JACQUES VILLENEUVE – PRIVATE PARADISE

Quando la musica unisce. Seville, Gilles, Jacques, Gilles: ieri, oggi, domani

(Angelo Cabiati)

Quella che segue non è una vera e propria recensione (e nemmeno lo vuole essere), ma è una sorta di racconto, una storia che unisce quattro generazioni, che inizia negli anni Trenta del secolo scorso e arriva fino ai giorni nostri. Una storia dove la musica può apparire secondaria ma che, in realtà, è una presenza costante. Il tutto ha inizio un terribile giorno di quarant’anni fa e questo inizio è paradossalmente legato ad una fine.

C’era una data, l’otto di maggio ………………”; così cantavano i Nomadi nel brano “Ho difeso il mio amore”. E l’otto di maggio rimane una data molto particolare nella memoria, nel cuore, di molte persone che, forse, con il mondo della musica hanno poco a che fare, ma che alla musica, almeno indirettamente, vengono legati. Questo legame porta un nome che non lascia indifferenti: questo nome è Gilles Villeneuve.

La data storica è quel maledetto 8 maggio 1982 quando un ultimo volo si portò via uno dei piloti più grandi di tutti i tempi, un pilota capace di unire le generazioni che l’hanno “vissuto” in prima persona a quelle che sono venute dopo. Una magia che è riuscita a pochissimi, ad uno o forse a due, a quel “mantovano volante” che portava il nome di Tazio Nuvolari e a “O Rey dos Formula 1” Ayrton Senna.

In questo accostamento entra anche la musica perché, per entrambi, Lucio Dalla scrisse canzoni di grande intensità; al mantovano volante dedicò nel disco “Automobili” (pubblicato nel 1976) “Nuvolari” e “Mille Miglia” mentre per Senna, esattamente venti anni dopo (nel 1996 nel disco “Canzoni”) ci fu la meravigliosa “Ayrton”.

Il racconto di oggi vuole unire due date, quell’8 maggio 1982 a questo 8 maggio 2022. In mezzo quarant’anni di ricordi, quarant’anni di emozioni sempre vive, quarant’anni in cui la musica è rimasta sempre un filo conduttore nel segno di, dei, Villeneuve.

La storia inizia con papà Seville, pianista professionista; l’amore per la musica non ha “contagiato” del tutto questo suo figlio votato alla velocità, ma non lo ha lasciato nemmeno indifferente. Gilles sceglie la tromba e questo strumento diventa, per lui, fonte di relax nel motorhome, la sua casa nei circuiti dove, però, la musica preferita resta sempre quella del dodici cilindri Ferrari.

In quel motorhome crescono i figli Jacques e Melanie e la musica, piano piano, diventa anche per loro compagna di viaggio.

Ed eccoci, allora, a parlare di un disco (dell’unico disco) pubblicato nel 2007 da Jacques Villeneuve, dieci anni dopo essere diventato campione del mondo di Formula 1. Jacques, che ha portato sulle spalle la tremenda eredità di un padre diventato leggenda, è riuscito a realizzare il sogno di quello stesso padre scomparso troppo presto senza riuscire a vincere quello stesso titolo. Jacques con questo disco ha reso omaggio anche a nonno Seville a distanza di vent’anni esatti dalla sua scomparsa.

Private Paradise” è sicuramente un lavoro ben costruito dove, e non poteva essere altrimenti vista la storia del protagonista, nulla è lasciato al caso. Tredici brani, nove in inglese e quattro in francese: sei composti dallo stesso Jacques, uno (“Father”) con la sorella Melanie, altri cinque scritti, a dire dello stesso Jacques, da amici non professionisti e una cover (“Women come women go” di Gazebo). Jacques non solo canta, ma suona anche il pianoforte nel brano conclusivo “Mother Earth”.

Non si può non iniziare con il brano sicuramente più importante, più personale, decisamente autobiografico, dall’inequivocabile titolo: “Father”. Questa canzone è una dolcissima melodia dedicata a Gilles, scritta inizialmente da Melanie pochi anni dopo la morte del padre e rimasta incompiuta per molti anni. La stessa Melanie e Jacques l’hanno poi ripresa, completata e cantata assieme in questo disco: “a very emotional moment” scrive Jacques sul libretto che accompagna il CD.

La tua vita non è stata lunga come la vita di un uccello, hai avuto un solo cielo e come un’aquila un giorno hai volato troppo in alto oltre i limiti fissati dall’ignoto………. E lassù dove il vento è forte e non c’è nessuna possibilità di tornare indietro ci siamo persi e ritrovati nei boschi dove i semi dell’amore crescono………….. In tanti ti hanno tenuto in grande stima, a tanti hai dato felicità come in un sogno, come in un sogno.

Padre mi manchi così tanto, padre perché hai dovuto andare così lontano dove io non posso andare, da qualche parte dove io non so”.

Questa canzone è un concentrato di commozione, di emozione, di malinconia, di ricordi; è l’elaborazione di un dolore che Jacques e Melanie riescono meravigliosamente a tradurre in musica e parole.

In questo disco ci sono molte collaborazioni, tra queste c’è da segnalare quella di Max Gazzè nel brano “Foolin’ around” che apre il CD, poi i duetti con le artiste canadesi Elyanne (Ely) Breton in “The Ones” e Amelie Veille in “Why did you come?” oltre a quello con la sorella Jessica (nata dal secondo matrimonio di mamma Joann) in “Étrangers”.

