. Proprio da questa stazione, quindi, si parte alla ricerca di quegli “Attimi di infinito” che ognuno porta dentro di sé e che possono essere vissuti nell’intimo della propria solitudine o aperti verso nuovi orizzonti di luce. Questa storia di umana rinascita può essere paragonata proprio al 25 aprile: “…… Arriverà il tempo dell’amore, un momento per rinascere, per rifiorire, allargando le braccia verso il sole e spiccando il volo nell’immenso …… Arriverà il giorno dell’abbraccio per fondersi nella primavera diventando petali e germogli dentro lo splendore del mattino”. Parole accompagnate da una musica dolce che accompagna la riflessione verso quell’intimo, indispensabile tramite verso l’infinito: “…… Arriveranno attimi di infinito quando le anime si guardano allo specchio e ritrovano sé stesse in uno sguardo, nell’istante c’è tutto l’universo”. Il percorso prosegue con altrettanta dolcezza in “Emily”, un brano che racconta una solitudine capace di amare l’intero universo attraverso versi destinati ad un nulla solo apparente, ma capaci di raggiungere quell’eternità, ponte verso l’infinito: “Emily vestita di bianco, sposa della tua solitudine, la tua casa era tutto il mondo, il giardino il tuo unico orizzonte. Scrivevi versi che nessuno leggeva, dentro i tuoi libri navigavi tra le pagine, ti fondevi con tutto l’universo, diventavi la musica di un uccello in volo …… Emily, la tua speranza una creatura con le ali che cantava una canzone senza parole …… Emily, solo un grammo di cielo ha gettato un ponte sull’eternità”. 

Un intro di chitarra introduce “Apri gli occhi” dialogo ad una voce sola tra due innamorati. Gli occhi chiusi possono raffigurare una distanza creata (un litigio) o subita (una malattia) ma, comunque, da colmare con l’unico modo possibile che è quello dell’amore. È proprio l’amore l’unico tramite che può regalare l’infinito attraverso la somma di ogni attimo vissuto o sognato: “Apri gli occhi tesoro mio, fai tintinnare il tuo cuore …… Catturerò un raggio di luna e accenderò il nostro amore …… Raccoglierò un fiocco di neve e brinderemo al paradiso …… Scriverò grande il tuo nome al centro del firmamento …… Apri gli occhi angelo mio, metti le ali al sorriso e ogni battito delle tue ciglia lo poserò sul mio viso. E se verrà il temporale, io lo fermerò, se ci sarà la tempesta io ti proteggerò.” Quegli occhi non si sono aperti, ma l’amore ha trovato il centro del proprio infinito: “La tua essenza, la tua danza, l’innocenza, l’eleganza”. Il viaggio continua, la musica rimane quel mantello che, sapientemente, avvolge ogni storia, capace di rendere l’ascolto attento, vivo, partecipe di ogni differente paesaggio che si incontra durante il percorso. Siamo quasi a metà del viaggio e “Lungo la strada” ci si pone quelle domande che, inevitabilmente, la vita ci detta dopo il tanto peregrinare sul percorso dei giorni. Passato, presente, futuro, un’unica trama per il film della vita alla ricerca di quel finale che dia un senso a questa traccia, a questo solco inciso sul terreno del mondo, lungo la strada destinata a non finire mai, destinata a quell’infinito che, probabilmente, non riusciremo mai a comprendere e tutto rimarrà solo un grande sogno: “…… Domandarsi dov’è il senso del cammino che percorri e guardarsi in uno specchio per vedere il proprio sé. Tutta la strada incontrata in questi anni ha fatto di te quello che ora sei ed ogni passo lungo il viaggio dei tuoi giorni ti ha condotto proprio dove tu ora sei …… Con uno sguardo puoi varcare gli orizzonti e diventare tutto ciò che tu vorrai, apri le braccia e circonda tutto il mondo, tu sei ogni cosa e la tua storia scriverai.” I prossimi due brani hanno una chiara visione dell’infinito inteso, soprattutto, come rinascita. Può sembrare di aver cambiato treno, in questo susseguirsi di stazioni all’interno di questo viaggio, ma la sostanza resta sempre quella della ricerca di un senso per ogni percorso, per ogni attimo che dall’attualità si protende verso l’infinito. “Istruzioni per la vita” sembra un cartello da seguire, l’indicazione di una nuova strada che, però, è destinata a portarci verso la stessa meta attraverso l’unico mezzo possibile, quello dell’amore: “Camminando nel bel mezzo del nulla, abbandona ogni sentiero conosciuto …… Così, partirai per un viaggio, abbandona i legami col passato …… Fa che l’amore cresca come un albero e che una rosa sbocci nel tuo cuore, prendi il cielo nelle tue mani, lascia i pensieri liberi nel vento ……” senza dimenticare però di: “Ringraziare il mondo per tutto quello che ti ha dato” perché noi siamo solo figli, responsabili del medesimo infinito che stiamo cercando. Il violino ci ha accompagnato in questa nuova ricerca e lascia il campo alla chitarra in “Mentre nasceva un fiore”. Non nascondo che questa canzone ha suscitato in me una profonda emozione non solo perché è ambientata in un momento che ha sconvolto la vita di molte persone, ma anche perché assume i contorni di una realtà vissuta direttamente. Renato riesce, splendidamente, a definire l’infinito attraverso la rinascita che avviene nel momento stesso in cui una vita finisce ma, incredibilmente, continua attraverso l’inizio di una nuova vita strettamente ancorata alla prima attraverso l’amore di un figlio: “Una madre, un respiro, le ultime parole, un sottile filo d’aria concesso dal dolore. Un padre, una carezza, un giorno senza sole, un vento freddo e triste ti ha fermato il cuore …… Un nemico invisibile vi ha portato via …… Non adesso, vi prego, non andate via, adesso che splende l’aurora non volate viaNon adesso, vi prego, non andate via, adesso che è nata Anita non volate via ….. Il ritmo degli anni scorreva sotto gli occhi, nelle vostre stagioni di libertà e diritti, tra il cielo e le ciglia ora splende il vostro sorriso, nel dolce viso di Anita c’è il vostro paradiso …… Ci avete lasciato mentre nasceva un fiore, la bellezza di Anita conforta il nostro cuore”. Continuando con la metafora del viaggio, a questo punto, si entra in una galleria dove tutto diventa buio: “Era cielo, era strada, era cemento e cantiere, era schianto, era l’impalcatura, era precipitare ……”. La piaga delle morti sul lavoro continua a mietere vittime in un mondo dove: “…… Era l’indifferenza, la violenza e il dolore. La fatica che sfianca e che uccide, che vi fa sanguinare …… Era solo l’inganno, l’ingiustizia e il clamore, era il male che logora e stronca, che non fa respirare. Eran soffitti crollati, erano corpi schiacciati, una morsa che spezza e distrugge tante giovani vite …… Era la fabbrica e l’officina che vi han fermato il cuore …… ”. In questa “Ballata della pioggia e delle rose” le voci di Renato Franchi e Marino Severini (compagno di molte strade percorse insieme) scandiscono le stazioni di questa Via Crucis dove infinito appare solo il dolore che si rinnova ad ogni caduta diventando, ogni volta, sempre più insopportabile. L’unica possibilità di alleggerire questo dolore passa attraverso il ricordo delle vite spezzate, non più bagnate dal proprio sangue, ma diventate parte di quella vita tolta ai loro cuori: “Siete pioggia che bacia le rose, siete foglie cadute, siete fiori di campo buttati per terra. Siete sogni infranti e traditi, siete nuvole in cielo, siete stelle comete svanite nel volo”.

