PAOLO BONFANTI – ELASTIC BLUES

(Aldo Pedron)

Per il suo 60° compleanno (Paolo Bonfanti è nato a Sampierdarena, Genova, il 15 novembre 1960), il miglior mancino di blues italiano si scrolla di dosso ogni tipo di etichetta e ci consegna un nuovo prezioso lavoro che declina il blues come non ha mai fatto in precedenza. Non le solite canoniche dodici battute bensì un disco ben più “elastico” (funk, rock, jazz, psichedelìa) che rappresenta un po’ il sunto di una lunga e splendida carriera.

16 brani pieni di sfumature che ripercorrono un lungo viaggio (dalla ventosa e industriale Sampierdarena, un quartiere di Genova), dalla sua primissima band la Hot Road Blues Band ai Big Fat Mama (dal 1985 al 1990) per poi diventare (da 30 anni ad oggi) per sempre solista, ma di quelli giusti.

Un musicista arrabbiato sempre alla ricerca di giustizia e coerenza, impegnato nel sociale e col fuoco del blues nelle vene.

Elastic Blues si presenta a forma di libricino rilegato (79 pagine), in una splendida ed elegante confezione che include un CD di oltre 70 minuti di musica, un prezioso cocktail di tecnica e creatività.

Inciso in piena pandemia con sforzi immani negli studi di Genova, Milano, Acqui Terme, Sesta Godano, Torino tra febbraio e luglio 2020, Paolo Bonfanti (chitarra elettrica, acustica e canto) ci stupisce ancora una volta con un album variegato, variopinto, decisamente riuscito, poco blues ma corposo, complesso e aggressivo.

Si passa dal folk americano al funk, dal free-jazz al blues sudista dei Big Fat Mama, alcune ballate ibride, l’armonica di Fabio Treves, la musica psichedelica e i Grateful Dead nella mente e nel cuore. Con lui ci sono i fedeli Roberto Bongianino alla fisarmonica, Nicola Bruno al basso e Alessandro Pelle alla batteria oltre ad una miriade di amici, ospiti, colleghi, compagni, tutti coloro che nel corso degli ultimi 35 anni hanno suonato e collaborato con lui. 

Nell’iniziale ALT! (che in tedesco significa vecchio) un rock cattivo al punto giusto di oltre 7 minuti, ci sono le chitarre “drone” di Fabrizio Barale, il crash spezzato di Eugenio Merico, la cavalcata al basso di Andrea Cavalieri, un po’ di Yo Yo Mundi con cui ha inciso in precedenza mentre in The Noise Of Nothing parafrasando The Sound Of Silence (il “suono del silenzio”) di Simon & Garfunkel si arriva invece qui al “rumore del nulla” con Roberto Bongianino alla (fis)armonica che suona come un organo in sottofondo e Paolo Bonfanti che arpeggia alla chitarra e voce disincantata.  

Haze è l’unica cover del disco, ripresa dall’album di Bobby &The Midnites, un progetto parallelo ai Grateful Dead di Bob Weir del 1981 che per l’occasione era accompagnato da Brent Mydland alle tastiere e voce, Matthew Kelly all’armonica, Billy Cobham alla batteria e Alphonso Johnson al basso. Un testo lisergico nella miglior tradizione Dead e Bonfanti che qui riunisce la sua intera band anni ’90 con Andrea Costanzo e Nicola Martinelli alla batteria, Germano Jori al basso, Ermano “Lollo” Petroncini (al piano Fender Rhodes) e Massimo Berri alla chitarra elettrica.

In Love With The Girl è una canzone d’amore con l’elenco delle donne di cui Paolo si è innamorato o al limite si potrebbe ancora innamorare. Le liriche parlano di una ragazza che suona il violino ed ecco Annie Staninec che ha proprio inciso con lui il pezzo il 19 maggio 2020 nel sua home studio.

