Intervista: dalla Cina a Nashville, Wu Fei racconta in anteprima a “Girls United!” il nuovo album, frutto della collaborazione con Abigail Washburn.

(Raffaella Mezzanzanica – 28 marzo 2020)

“Thinking outside the box” è una metafora usata nella cultura anglosassone per indicare coloro che pensano in modo alternativo, non secondo i canoni comuni. Coloro, insomma, che pensano in modo creativo, fuori dagli schemi.

Wu Fei, intervistata per “Girls United!”, ha fatto propria questa metafora, applicandola alla musica e ai generi musicali.
Fei -questo è il suo nome di battesimo perché, come mi ha spiegato lei stessa, nella cultura asiatica, il cognome viene sempre messo prima del nome – è un’artista che “pensa decisamente fuori dagli schemi, dagli stereotipi e dai generi musicali in senso stretto”.

La sua caratteristica è il guzheng, uno strumento a 21 corde tipico della tradizione musicale cinese, di cui lei è considerata una grande virtuosa.
Durante il suo percorso artistico ha collaborato con artisti in tutto il mondo, Italia inclusa, unendo sapientemente la tradizione cinese ai “mondi musicali” occidentali. Trasferitasi con la famiglia a Nashville, ha dato ulteriore spazio alla sua creatività, grazie all’incontro con numerosi musicisti, tra cui Béla Fleck e, soprattutto, sua moglie Abigail Washburn.
Le due artiste stanno per pubblicare (uscirà il prossimo 3 aprile), il loro album omonimo su etichetta Smithsonian Folkways Recordings.

D.: Ti ricordi quale è stato il primo momento in cui hai realizzato che avresti voluto diventare una musicista?

W.F.: Ho iniziato a prendere lezioni individuali di guzheng quando avevo cinque anni. Mia madre mi ha recentemente raccontato che lei e mio padre decisero di introdurmi allo studio della musica prima del compimento dei due anni. E’ andata così: un loro amico di famiglia, professore di musica al China Conservatory of Music, si trovava a casa dei miei genitori durante il capodanno cinese. Iniziò ad osservare la struttura ossea delle mie mani per vedere quanto potevo allungare le dita, soffermandosi in particolare sulla flessibilità tra il pollice e l’indice. Continuò ad osservarmi per tutta la sera, specialmente nei momenti in cui iniziavo a canticchiare una melodia o qualcosa del genere. Sapendo che anche mio padre fosse un musicista molto bravo, il professore disse ai miei genitori che avevo dell’ottimo potenziale per approcciarmi allo studio della musica. Non avevo ancora due anni. Tre anni dopo, ho iniziato a studiare musica, inizialmente guzheng. Poi, a circa a sette o otto anni, pianoforte. Non ricordo esattamente che anno fosse: è passato così tanto tempo. Studiando e migliorando sempre di più, negli anni seguenti, altri professori di musica si sono interessati a me. A nove anni, ogni fine settimana, frequentavo i corsi di teoria della musica e di “ear training” (esercizio della capacità di riconoscimento, attraverso il senso dell’udito, degli elementi che compongono la musica come note, accordi, intervalli e ritmica – n.d.r.) al China Conservatory of Music. Ho iniziato, così, la mia “vita musicale”, senza sapere che questa, non solo sarebbe stata una passione ma sarebbe diventata anche il mio lavoro…ahah!

