Marc Brierley e la scena folk-rock inglese

(Pierangelo Valenti – 19 dicembre 2019)

Marc Brierley di Derby, classe 1944, è un’artista “minore” della scena folk rock inglese di fine anni Sessanta con qualche rara escursione nell’acid folk e nel pop vagamente psichedelico. Ottimo chitarrista e delicato cantautore, accostabile per molti aspetti alla vena dei contemporanei Donovan e Bert Jansch, incline a suoni quasi esclusivamente acustici, finì come molti suoi colleghi e su suggerimento del manager Ashley Kozak, lo stesso del menestrello scozzese, a farsi accompagnare nel suo ep omonimo di debutto per la storica etichetta Transatlantic Records e nei due album seguenti per la CBS, “Welcome To The Citadel” (1968) e “Hello” (1969), da una sezione ritmica rock (Tony Reeves all’epoca bassista nei Colosseum) impreziosita da violoncello, violino e tromba (Henry Lowther, ex Bluesbreakers). Sebbene i dischi, piacevoli con testi intimistici, trascendentali, sognanti, intrisi di filosofia zen/sufi, influenzati dai racconti esoterici e dal simbolismo occulto alla Tolkien, allineati musicalmente ai canoni di certo folk rock britannico di nicchia, non riscossero grande successo, tuttavia Brierley, grazie ad un efficace passaparola di membri influenti del movimento in rapida ascesa, si trovò impegnato in una lunga serie di concerti nelle coffee house ed in piccoli locali dell’area londinese in compagnia di Sandy Denny, John Renbourn, Trevor Lucas e Al Stewart giungendo addirittura ad aprire le date di un tour inglese dei Fairport Convention ai tempi di “Babbacombe Lee”. Alla fine del 1973, per motivi che non è dato conoscere, si ritirò dall’ambiente musicale professionistico per ricomparire quasi a sorpresa quarantacinque anni dopo con un’intera performance da solista al Betsey Trotwood, un rinomato storico pub di Londra. I suoi album – i vinili originali vengono contesi dai collezionisti a cifre improbabili – sono stati pubblicati a cura della Sanctuary nel doppio cd “Autograph of Time: The Complete Recordings 1966-1970” (2005), e di nuovo nel 2014 dalla Cherry Red Records includendo tutti i singoli tratti dagli lp e otto bonus inedite scoperte negli archivi della Island presso i cui studi il musicista aveva registrato una session informale di demo caduta nell’oblio. Scriveva il critico Richard Morton-Jack su “Record Collector” in occasione dell’uscita della prima antologia: “La sua reputazione non ha mai smesso di crescere ed una recente retrospettiva su cd gli ha regalato un pubblico molto più vasto di quello che ha sempre avuto”. A ben giudicare dalle news riportate nel suo sito ufficiale sembra godere di ottima salute ed essere tuttora in attività.

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