Heartache By Heartache, è una “outtake di “Pracina Stomp” il disco da lui inciso in coppia con Martino Coppo nel 2019, una ballata country a ricreare l’atmosfera di Hank Williams con la pedal steel guitar di John Egenes, un americano trapiantato in Nuova Zelanda.

Don’t Complain presenta la Paolo Bonfanti Band versione anni 2000 con una prorompente sezione ritmica formata da Rosalba Grillo al basso, Alessandro Pelle alla batteria e la chitarra senza freni di Gabriele Marenco.

Fìn De Zugno è proprio “l’ultimo giorno di giugno” del 1960 quando la popolazione di Genova insorse contro il governo del democristiano Tambroni che aveva deciso di includere nell’esecutivo i fascisti. Uno scontro molto duro con la polizia con epicentro in Piazza Raffaele De Ferrari. Paolo Bonfanti si fa accompagnare da una sezione d’archi delle fantastiche ragazze dell’Alter Echo String Quartet (due violini, viola, cello).

We’re Still Around è incisa con i suoi vecchi compagni, i Big Fat Mama (Piero De Luca, Maurizio Renda, Mauro Mura) mentre A O Canto che in genovese vuol dire “all’angolo” e in inglese “on the corner” è dove a Sampierdarena, adiacente alla chiesa della Cella, in fondo a Via Giovannetti verso il mare, i suoi nonni avevano un negozio di dischi. Doppia batteria con Michele Bussone e Nicholas Remondino, il piano elettrico di Aldo De Scalzi alla Chick Corea, la sezione fiati funk/free jazz dei Fratelli Lambretta/ AnanasnnA e la tromba in sordina di Giampaolo Casati.

I Can’t Find Myself è un vecchio shuffle, Chicago o Texas style (dallo stesso tema della sua  “Takin’ A Break” dall’album omonimo del 2011 per il Club De Musique) con Fabio Treves all’armonica e Paolo Bonfanti alla toy drum kit e al basso elettrico!

Hypnosis è lo stato che più affascina il pigro Bonfanti e a seguire Sciorbì/ Sciuscià dove è curioso il legame tra il dialetto genovese e i ritmi cajun della Louisiana con la fisarmonica di Roberto Bongianino. Nel brano che dà il titolo album, Elastic Blues si alternano in alcuni assolo il giovane chitarrista Matteo Cerboncini (chitarra solista e ritmica) e Roberto Bongianino alla fisarmonica.

Il quinto brano del disco era Unnecessary Activities in una versione di oltre 4 minuti decisamente jazz a scomodare Sun Ra ma lo stesso Miles Davis e John Mc Laughlin tutti in un colpo. In chiusura viene ripresa invece Unnecessary Activities (slight return) ovvero “le attività non necessarie” la realtà che ci circonda, soprattutto in un periodo in piena pandemia, una clausura forzata di quando sei relegato in casa e la musica, l’arte e la cultura per molti sono attività e pratiche inesistenti, non importanti per chi ci governa e in riferimento anche al capitalismo che oramai ci ha imposto le regole del gioco: lavorare, produrre e consumare e poi crepare. Una sorta di funk ma anche soul gospel con tanto di “call and response” con una inedita sezione fiati (tre sax, tromba e trombone in chiave free- jazz), il violino di Lucio Fabbri (PFM) il basso elettrico di Stefano Risso e le voci di Valeria Bruzzone, Morena Campus e Matteo Merli.

Paolo Bonfanti è universale, una mente illuminante e quest’ultimo lavoro Elastic Blues assai differente da ogni suo album precedente è la storia di una vita, un racconto di un artista geniale, generoso, poliedrico, acuto, un disco importante summa totale di una intera esistenza. Lui stesso ritiene, sono sue parole: il posto più sicuro al mondo è sul palco, perché il blues é la mia casa dove si torna sempre dopo aver fatto numerosi viaggi, anche molto lunghi e il blues me lo porto sempre dietro e dentro e lo posso sempre adattare a tutto dato che io sono quel che suono.

(Rust Records – 2020)

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