È importante aggiungere che la Cina in cui sono cresciuta da bambina era un Paese povero, sebbene in quel momento si stesse sviluppando rapidamente. Il Paese era appena uscito da decenni di caos politico ed economico. Tutti erano poveri. Nell’anno della mia nascita, il 1977, la rivoluzione culturale decennale era appena terminata. Sono stata concepita durante il primo anno della generazione della politica del figlio unico. Ogni famiglia che conoscevo aveva un solo figlio. Ogni bambino è nato con l’aspettativa e la grande speranza di cambiare il futuro della propria famiglia. Non ho fatto eccezione. La giovinezza dei miei genitori è stata sostanzialmente persa o rubata dal crescere e dal vivere attraverso la carestia e il caos politico. Quando nel Paese è tornata la normalità, i miei genitori erano già sui trent’anni e avevano già avuto il loro primo e unico figlio: io. Tutti i genitori in Cina cercavano un modo per garantire un futuro “più luminoso” per il loro unico figlio, facendo del loro meglio per fare in modo che ciò potesse accadere, anche se spesso, questo portava a scelte estreme. Come molti altri giovani studenti, a quei tempi, odiavo l’impegno che la musica comportava. Sin dall’età di cinque anni, mi esercitavo per almeno due ore al giorno, OGNI SINGOLO GIORNO (!), a meno che non fossi malata. Secondo la cultura occidentale, i miei potrebbe essere definiti dei “super genitori” ahah!

D.: Ci racconteresti un po’ la storia del guzheng, questo bellissimo strumento della tradizione musicale cinese e le ragioni per cui lo hai scelto?

W.F.: È uno strumento davvero bello con oltre 2.500 anni di storia. (Ringrazio chiunque lo abbia inventato!!!) Guzheng 古筝 significa letteralmente “antica cetra”. La versione moderna ha ventuno corde. Tradizionalmente è accordato su scale pentatoniche. Non è stata una mia scelta studiarlo, ma il professore di musica che ho menzionato prima era un insegnante di guzheng. E’ successo proprio così. Mio padre suona il sanxian 三弦, un liuto cinese tradizionale a tre corde. Mi ha detto che inizialmente voleva che studiassi il suo stesso strumento, ma non mi piaceva 😉 Ho preferito il guzheng.

D.: Quando ci siamo sentite la prima volta mi hai raccontato di avere un rapporto bellissimo con l’Italia. Hai anche collaborato con diversi artisti italiani. Sono curiosa di sapere un po’ di più della tua esperienza in Italia.

W.F.: Il mio primo album solista A Distant Youth (2007) è stato prodotto in Italia da Giovanni Amighetti (Parma) su Forest Hills Records. Il disco è stato registrato prima in Italia, a Parma e a Venezia e poi a Oakland, in California. La mia carriera da solista come musicista, sia in sala di registrazione che dal vivo in tour, è iniziata in Italia. A quel tempo vivevo negli Stati Uniti e venivo spesso in Europa, principalmente in tournée in Italia. Mi sono fatta molti buoni amici: musicisti, ingegneri, giornalisti ecc. Tra i musicisti con cui ho suonato si possono citare – (senza alcun ordine particolare): Patrizia Laquidara (cantante), Guido Ponzini (viola da gamba & chapman stick), Daniela Cattivelli (artista del suono elettronico), Daniele Malavasi (batterista), Paolo Angeli (chitarrista/cantante sardo), Fulvio Maras (percussionista), Beppe Gambetta (chitarrista), Giovanni Sarani (pianista), Giocomo Talamini (produttore cinematografico), Matteo Mezzadri (produttore cinematografico), Xabier Iriondo (artista del suono elettronico) e molti altri.

Mi sono esibita a Radio Popolare e alla Fnac di Milano. Sono stata tra i protagonisti del DVD musicale Shan Qi 气 气 prodotto da Giovanni Amighetti e Guo Yue (flautista, Regno Unito/Cina) girato sulle Alpi italiane. Ho tenuto concerti a Padova, Venezia, Roma, Pavia, Modena, Itri e in Sardegna. Probabilmente ho dimenticato molti posti in cui ho suonato. Adoro i miei amici italiani e la cultura! Gli italiani hanno scarpe e vestiti così belli, molto belli! Il cibo, il vino e il gelato. Che cosa preferisco dei miei amici italiani? Le loro opinioni molto forti su tutto, ahah! Oh mio Dio, mi manca l’Italia!

Sono molto rattristata da ciò che sta accadendo a causa del coronavirus in Italia e in tutto il mondo. Ora è arrivato negli Stati Uniti. Un mio caro amico a Milano mi ha detto che almeno due membri della sua famiglia hanno i sintomi. Spero davvero che guariscano.

