
Nel vasto e talvolta sterile orizzonte della produzione musicale contemporanea, l’opera “Cantico dei Cantici” dei Qohelet si impone come un raffinato unguento per le anime inquiete. Questo lavoro, ispirato all’antico poema biblico, si configura come una lectio amoris in musica, una trasfigurazione sonora del desiderio sacro e profano, dell’eros che diventa pneuma.
Suddivisa in otto movimenti, ciascuno corrispondente a un capitolo del testo originario. L’opera si snoda con una grazia arcana tra cadenze poetiche e sperimentazioni sonore audaci. La voce declamante, quasi ieratica, accarezza e trafigge l’ascoltatore con versi intrisi di sensualità mistica, mentre le tessiture musicali oscillano tra l’etereo e il tellurico, evocando atmosfere ora contemplative, ora perturbanti. Il dualismo tra maschile e femminile, tra corporeità e trascendenza, è qui sublimato in un dialogo che travalica la mera espressione artistica per assumere i tratti di una epifania carnis. L’amore, declinato in ogni sua sfumatura, si erge a protagonista assoluto, riscattato dalla sua consueta banalizzazione e restituito alla sua sacralità originaria.
Opera impervia ma profondamente nutriente, “Cantico dei Cantici” richiede un ascolto meditativo, quasi rituale. Non è semplice musica, ma un’esperienza estetica e spirituale insieme, destinata a chi sa ancora farsi ferire dalla bellezza.
