Peter Gabriel – Peter Gabriel

(Andrea Romeo)

There was all this big time stuff happening with long tours being planned way in the future, and I just felt I was getting to be part of a machine, I felt I was becoming a sort of stereotype, sort of “rock star”, or falling into wanting that ego gratification: I didn’t like myself, I didn’t like the situation, and I didn’t feel free.

For me there was no question about priorities that I think pissed off the band too.

I was the first to have a baby, and they didn’t have any understanding how it changes the way you feel.

Proprio nel momento in cui la band inglese iniziava a raccogliere i frutti di sei anni di lavoro, ecco la separazione che, ancora oggi, fa discutere i fans dei Genesis: Peter Gabriel, cantante ed autore di buona parte dei testi, ma soprattutto leader e carismatico frontman della band, l’uomo che si era inventato dal nulla personaggi, costumi, maschere, anticipando di almeno un decennio le tecnologie di visual-art che avrebbe poi utilizzato lui stesso, saluta e, non senza qualche sottile recriminazione, se ne va, subito dopo aver terminato il tour di The Lamb Lies Down On Broadway.

Due le questioni che tennero banco, all’epoca, tra gli appassionati e la stampa musicale: la prima, ovvia ed immediata, ovvero se e come i Genesis avrebbero proseguito la loro storia, ma altrettanta curiosità destava la sorte del cantante di Chobham: cosa avrebbe fatto Gabriel e soprattutto, avrebbe proseguito la sua carriera artistica?

I due anni successivi furono da lui descritti come una sorta di “learning period”, durante il quale prese lezioni di musica e di pianoforte, il tutto mentre riequilibrava una non facile situazione familiare, successiva alla nascita della figlia Jill, staccandosi, nei primi sei mesi, da tutto ciò che avesse a che vedere con la musica.

Poi venne il 1976, la nascita della secondogenita Melanie, ed il musicista, autore e compositore tornò a fare capolino dentro di lui spingendo l’uomo Gabriel a riabbracciare pienamente la propria vocazione artistica.

Tanti, forse troppi, gli stimoli artistici che si accavallavano nella sua mente: uno spettacolo dal vivo, magari con dei video, dei filmati, animazioni o anche degli attori, in nuce quello stesso magma comunicativo che farà di lui un artista a 360° nel decennio successivo; ma tutto ciò andava canalizzato e necessitava di una controparte che portasse equilibrio in questa inarrestabile voglia di fare, istintiva e caotica.

Mettendo mano a diversi brani cercò dei musicisti che lo accompagnassero ma, scartati gli americani Happy The Man, band prog forse troppo simile ai Genesis, chiese una mano a… Phil Collins, Mike Rutherford, Anthony Phillips, ed al chitarrista dei Brand X John Goodsall, realizzando le demo di sei pezzi: due, Slowburn ed Here Comes the Flood, finiranno nel primo album, Flotsam and Jetsam nel secondo.

L’uomo del destino, che affiancherà Gabriel nel suo esordio solista, si chiama Bob Ezrin, non solo il produttore, già al lavoro con Alice Cooper e Kiss, ma soprattutto colui che provvederà ad assemblare la band intorno a Peter.

Ad accompagnare l’ex-arcangelo Gabriel saranno Larry Fast, tastiere e sintetizzatori, studioso dei suoni, che già aveva costruito e programmato i synth per Rick Wakeman, ed offerto i suoi servigi anche a Tony Banks, Steve Hunter e Dick Wagner, alle chitarre, collaboratori di Alice Cooper e Lou Reed, Robert Fripp, chitarre, l’uomo che ha pensato e creato i King Crimson, Tony Levin, basso e basso tuba, apprezzato session man durante gli anni ’70, e che diventerà il suo partner artistico lungo tutta la carriera, Allan Schwartzberg, batteria, già con Judy Collins, James Brown, Mountain, Barry Manilow, Van Morrison, Jimi Hendrix, Herbie Mann, Gloria Gaynor ed Alice Cooper, Jozef Chirowski, tastiere, collaboratore di Alice Cooper, Jim Maelen, percussioni, “one of the “first call” percussion players in New York City, during the golden years of the disco…”, ma anche Roxy Music, Laura Nyro, Gloria Gaynor, Barry Manilow, Frankie Valli

Una band stilisticamente eterogenea, molto “Detroit oriented” perché da lì proveniva Ezrin, una band apparentemente slegata che invece, grazie alla mano del produttore fece il miracolo: Gabriel iniziò a staccarsi musicalmente dai Genesis, del cui stile restavano soltanto alcune tracce che affioravano qua e là all’interno dei brani.

Chitarre insolitamente acide già dall’opening Moribund the Burgermeister, percussioni che spaziano dai ritmi spezzati di Modern Love a quelli quasi dance di Solsbury Hill, brano in cui Gabriel spiega la sua separazione dalla band che aveva contribuito a creare, transitando attraverso il vaudeville di Excuse Me, ma non solo: a partire dalla crepuscolare e crimsoniana Humdrum, e per tutta la seconda “facciata” dell’album, si passa dalle atmosfere blues di Waiting for the Big One alle virate hard rock di Slowburn, fino al prog-disco funk di Down the Dolce Vita, chiudendo con l’intensità di Here Comes the Flood brano che, insieme a Solsbury Hill, resterà nelle tracklist dei concerti fino ai giorni nostri.

Provare, sperimentare, azzardare: Gabriel, all’interno di un lavoro volutamente, o forse necessariamente, eterogeneo, inizia a guardarsi intorno, si confronta con vari generi, differenti stili, diverse forme espressive, avviandosi a ricercare una “quadra” che non tarderà ad arrivare; percussioni etniche, suoni elettronici, chitarre e basso distanti dagli stilemi prog, iniziano già da questo album la loro evoluzione che condurrà l’artista inglese a creare uno stile peculiare e riconoscibile negli anni a venire.

Peter Gabriel o “The Car”, così chiamato per via della copertina evocativa ed intensa, è la prima pietra di una costruzione musicale lunga almeno altri tre decenni, nei quali Gabriel continuerà a sviluppare, attraverso differenti tecnologie, l’aspetto musicale/visuale che già nei Genesis aveva iniziato a proporre attraverso i costumi e le maschere; dai video degli anni ‘80, sino alle installazioni “on stage” degli anni ’00 e ‘10, la sua carriera manterrà una totale coerenza, sonora ed estetica, integrando musica e tecnologia all’interno di un concetto di composizione “totale” di cui sarà non solo precursore, ma continuo innovatore.

Un musicista dall’enorme spessore culturale dunque, capace di attraversare più vite artistiche restando sempre e comunque fedele ad una visione precisa e costante.

(Charisma/Atco Records, 1977)

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