Maad – Maad

(Andrea Romeo)

L’underground milanese, durante gli anni ’70, è stato un importante laboratorio di esperienze politiche, culturali ed artistiche che, iniziate nel decennio precedente, proseguirono con differenti sviluppi anche in quello successivo; in questo contesto decisamente vivace e spesso turbolento, si inseriscono i Maad, appartenenti a quell’insieme di gruppi musicali che furono tra i fondatori della Cooperativa L’Orchestra, attiva in città proprio in quegli anni, e fino al 1983; erano, perché sono ormai passati quasi quarantacinque anni, giovani musicisti d’avanguardia avventuratisi nello sviluppo di un progetto allora forse troppo complesso, troppo “avanti” per poter essere recepito interamente dal grande pubblico, ovvero la fusione tra più stili musicali, alcuni dei quali abbastanza eterogenei, tra cui jazz, funky, la musica popolare, quella etnica, il progressive, i ritmi afro-americani…

Se avessero realizzato il loro lavoro qualche anno dopo forse le cose sarebbero andate diversamente, ma per fortuna la ristampa del loro primo ed unico album che all’epoca, per caso se non per vera e propria scelta, non attirò l’attenzione dei grossi discografici, permette di riscoprirne lo stile e, nel contempo, di apprezzarne il notevole talento come compositori, arrangiatori ed esecutori.

Pino De Vita, pianoforte a coda, piano verticale preparato, piano elettrico, trombone e voce, allora studente di composizione e di musica elettronica presso il Conservatorio di Milano, coautore non accreditato, per questioni di iscrizione alla Siae, del celeberrimo brano Tema portato al successo dai Giganti, è stato poi per lunghi anni docente di Educazione Musicale ed ancora oggi è attivo, discograficamente e dal vivo, sia in “solitaria” che all’interno di piccoli ensemble.

Qui è possibile leggere un’intervista che realizzai insieme a lui qualche anno fa… http://www.lisolachenoncera.it/rivista/interviste/pino-de-vita-il-pianoforte-nel-cuore-e-nelle-mani/

Attilio Zanchi, chitarra acustica, chitarra elettrica, basso, bouzouki e voce, collaboratore di Guido Mazzon e del Nuovo Canzoniere Italiano di Ivan Della Mea è oggi un importantissimo contrabbassista e bassista jazz; nel 1980, grazie ad una borsa di studio presso la University of Fine Arts, Banff, Canada ed il Creative Music Studio di Woodstock, Usa, perfezionò lo studio del contrabbasso con Dave Holland, e dell’improvvisazione, con Karl Berger, George Lewis, Sam Rivers, Jimmy Giuffré, Ed Blackwell, Lee Konitz, Kenny Wheeler, Jack De Johnette e John Abercrombie, con i quali si esibì in numerosi concerti dando il via ad una lunga serie di eccellenti collaborazioni che dura tuttora.

Renato Rivolta, sax soprano, tenore, flauto ed ottavino, con interessanti esperienze come sassofonista insieme agli Stormy Six ed ai Come le Foglie, ha poi intrapreso una notevole carriera di direttore d’orchestra, affiancandola ad una altrettanto rilevante come docente, sempre in direzione d’orchestra, presso la Civica Scuola di Musica di Milano Claudio Abbado, in collaborazione con le orchestre I Pomeriggi Musicali, Milano Classica, Orchestra G. Verdi.

Jonathan Scully, vibrafono, marimba, congas, timpani, percussioni fu, all’epoca, tra i principali animatori della Scuola Popolare di Strumenti a Percussione del Teatro Officina a Milano ed è stato successivamente un affermato percussionista, docente di percussioni e timpanista presso la Filarmonica della Scala, così come il collega californiano David Searchy, vibrafono e percussioni, con il quale ebbe una sorta di carriera parallela, scomparso nel 2011, musicista nei confronti del quale sono state spese parole importanti, definendolo come un docente “… che non amava distinguere i generi, poiché la musica era intesa in senso totale e universale, generoso, aperto e appassionato, dinamico e vitale. Un insegnamento che è sempre andato nella direzione dell’incrocio di linguaggi, come confermano i percorsi artistici dei suoi studenti, che hanno trovato sbocchi professionali nelle formazioni più svariate”.

Ed infine, Joe Castanuela, batterista che vantava una notevole esperienza musicale acquisita, negli Stati Uniti, all’interno di orchestre di jazz e di musica leggera, e del quale si sono poi letteralmente perse le tracce, e Lucinda Mirk alle voci.

Un album strumentale, il loro, dal sound molto personale, abbastanza anomalo ed all’avanguardia per l’epoca: questo spirito di ricerca e sperimentazione è chiaramente percepibile nelle cinque tracce che lo compongono, ovvero African Norge, Bouzouki, Giugno ’75, A Milano è Dura e Zabaz.

La produzione venne affidata a Shel Shapiro, frontman dei Rokes, le registrazioni avvennero presso gli studi Mondial Sound di Milano, il 26 Aprile, 1976 mentre per il missaggio ed il transfer, rigorosamente analogici, dietro al leggendario banco mixer anch’esso, analogico… presente negli studi di registrazione Regson di Milano (oggi Officine Meccaniche, di proprietà di Mauro Pagani), sedeva l’indimenticato Paolo Bocchi che, in quegli anni ed in quelli successivi, curò i suoni per diversi importanti artisti tra cui Juri Camisasca, Gian Pieretti, Franco Battiato, Patty Pravo, Gaetano Liguori, New Trolls, Adriano Celentano, Ornella Vanoni, Leo Ferrè, Luca Barbarossa, i Vanadium, Federico Monti Arduini, e Giorgio Gaber.

L’attività musicale proseguì anche negli anni immediatamente successivi: nel 1977 uscì un singolo contenente i brani Zabaz e Giugno ’75, già presenti nell’album, seguito nel 1978 da un secondo in cui trovarono posto gli inediti Wake Up ed Erhabe.

In entrambi, un brano utilizzato in ambito televisivo: Zabaz apparve nella trasmissione A tu per tu con gli Animali mentre Wake up fu la sigla di Tre pezzi facili.

Nel solco di band come Perigeo, Aktuala, I.P.Son Group i Maad si ritagliarono un piccolo ma significativo spazio nell’evoluzione di quello che, all’epoca, venne definito genericamente jazz-rock, inserendovi oltretutto connotazioni etniche non ancora particolarmente frequenti nel panorama musicale italiano.

(Divergo, 1976/Mellow Records, 1997)

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