D.: Perché hai deciso di trasferirti negli Stati Uniti e cosa ti ha spinta a scegliere Nashville come “nuova casa”?

W.F.: Mi sono trasferita per la prima volta negli Stati Uniti nel 2000 come studentessa universitaria. Prima di trasferirmi negli Stati Uniti, studiavo composizione al China Conservatory of Music di Pechino. Sono una persona curiosa di natura. Da giovane studentessa universitaria in Cina, un Paese decisamente non molto aperto di vedute durante gli anni della mia giovinezza, ho sempre desiderato vedere il mondo. Ho vissuto negli Stati Uniti dal 2000-2010. Ho finito i miei studi universitari in Music Composition alla University of North Texas. Ho conseguito la laurea magistrale nello stessa materia presso il Mills College dal 2002-2004. Poi mi sono trasferita in Colorado e ho insegnato per un po’ teoria musicale alla Naropa University di Boulder. Durante il mio periodo in Colorado, ho avuto la mia prima opportunità da solista, cioè la collaborazione con Giovanni (Amighetti – n.d.r.). A partire dal 2006, ho iniziato a viaggiare in Italia e nel resto d’Europa. Mi sono, poi, trasferita a Brooklyn, New York, dal 2007 fino al 2010, quando ho deciso di tornare a Pechino. Lì sono rimasta dal 2010-2015 perché mi sono innamorata di un uomo che, in seguito, ho sposato e ora è il padre dei miei due figli 🙂 Nel 2009, dopo aver vissuto negli Stati Uniti per quasi dieci anni e aver fatto tournée in Europa, volevo davvero avere una nuova avventura, anche stare di nuovo con i miei genitori. Volevo anche imparare l’arte cinese più tradizionale come le opere e il canto popolare.

Ho incontrato Abigail Washburn quando vivevo in Colorado. Abigail era in città per una tappa del suo tour. Ci siamo subito trovate. Ci siamo tenute in contatto durante quegli anni. Mi ha invitato a prendere parte al suo album City of Refuge nel 2009. Sono, quindi, andata a Nashville per registrare in studio con lei. Quello è stato il mio primo viaggio a Nashville. Tra il 2010  e il 2015, mentre vivevo ancora a Pechino e sono diventata madre di due figli, sentivo il bisogno di tornare nuovamente negli Stati Uniti. Mi interessava approfondire la musica folk americana. Lavorando con Abigail, ho avuto la possibilità di entrare in contatto con un meraviglioso circolo di musicisti di grande talento che risiedevano a Nashville. Non è stato un problema trasferirmi  lì con la mia famiglia, anche se ci ho messo un po’ per convincere mio marito. 🙂 Ci siamo innamorati della gente di Nashville: calda, accogliente e alla mano. Sia io che mio marito siamo cresciuti nelle città metropolitane (lui è di Johannesburg, in Sudafrica e ha vissuto a Pechino per vent’anni prima di trasferirsi a Nashville con me e i nostri figli). Eravamo stanchi di vivere in grandi città stressanti dove le persone sono maleducate e tutto è costoso. Ora stiamo crescendo i nostri figli in una foresta nella parte occidentale di Nashville. Siamo così felici!

D.: Ora vorrei passare al tuo ultimo album (in uscita il prossimo 3 aprile), frutto della collaborazione con Abigail Washburn e prodotto da Béla Fleck, il marito di Abigail. So che Abigail ama molto la Cina e la cultura cinese. Ma quando vi siete incontrate la prima volta? W.F.: Come ho già detto, ci siamo incontrate nel 2006 in Colorado. Abby era in tournée con il gruppo The Sparrow Quartet di cui sia lei che Béla facevano parte. Mi ha invitato a unirmi a loro per un concerto che si svolgeva vicino a Boulder, dove vivevo in quel momento. Abby e io siamo subito entrate in sintonia, soprattutto per la comune passione e il rispetto per le reciproche culture. Siamo rimaste in contatto anche se eravamo entrambe impegnate a lavorare sulla nostra carriera da soliste. Sapevamo entrambe che i nostri percorsi si sarebbero uniti in futuro in qualche modo.

