Randy Holden – Population III

(Sandro Priarone)

Cinquantadue anni fa a Baneberry, negli Stati Uniti, è stato eseguito un test nucleare sotterraneo ad una profondità di 300 metri. Un esperimento da 10 kilotoni condotto nell’area di Yucca Flats del Nevada Test Site, come parte dell’Operazione Emery a metà dicembre 1970. L’esplosione ha causato un’eruzione dal sottosuolo che ha formato una nube di vapore radioattivo e polvere, salita fino a tre chilometri nell’atmosfera, la cui ricaduta si propaga in tutto il Nevada, California e altri stati limitrofi. Nello stesso anno, sempre in California, prende vita il progetto chiamato Population II da parte del miglior chitarrista della nuova ondata di psichedelia selvaggia, pronto a sfruttare l’imponente amplificazione attraverso immensi riff mega-distorti: Randy Holden. L’ex guitarist dei fantastici Blue Cheer, San Francisco power trio, “the loudest band in the world” and proto hard & heavy kids, si immerge in profondi pensieri e prova a concepire come avrebbe suonato tramite un’esplosione atomica nelle immediate vicinanze. Il flusso di calore a migliaia di gradi produce e genera un rumore così travolgente da creare un silenzio tutto suo. Un silenzio devastante con all’interno un’armonia onnicomprensiva e irripetibile. Talmente perfetta e infida da cancellare, realmente, per quasi vent’anni, uno degli Dei del rock e dello strumento più iconico. Come cristallizzare colui che rifiutò, nel 1966, di occupare il posto lasciato vacante da Jeff  Beck negli Yardbirds, creatore, con The Fender IV, Sons Of Adams, The Other Half, di fasti garage-lisergici progenitori della versione piu` veemente dell’acid rock. Eloquente rappresentazione dell’appropriazione hard.  I problemi contrattuali e amministrativi con l’etichetta Hobbit Records, responsabile di Population II, ingabbiano Randy costringendolo a ritirarsi e a lasciare, sospesa nel tempo, un’opera per lunghi tratti misconosciuta ma grandiosamente visionaria e formidabile.

Dal 1997 riprende in pieno l’attività grazie alla sua straordinaria capacità artistica e, nell’infuocata estate 2022, plasma il seguito della Popolazione Stellare formata da metalli pesanti, Population III. La consegna siderale dell’ultimo segmento per chiudere un cerchio storico. Le tracce risalgono al 2010 quando sotto la spinta di Randy Pratt, newyorkese, basso e harmonica player (Cactus, Kill Me, Star People, The Last Ditches, The Lizards), le registrazioni vengono impreziosite da Holden col sistema Pro Tools (Digital Audio Workstation), uno dei software più usati per l’elaborazione e la produzione digitale di musica. Incredibilmente sopravviene una clamorosa conseguenza. Tutti i componenti aggiuntivi che permettono di inserire effetti audio o generare nuovi suoni, i cosiddetti plug in, vengono cancellati. Gran parte del lavoro buttato via e cocente delusione di Randy che per molti anni non ha più voluto riaprire il suo Studio. Poi un giorno, dopo che lo scorrere delle stagioni ha riportato alla mente gli ottimi mixaggi rimasti, il lavoro è ripreso e la magia incandescente ha continuato a bruciare. Grazie a Daniel Hall della RidingEasy Records, che già aveva riportato alla luce la rimasterizzazione del capitolo II, l’album viene pubblicato. Oltre a Pratt suona la batteria Bobby Rondinelli da Brooklin (Blue Öyster Cult, Rainbow, Quiet Riot, Black Sabbath, The Lizards, The Handful, The Last Ditches, Axel Rudi Pell), nella classica line up a triangolo coadiuvata a tratti dal tastierista Scott “The Doctor” Treibitz degli Star People. Siamo di fronte ad una congiunzione psychedelic-hard ben oltre l’etichetta heavy psych.

Randy Holden è il corrispettivo americano dei propagatori di feedback, distorsione ed amplificazione estrema. Un rock blues corrosivo che ha trasformato, per mutazione, la capacità di metabolizzare una sostanza indispensabile alla crescita e alla duplicazione auditiva come la dissonanza e il frastuono. I decibel? Meglio andare oltre la scala Richter!

Rock acido dai risvolti introspettivi, intriso di elementi verso la zona del cielo dove sorge il sole. Qualità mediorientale che deriva direttamente dal surf di Dick Dale, di origine libanese, uno degli idoli di Holden, ed il suo proverbiale riverbero melodico. Lunghe scorrerie di magma, prodotto dalla fusione del nocciolo nucleare, vengono ispirate dalla struttura strumentale, ricca di forza trainante, espressione potente del massimo volume a corde scolpite. Figlio spirituale di Leo Fender, riconducibile all’essenza mitologica di Alexander Skip Spence,

Population III inizia tra fuochi fatui Zeppelinesque, presenti tramite Living End e perdita di coscienza Claptoniana nel blues alterato di Swamp Stomp. Miasmi pestiferi sorgono in Sands Of Time. Spore e granuli psichedelici cadono ai lati del Profeta, rapito dagli alieni, mentre scorge il mondo inferiore. Splende il diamante psicodislettico di Money’s Talkin’, quasi ad inchinare il capo al divino Jimi, per un outtake di bellezza non convenzionale. Il Guitar God si erge al centro della sua sovranità chitarristica con i venti minuti di Land Of The Sun, strabordante di virtuose scale d’estasi, infinite nel magnifico vortice di toni affascinanti. L’acustica Outside Looking In suona respirando folk-grunge, nostalgicamente struggente nell’inerte turbolenza.

Il nome e la vita di Randy Holden regalano la storia di un sopravvissuto dell’Età dell’Oro, quasi ibernato per sciogliere la sua frazione temporale nei correnti anni musicali. Chitarrista supersonico, appartenente ad una discendenza superiore per ispirazione, tecnica, innovazione. Colui che ha modellato con pura soggettività il valore evocativo del leggendario Punto Zero-Vanishing Point per spiegarlo nei giorni attuali.

“The last American hero, the electric centaur, the demi-god… The last beautiful free soul on this planet” (Super Soul).

(RidingEasy Records)

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