Questo è il momento scelto per la cover che caratterizza ogni lavoro di Renato, l’interpretazione di un brano nato nel cuore di un altro ma patrimonio di tutti. In questo disco c’è “La stagione dell’amore” di Franco Battiato ed è una scelta coerente con i temi dell’infinito e della rinascita: “La stagione dell’amore viene e va, i desideri non invecchiano quasi mai con l’età …… Ancora un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore, nuove possibilità per conoscersi e gli orizzonti perduti non si scordano mai ……” Siamo ormai alla fine del viaggio, un viaggio, va detto, caratterizzato anche da un accompagnamento sonoro di prim’ordine; la musica regala ad ogni storia il suo giusto supporto riuscendo pienamente ad integrare le parole in un insieme che garantisce sempre un ascolto carico di empatia ed emozione.  La realtà ci dimostra che infinito e rinascita non si vedono ancora all’orizzonte: “Mi affaccio al balcone del disordine, le vie sono affollate di rabbia e di incoscienza, vedo gente senza cuore salire sull’altare calpestando la memoria dell’umanità”. In questo caos ci si sente soli ma forte è il desiderio di avere qualcuno accanto che ci aiuti a scacciare la solitudine e a trovare “attimi di speranza”. “Stand by me”, stammi vicino: “Mi affaccio alla finestra della rivoluzione, le piazze sono piene di bandiere colorate. Vedo volti e bei sorrisi come fosse primavera. Un fazzoletto rosso che saluta dalla ringhiera …… Mi affaccio al davanzale del coraggio, le strade sono fiumi di pace e di speranza. Vedo angeli volare sopra i campi e le città nei valori del rispetto e della dignità ……”. Ecco, il treno ha raggiunto l’ultima stazione e mi piace pensare che il suo nome sia “Primo maggio”, una stazione piena dei colori della rinascita, della luce al di fuori del buio della galleria dove poter finalmente fare festa, raccogliere ogni “foglia caduta”, ogni “fiore di campo” e, tutti insieme, “Fermare il vento, il suono di questo istante” per farlo durare fino all’infinito.

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