D.: L’album non è ancora uscito ufficialmente ma sono stati pubblicati due singoli (Water is Wide/Wusuli Boat Song e The Roving Cowboy/Avarguli) che a mio parere rappresentano davvero un esempio di “connessione musicale”, qualcosa che va al di là della semplice definizione di “world music” o “folk”. Ci daresti qualche informazione o curiosità in più sul processo creativo o su altri brani dell’album?

W.F.: Sono così felice di sentire queste parole! Abby e io ne stavamo parlando la settimana scorsa: in quale “categoria” dovrebbe essere inserito il nostro album? Non rientra sicuramente nella definizione tradizionale di “world music” o “folk”. E penso sia fantastico. È moderno e antico, sperimentale e tradizionale, complesso e semplice, giocoso e triste, cinese e inglese, Africa e Asia, Europa e America. È come se fosse un piatto prelibato preparato da due donne chef con molti ingredienti sani, ma anche un po’ piccanti. 🙂

Siamo diventate madri nello stesso periodo. I nostri primi figli  sono nati a distanza di undici mesi l’uno dall’altro. Una volta, ci siamo chieste quali canzoni avremmo voluto cantare per far addormentare i nostri bambini. Abby ha iniziato a cantare Water Is Wide. Non appena ho sentito “acqua”, mi ha ricordato una canzone che conoscevo da quando ero bambina, Wusuli Boat Song del popolo Hezhe, un gruppo etnico nel nord-est della Cina. Entrambe le canzoni erano le ninna nanna che cantavamo per far addormentare i nostri bambini. Si intrecciano l’una all’altra magicamente. Da questa esperienza, abbiamo iniziato a collegare canzoni popolari delle culture reciproche che avevano una funzione simile, come le canzoni dei lavoratori, le canzoni di montagna, le canzoni dei contadini ecc., invece di cercare melodie con gli stessi tasti, scale o ritmi. Abbiamo anche orchestrato alcune sezioni (in particolare i passaggi di transizione) per rendere il flusso di ogni canzone il più naturale possibile. Il fraseggio non si adattava sempre al 100%, ma questo, dal mio punto di vista, è stato il problema più semplice da risolvere. Abbiamo anche usato le nostre voci come strumenti aggiuntivi su canzoni come Hua Wulan e Ho Hey.

D: Come ti ho spiegato, la rubrica “Girls United!” ha come focus donne di impatto nel mondo della musica. Ci sono tantissime artiste ma, ancora oggi, fanno molta più fatica degli uomini nel far sentire la loro voce. Per te è stato difficile? Pensi di aver avuto più difficoltà all’inizio della tua carriera? E oggi?

W.F.: Penso che Abby abbia avuto un percorso diverso come musicista negli Stati Uniti. Io sono stata scelta per studiare musica da professori di conservatorio in tenera età, esattamente nello stesso modo in cui gli allenatori sportivi scelgono gli atleti  sin dalle scuole materne e elementari. Quando ero bambina, le femmine erano incoraggiate a perseguire l’arte, la musica e gli studi di carattere culturale nella società cinese. Sono cresciuta principalmente con ragazze che facevano musica e partecipavano a concorsi musicali. L’80% dei miei compagni di scuola al Conservatorio era rappresentato da ragazze che lavoravano davvero molto! Prima di venire negli Stati Uniti nel 2000, non mi piaceva l’ambiente musicale che mi circondava e dove c’era così poca presenza maschile, ahah! Il livello di competizione tra noi ragazze era incredibile. Quando sono arrivata negli Stati Uniti nel 2000, sono rimasta davvero sorpresa da quanto diverso (e forse anche opposto) fosse il rapporto tra i sessi nelle scuole di musica. Parlando onestamente, all’inizio mi è piaciuto molto. Sentivo di non dover più competere con così tante musiciste. Molto più tardi, ho capito che la disparità di genere negli Stati Uniti per me rappresentava un problema piuttosto che un vantaggio. Ad essere sincera, non credo di aver avuto alcuno svantaggio come musicista donna, almeno non da ciò che conoscevo. Non ho mai classificato le persone in base al genere, soprattutto nel momento in cui desideravo collaborare con qualcuno. Forse, alcuni di loro hanno visto questo come un problema, ma non ne ero consapevole. Volevo solo suonare con musicisti da cui potevo imparare e che mi potevano indicare nuove prospettive, oppure sfidare tecnicamente i picker che muovono le dita più velocemente di me, nello stesso modo in cui i migliori atleti diventano sempre più competitivi. I miei muscoli e la mia mente hanno bisogno di questo per rimanere freschi.