Come si può notare tutta la produzione è fortemente caratterizzata da presenze molto vicine alle origini franco canadesi di Jacques quasi a sottolineare quel senso di famiglia che rimane come un’impronta, una traccia, una via da seguire con orgoglio.

Si parla di amicizia in “You are” che Jacques dichiara essere la sua canzone preferita, una dolce ballata dove le parole sono accompagnate da una musica altrettanto “morbida”.

Si parla di amore in “Tout dire” (il primo brano scritto interamente dallo stesso Jacques), una dolce canzone in francese che descrive la consapevolezza di un amore finito mentre in “The Ones” e “Foolin’ around”, al contrario, c’è la ricerca di un nuovo amore. Quest’ultimo brano ha una base essenzialmente rock che accompagna l’intera esecuzione. 

Il francese ritorna in “Accepterais-tu?”, mentre con “Why did you come?”, canzone che Jacques dichiara come “nata per caso” dopo una bella serata passata con gli amici, si ritorna ad un ritmo più incalzante sottolineato dal “dialogo” a due voci; molto bella la parte finale dove le voci dei protagonisti sono sostituite dalla musica che ritorna protagonista.

Efficace, invece, un’altra canzone in francese “Vaguement” soprattutto per la parte musicale che ci porta, idealmente, sulle strade di Parigi. Con “Lullaby” si ritorna a far vibrare le corde del cuore con una chitarra dominante sullo sfondo di una voce che sembra accarezzare l’aria.

Jacques firma anche la canzone che dà il titolo all’intero disco, “Private paradise” e qui dà prova di saper costruire un brano ben miscelato tra parole e musica lasciando correre i sentimenti verso un traguardo di libertà: “Quando ti vedo camminare per strada, cantare……sempre felice, mi chiedo come? Perché? Dove? Quel tuo paradiso vive e sopravvive nel tuo cuore? Nella tua testa? È tutt’intorno? Sto ottenendo un biglietto di prima classe per raggiungere il cielo, quel luogo in cui sopravvivono i sogni, sopravvive il tuo paradiso privato.” L’autore è come se stesse parlando con qualcuno ma, in realtà, l’interlocutore è solo il proprio io, la propria ricerca di quel paradiso presente solo nel proprio cuore e nella propria anima.

Quasi come in un conflitto ecco, subito dopo, “Etrangers”, un brano decisamente a tinte scure: “Una ragazza sta camminando per strada a testa in giù………il grigio marciapiede è il suo universo……….cosa vede in questo mondo privo di anima e di vita?………..”, poi un susseguirsi di domande cariche di angoscia e di buio. L’apparire, poi, di una figura maschile immersa nella stessa angoscia e nello stesso buio (“……..un uomo cammina da solo e solo il vuoto lo segue”) compensa uno sgomento che è di tutti: “….un mosaico vivente incombe a terra, piccole formiche che corrono ovunque nell’universo, quante milioni di teste perse tra le nuvole, quanti milioni di cuori riscaldati dal sole, quanti milioni siamo noi, ognuno la sua piccola storia, quanti milioni siamo noi, quanti milioni, quante storie”. Questo brano ci restituisce un Jacques Villeneuve autore sincero e propenso ad una non indifferente ricerca interiore; non a caso è cantato nella sua lingua madre e lo stesso Jacques scrive che: ”Ho incominciato a scrivere questa canzone in un periodo molto felice e non ricordo perché ho sentito il bisogno di esprimere queste sensazioni”.

Il disco si chiude con la dolce ballata (dove Jacques suona il pianoforte) “Mother Earth” e con parole di speranza: “……la tempesta sta tornando portando un vento per sciacquare madre terra, una doccia fredda per pulire la ferita……… i bambini stanno sognando di nuovo volando con il vento…………la neve sta cadendo di nuovo per coprire madre terra, stendere lentamente un camice bianco per curare la ferita, portando un domani migliore”.

“Private Paradise” è un disco che rappresenta un traguardo raggiunto da un uomo, da un pilota, da un artista, abituato a sostenere sfide che mettono alla prova la propria capacità di affrontare stimoli ed ostacoli, allo scopo di poter esprimere tutta la creatività, l’estro, la fantasia insita nella propria natura di sportivo pronto ad affrontare il rischio di una sala d’incisione così come quello di una curva percorsa ad una velocità impressionante.

Per questa ragione, anche se questo disco non ha scalato le classifiche se è, anzi, passato fondamentalmente inosservato esso rappresenta comunque una vittoria, poiché rende omaggio alle eredità ricevute.

La storia, a questo punto, finisce con un nuovo inizio, una storia tutta da costruire per una trama che sembra infinita……1982-2022. Il 27 (numero non casuale) gennaio 2022 Jacques Villeneuve ha annunciato la nascita del suo quinto figlio che ha chiamato Gilles.

Non è possibile prevedere la vita di nessuno ma, molto probabilmente, il “nuovo” Gilles Villeneuve non potrà rimanere sordo al richiamo della musica sia che siano le sette note del pentagramma o quella di un potente motore da corsa.  

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