Quatrain – Quatrain

(Andrea Romeo)

Parlare di archeologia musicale non è certo fuori luogo, perché la band in oggetto è praticamente quasi del tutto sconosciuta: di più, pressochè ignorata dal music business sin da quando, ed era il 1963, dopo essere stata fondata dai due chitarristi Don Senneville, solista ed Eric Pease, ritmico, iniziò a muovere i primi passi come The Fourth Shadow, nell’area della San Fernando Valley.

Nel 1964 si unì a loro Jim Lekas, sino ad allora diviso tra il lavoro presso un’azienda aerospaziale ed il ruolo di batterista part-time in una surf band, e che si rivelò anche eccellente cantante e compositore; nel 1965 si aggiunsero il bassista Mark Johnson ed il chitarrista Bruce Epstein, che sostituì Pease, partito per il servizio militare.

La band, pur non avendo un repertorio originale, si distinse grazie ad un buon numero di cover, stimolata dal promoter e personal manager Billy Marcot, e dal giovane e sagace consigliere “spirituale” Russ Deck; grazie al materiale proposto, che faceva riferimento alla cosiddetta British Invasion, divenne una vera e propria party band: school hops, parties, beer bars furono le venues in cui si esibì per lungo tempo.

Tra il ‘65 ed il ‘67 vi transitarono diversi musicisti: il chitarrista Tim “Rainbow” Bell, il cantante Cary Brent, il corista Doug Webb ma soprattutto Steve “Buff” Lindsay, bassista proveniente da uno dei principali gruppi della San Fernando Valley, The Boss Tweeds, che divenne il bassista ufficiale del gruppo, sostituendo l’uscente Johnson.

Nel 1966, con il nome di The Berries, vennero ingaggiati come house band dal The Middle Earth, locale situato in Ventura Boulevard a Reseda, e firmarono per la Doubleshot Records di Hollywood senza però realizzare nulla se non un jingle radiofonico, commissionato dall’azienda Pillsbury, per il breakfast mix Gorilla Milk oltre ad un paio di singoli realizzati prima come The Human Jungle e poi come The Plastic Zoo: con questo nome vennero chiamati ad esibirsi come dance band a Pasadena, nell’ambito di una serata in cui ebbero l’opportunità di esibirsi a fianco dei Three Dog Night; questi ultimi esperimenti ed il contratto con la Doubleshot terminarono rapidamente e la band tornò ad esibirsi come The Berries nei numerosi club che si trovavano intorno ad Hollywood e nella San Fernando Valley.

Nel 1967, Lekas suggerì Quatrain come nuovo nome della band, dopo aver trascorso qualche settimana leggendo il volume The Sufistic Quatrains, opera dell’astronomo, matematico, filosofo e poeta persiano Omar Khayyám.

Il quartetto mise allora mano ad una serie di brani che sfociarono nel loro primo ed unico album, Quatrain, terminato nel 1969, prodotto da David Briggs, noto per aver poi lavorato con Neil Young and Crazy Horse, Alice Cooper, Spirit, Nils Lofgren e Nick Cave and the Bad Seeds, ma che ebbe tuttavia una curiosa e triste sorte: pubblicato, ma scarsamente distribuito, dalla Tetragrammaton Records, scomparve rapidamente dalla circolazione anche perché la band si sciolse in pratica nello stesso periodo; solo trentanove anni dopo l’etichetta americana Sundazed, grazie all’accurato lavoro di rimasterizzazione realizzato da Bob Irwin, decise di offrire a quell’album, sparito nel nulla, l’occasione di vedere finalmente la luce, ma fece di più: alle dodici tracce originali vennero aggiunti otto brani, tutti singoli appartenenti al periodo ‘65/’69: Quatrain è quindi un lavoro del tutto inedito in cui si è concentrata la cifra stilistica di una interessante garage band, con forti influenze acid folk e psichedeliche, cui non era affatto estranea una certa vicinanza alla nascente scena west coast.

Alcuni dettagli sono percepibili sin dalle prime note di Fragments, brano che apre l’album: le chitarre di Senneville e Pease esprimono un interplay notevolissimo, creativo sia nelle parti ritmiche che soliste, ma soprattutto spesso sorprendente nei numerosi bridge che caratterizzano le composizioni, il basso di Lindsay si distingue per la capacità di creare linee stimolanti, molto originali, azzeccate dal punto di vista melodico ed armonizzate a meraviglia con le chitarre, mentre il drumming di Lekas è sempre vivace, movimentato, ricco di fill e di brillanti pattern ritmici.

Rock psichedelico dunque, folk rock, tracce di hard rock per una band che aveva il proprio quartier generale al Topanga Corral, e che si esibì spesso nei locali del Sunset Strip, un’area che pulsava musicalmente in modo vivacissimo, ma che non fu benevola verso quello che divenne uno delle più venerati, ma misconosciuti gruppi emersi alla fine degli anni ’60: Flowing Robes, Fields of Love, l’appena accennata Canyon Woman e, via via, tutti i pezzi successivi rimandano spesso a certe atmosfere care ai Doors; Rollin’ potrebbe appartenere al repertorio dei Jefferson Airplane o di David Crosby e, se le chitarre fanno un eccellente lavoro come già sottolineato, lo stesso discorso vale per gli incroci vocali, davvero curati ed intensi.

Black Lily, Steppenwolf-oriented, scivola nell’hard rock, Early Morning Company è sixties fino al midollo, Ask Me No Questions quasi hendrixiana, Try to Live Again, sia per lo sviluppo musicale che per quello vocale, profuma di Byrds, Masquerade è un classico e robusto rock blues con qualche eco dei Velvet Underground, The Tree sa tanto di Grateful Dead… insomma, siamo di fronte ad una band davvero poliedrica, capace di assorbire, assimilare ed interpretare, in modo molto personale, le sollecitazioni di un periodo, e di un’area, davvero fecondi: il perché si sia letteralmente vaporizzata nel nulla resta un vero e proprio mistero.

Più chiaro il perché sia, ancora oggi, considerata una sorta di piccola leggenda dall’ambiente della psichedelia, ed i singoli presentati insieme all’album ne sono un chiaro segno: Towering Buldings, So Much for Royality, Unforseen Regrets, When Will You Happen to Me (l’avranno mica ascoltata i Green Day…), Let You Go, Sun Came Up, Get a Life e la conclusiva, e quasi autobiografica Ghosts Over the Sunset Strip contribuiscono a definire ulteriormente i Quatrain, ed il loro fugace percorso musicale: troppo breve, certo, per avere avuto negli anni dei riscontri importanti, ma davvero troppo stimolante per poter essere completamente dimenticato.

(Sundazed Music, 2008)

https://youtu.be/NGKaCm-7k7Yhe
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