D.: Se non ti dispiace, vorrei fare un salto indietro nel tempo alla tua collaborazione con Abigail e Kai Welch per l’EP: “The Wu-Force” (2017), un altro esempio di “rottura” dei confini tra generi musicali. Lo trovo incredibile. Come vi è venuta l’idea?

W.F: Abby e Kai collaboravano già da alcuni anni e hanno fatto molte volte delle tournée insieme in Cina. Venivano da me a Pechino ogni volta che erano nel Paese e, ogni volta, ci ritrovavamo a improvvisare insieme nel mio appartamento. È successo tra il 2010-2012. La Wu-Force si formò allora. Tutti e tre provenivamo da background musicali molto diversi, quindi abbiamo pensato che sarebbe stato divertente unirli tutti in un unico progetto.

D: Stiamo tutti attraversando un momento particolarmente difficile. La diffusione del virus COVID-19 ha cambiato le nostre vite, dovremo tutti affrontare dei cambiamenti ancora per i prossimi mesi e niente sarà più come prima. In quanto artista come ti senti e come stai vivendo e affrontando questa situazione?

W.F: Sono estremamente rattristata e preoccupata dal modo in cui il coronavirus abbia distrutto così tante vite in tutto il mondo e, soprattutto, dal fatto che non si riesca a capire quando finirà. Credo che questa situazione abbia cambiato per sempre la vita di tutti. Tutti i concerti, gli eventi, le sessioni di registrazione ecc. dei miei amici musicisti sono stati cancellati, inclusi i miei. Nessuno sa quando sarà possibile riprogrammare poiché siamo ancora nel mezzo di questa crisi e probabilmente ancora lontani dalla fine. Adesso è tutto in stand-by. È un momento spaventoso. Siamo in “modalità sopravvivenza”, con una grande incertezza sul futuro e facciamo del nostro meglio per non ammalarci o per non soffrire di disturbi mentali. Sto cercando di rimanere positiva per la mia famiglia e, nel frattempo, sto cercando di trovare altri modi per generare reddito creando musica da casa, mentre mi occupo anche dell’istruzione dei nostri due bambini. 

D.: Ci consiglieresti tre album da ascoltare, appartenenti a tre diversi generi musicali?

W.F.: Questa è una domanda crudele!

  • Consiglio TUTTI i progetti della violinista/cantante/compositrice Carla Kihlstedt, artista eccellente e con un talento incredibile! Un’artista che non può essere inserita in alcun genere o categoria. È la regina del suo universo. E’ lei a definire la musica, non viceversa. Mi ritengo onorata di aver collaborato con lei per il mio primo disco uscito in Italia.
  • Qualsiasi album dell’etichetta Smithsonian Folkways Recordings. Pubblicano alcuni dei migliori dischi musicali tradizionali di artisti provenienti dalle più diverse parti del mondo.
  • Sono un grande fan di Nina Burmi, cantante classica indiana. Non so quale sia il suo ultimo progetto o disco, ma qualunque cosa sia, è la migliore perché quando canta, ti trasporta in un mondo eternamente luminoso, del quale tutti noi abbiamo davvero bisogno in questo momento.

Wu Fei & Abigail Washburn sarà pubblicato il 3 aprile 2020 su etichetta Smithsonian Folkways Recordings.

Photo credits:

Le fotografie, per gentile concessione dell’artista, inclusa la copertina dell’album sono state scattate da Shervin Lainez. La foto in Italia, è stata scattata da Guido Ponzini.

Print Friendly, PDF & Email