Kaipa – Urskog

(Andrea Romeo)

Tra le varie caratteristiche per cui i paesi nordici sono universalmente e proverbialmente conosciuti, l’ambiente naturale spicca certamente tra quelle più rilevanti per cui non è affatto un caso che, ad un certo punto della propria carriera, un gruppo storico come i Kaipa, nati come Ura Kaipa nel lontanissimo 1973, abbiano deciso di dedicare alle “landscapes” svedesi, osservate durante il lento fluire delle stagioni, un intero lavoro e precisamente il loro quindicesimo album in studio, Urskog, che tradotto può significare foresta vergine, foresta primordiale, bosco selvaggio o anche bosco nascosto… riferimenti chiarissimi ad una natura ancora quasi del tutto incontaminata, da scoprire e da conoscere.

E la band svedese, il cui leader, cantante e tastierista Hans Lundin resta l’unico membro originario presente, non poteva che affrontare questo viaggio, all’interno delle proprie terre con un approccio ed uno stile consolidati in oltre quarant’anni di carriera, attraverso sonorità precise e riconoscibili, il tutto grazie ad una lineup stabile dal 2006, anno in cui ha fatto il suo ingresso il chitarrista Per Nilsson, e che vede Patrik Lundström ed Aleena Gibson alle voci, Jonas Reingold al basso (tecnicamente una sicurezza, ma soprattutto fantasia nel creare linee) ed una notevole new entry, Darby Todd (già con The Darkness, Robert Plant, Devin Townsend, Gary Moore, Martin Barre, Joe Lynn Turner, Robben Ford e Paul Gilbert) alla batteria, ingresso importante perché ha innestato ritmica e groove incisivi nel sound della band.

Ed è proprio la sezione ritmica Reingold/Todd a modificare sensibilmente l’andamento delle sei tracce che compongono questo lavoro, perchè in diversi passaggi spingono i compagni verso territori limitrofi alla fusion, quando non al jazz, permettendo a chitarre e tastiere evoluzioni, incastri sonori precisi e fluidi sui quali le voci, assolutamente al loro meglio ma in generale mezzo passo indietro, rispetto al mood strumentale dell’album, hanno agio di intervenire con le spalle ben coperte.

The Frozen Dead of the Night, In a World of Pines, Urskog, Wilderness Excursion, In the Wastelands of my Mind, The Bitter Setting Sun sono i titoli delle sei, chiamiamole così, escursioni che il sestetto ha deciso di intraprendere per scoprire, ed in certo qual modo riscoprire, un territorio ricco di suggestioni, di scorci, di situazioni ambientali che si prestano assolutamente ad essere tradotte in musica, soprattutto da parte di musicisti che, nell’ambito di quei contesti, vivono.

Supportati da Elin Rubinsztein al violino e da Olof Åslund al sassofono, i Kaipa iniziano questo loro viaggio partendo da notturne e buie atmosfere invernali, raccontate con un pizzico di malinconia, la stessa che si può provare stando intorno ad un fuoco quando fuori il gelo ricopre tutto quanto: le tastiere e le chitarre evocative di Lundin e Nilsson forniscono la colonna sonora della narrazione, la ritmica la conduce attraverso un percorso lineare, ma non privo di asperità; la suite The Frozen Dead of the Night, nei suoi quasi venti minuti in cui descrive il lento passaggio dal gelo invernale alla primavera, è tutto questo, ma anche molto altro se, e quando, l’immaginazione dell’ascoltatore viene lasciata libera di correre.

Per comprendere davvero i Kaipa occorre immedesimarsi nei loro racconti, perché i dettagli strumentali sono pezzi di un puzzle fotografico che va messo insieme, per poter essere inteso: In a World of Pines brano dall’introduzione quasi pastorale, si sviluppa poi attraverso una serie di sequenze di vuoti e pieni strumentali, seguendo una dinamica che, grazie ad una precisione strumentale quasi chirurgica e ad una prestazione vocale maiuscola, esprime un fascino ed un magnetismo quasi seduttivi.

E la titletrack che descrive specie nei passaggi strumentali questa foresta così misteriosa ed imperscrutabile, lo fa attraverso una scelta di timbri sonori affatto casuale, in grado davvero di rappresentarne gli angoli più oscuri ed impenetrabili. 

Quello dei Kaipa è un prog rock classico, che affonda le radici nel folklore svedese ma si sviluppa con arrangiamenti figli del british rock: il risultato è un’espressione sonora che a tratti sfiora il pop, pur non negandosi progressioni complesse e passaggi intricati che tuttavia risultano assolutamente digeribili anche per un neofita; gestire un mood così composito rendendolo accessibile è uno dei molti pregi di questa band.

Una menzione particolare va fatta per il chitarrista Per Nilsson che, proveniente da situazioni prog-metal/melodic death metal (Scar Symmetry), extreme metal (Meshuggah) e power metal (Nocturnal Rites), conferma personalità, gusto e versatilità assolute, in grado di leggere i brani interpretandone al meglio lo spirito.

Il tocco vintage nel suono dei Kaipa viene fuori spesso e, nello strumentale A Wilderness Excursion,l’alfiere latore di questo sound è un ruggente, immarcescibile ed inimitabile Hammond, strumento “d’epoca” se vogliamo, che lega a doppio filo i Kaipa ad un passato che è storia, ma ad un presente e ad un futuro che sono ricerca per quanto riguarda i suoni, la loro interpolazione ed il loro sviluppo: in tal senso le tastiere di Lundin sono quell’elemento di continuità che contribuisce a definire uno stile.

Completano la tracklist In The Wastelands Of My Mind ricca di aperture ariose ed armoniose grazie al violino di Rubinsztein, che nel suo incedere risulta il più evidente punto di contatto con il folk di cui si parlava e The Bitter Setting Sun, con il sax di Åslund in bella evidenza, a raccontare la fine dell’estate, il lento accorciarsi delle giornate, e la preparazione della natura all’arrivo dell’inverno.

Veri e propri pionieri, appartenenti alla cerchia di coloro che hanno creato e sviluppato sin dagli inizi il prog-rock svedese, i Kaipa si reinventano per l’ennesima volta, fedeli alle proprie origini ma capaci di guardare avanti, di vivere l’oggi senza eccessive nostalgie, traghettando nel presente buona parte di ciò che è stato il loro passato, ma guardando avanti, al prossimo domani.

(Inside Out/Sony Music, 2022)

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