Liquid Tension Experiment – Liquid Tension Experiment 3

Diciamo che, usando un eufemismo, se la sono presa discretamente comoda, questi quattro signori, nè poteva essere altrimenti, considerando la quantità di impegni, progetti, collaborazioni a cui hanno messo mano negli ultimi… ventidue anni!!!

Già, perché l’ultimo album a nome Liquid Tension Experiment, il loro secondo lavoro,risale esattamente al 15 Giugno del 1999, praticamente una vita fa.

Ventidue anni in cui Tony Levin, John Petrucci, Mike Portnoy e Jordan Rudess hanno avuto davvero parecchio da fare: Levin, oltre a registrare ed andare in tour con Peter Gabriel ed i King Crimson, ha lavorato a numerosi progetti, tra cui L’Image, con Mike Mainieri, Warren Bernhardt, David Spinozza e Steve Gadd, HoBoLeMa con Allan Holdsworth, Terry Bozzio e Pat Mastelotto, ancorai progetti Stick Man, Levin/Minnemann/Rudess oltre ad un paio di album di Steven Wilson.

Petrucci si è dedicato ai sempre più “suoi” Dream Theater, si è esibito con il progetto G3, è apparso sugli album di Jordan Rudess, Derek Sherinian, Marty Friedman e Bryan Beller, ha pubblicato due album solisti, Suspended Animation nel 2005 e Terminal Velocity, uscito l’anno scorso, insieme a Mike Portnoy e Dave LaRue.

Portnoy… beh, cercando di non dimenticare nessuno: Transatlantic, Avenged Sevenfold, Adrenaline Mob, Flying Colors, The Winery Dogs, Neal Morse/Neal Morse Band, Metal Allegiance, Sons of Apollo, BPMD e ovviamente Petrucci.

Rudess che all’apparenza pareva essere il più tranquillo, oltre agli album con i Dream Theater (diciassette…) ha pubblicato tredici album solisti ed ha lavorato con una lunga serie di artisti tra cui Vinnie Moore, Annie Haslam, Prefab Sprout, David Bowie, Neal Morse, Steven Wilson, Ayreon, The Sea Within e Nick D’Virgilio, oltre ad alcuni interessanti progetti quali Levin/Minnemann/Rudess, Rudess/Morgenstein Project ed un paio di releases con Petrucci e con Steve Horelick.

Insomma, quattro superstar, quattro musicisti incredibili, vulcanici, richiestissimi e davvero prolifici, incapaci di stare fermi se non per brevi periodi: che abbiano trovato il tempo per scongelare il progetto LTE risulta veramente incredibile, eppure…

Il singolo uscito all’inizio del 2021, The Passage of Time, aveva già chiarito parecchio riguardo a ciò che sarebbe successo da lì a poco: un’accoppiata, quella formata da Petrucci e Portnoy, che sta vivendo una sorta di seconda vita artistica, Rudess in forma smagliante e, ma non c’erano dubbi, unLevin che, giunto in vista dei 75 anni di età, non ha alcuna intenzione di abdicare al suo ruolo di bassista eclettico, certamente tecnico, ma capace di accompagnare con grande gusto, e senza affanno di sorta, i suoi tre compari, tra l’altro molto più giovani, viaggiando spesso a velocità clamorose ed inerpicandosi con loro verso vette esecutive decisamente improbe.

Quattro macchine da guerra dunque e, per qualche critico ostinato, fredde e senza cuore: affatto, ed è sufficiente ascoltare il secondo singolo Beating The Odds per capire che, oltre che musicisti clamorosi, sono anche inguaribili romantici, in grado di creare motivi che, grazie alla passione ed alla tecnica, scorrono fluidi e ricchi di stimoli.

Poi, certo, arriva Hypersonic e si comincia a correre, quasi a rotta di collo, ma la differenza rispetto ad altre situazioni simili è che non mancano mai la melodia e soprattutto quelle armonizzazioni che caratterizzano da sempre la scrittura dei Liquid Tension Experiment: il break centrale in stile “barocco”, che vira verso l’epic metal, è un vero e proprio gioiellino; da segnalare, quale parte integrante di questa nuova proposta del quartetto, il notevole lavoro fatto da Christian Rios nella realizzazione e nel montaggio dei video che accompagnano i brani, in cui le scelte artistico/visuali paiono davvero azzeccate ed in linea con lo stile e l’approccio esecutivo della band.

Proseguendo con i brani ecco Liquid Evolution, pezzo lento, meditativo, davvero strano, o per lo meno inusuale per il quartetto, che ricorda di sfuggita certi passaggi del Peter Gabriel di fine anni’80, primi anni ’90 ma anche i King Crimson più riflessivi, artisti che i quattro conoscono molto bene e spesso frequentano; Chris & Kevin’s Amazing Odyssey invece, è in pratica la terza parte del trittico iniziato nel primo album con  Chris and Kevin’s Excellent Adventure e proseguito poi con Chris & Kevin’s Bogus Journey presente su Spontaneous Combustion: Chris e Kevin altri non sono che Mike e Tony, chiamati in modo errato dai fotografi che lavoravano alla cover del primo album… un mistake che, evidentemente, è rimasto impresso nella loro memoria, e del quale hanno fatto una sorta di piccola saga ritmica sperimentale.

La cover di Rhapsody in Blue invece, già arrangiata ed eseguita dal vivo nel tour del 2008, merita davvero un discorso a parte, perché anche il solo ipotizzarla, da parte di un quartetto così assortito, è stato sicuramente un vero colpo di genio; operazioni simili erano già state fatte, sia in ambito metal che dance (ad esempio la Fifth of Beethoven all’interno della colonna sonora di Saturday Night Fever…) ma questo brano, per come è stato analizzato, destrutturato, riassemblato, suddiviso e riproposto in studio, peraltro con felicissime scelte interpretative, è davvero qualcosa di eccellente.

Shades of Hope riprende invece il discorso di Liquid Evolution e propone un duetto tra chitarra e pianoforte decisamente romantico, un momento di totale relax in cui Levin e Portnoy ascoltano i loro colleghi prima che inizi Key to the Imagination, a cui fa in pratica da introduzione: un paio di minuti per creare la giusta atmosfera, poi la sezione ritmica apre le danze proponendo un ritmo spezzato a cui Petrucci e Rudess si adeguano immediatamente; il brano si distingue per le scelte timbriche dei musicisti che si divertono parecchio a variare i suoni. Non si corre, questa volta, ma si viaggia comunque a ritmo sostenuto, come farebbe un gruppo di amici lungo una strada che richiama, nel suo scorrere, l’oriente, i suoi colori, le sue immagini.

Per coloro che avranno in mano l’edizione con due dischetti c’è poi un’occasione davvero ghiotta perchè Blink of an Eye, Solid Resolution Theory, View from the Mountaintop, Your Beard is Good e Ya Mon sono in pratica cinque improvvisazioni, dall’andamento soft, realizzate in studio durante le registrazioni dell’album.

Qui i quattro vanno totalmente a ruota libera, offrendo la possibilità di poter ascoltare che cosa siano in grado di creare partendo giusto da un’idea di massima, neppure da un canovaccio; è davvero un momento di altissima musicalità in cui si comprende, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la qualità artistica che sono in grado di esprimere.

(Inside Out Music, 2021)

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