Ian Carr’s Nucleus – ”Belladonna”

(Luca Paoli)

Ian Carr, trombettista scozzese classe 1943, è stato tra i fautori e tra i più importanti musicisti del jazz moderno britannico. Inizia a suonare con suo fratello Mike nei primi anni ‘60 nel gruppo Jazz Emcee Five (con loro anche un giovanissimo John McLaaughlin alla chitarra). Con questa formazione registra due album “Let’s Take Five” del 1961 e “Bebop From The East Coast” dell’anno successivo. Finita l’esperienza con il gruppo sopra citato si trasferisce a Londra dove incontra il sassofonista Don Rendell e con lui forma il gruppo modern jazz Rendell-Carr Quintet col quale, dal 1963 al 1969 incide cinque importanti dischi per la EMI. Questa formazione, una sorta di super gruppo, oltre ai due leaders era formata dal pianista Michael Garrick (dal secondo album), dal bassista Dave Green e dal batterista Trevor Tomkins; fu il primo gruppo a presentare proprie composizioni in Inghilterra. Verso la fine di questa esperienza Ian cerca di spostare il suono su lidi più sperimentali coinvolgendo anche il percussionista Guy Warren. Nel 1969 esce un disco inciso qualche anno prima e precisamente nel 1966, dal titolo “Sprigboard” a nome Ian Carr/Jeff Clyne Quartet dove il trombettista propone alcune composizioni intriganti (compare anche una versione di Crazy Jane). Sul finire della decade decide di formare un proprio gruppo per sviluppare le sue idee di jazz moderno: nasce la prima formazione dei Nucleus, che vede la presenza del sassofonista, oboista e tastierista Karl Jenkins (aveva suonato con Graham Collier), Brian Smith ai sassofoni, Jeff Clyne al basso, John Marshall alla batteria e dal chitarrista Chris Spedding. Con questa line up il gruppo pubblica tre album, “Elastic Rock” del 1970, “We’ll Talk About It Later” del 1971 e sempre dello stesso anno anche “Solar Plexus” (uscito come Ian Carr with Nucleus +) Il suono della band è molto originale: mai sentito prima. Nel 1972 la band subisce un brusco stop, pare a causa di problemi finanziari ai quali si aggiunge l’uscita dalla formazione di Karl Jenkins e John Marshall che si uniranno ai Soft Machine. Il tutto porta Jeff Ckyne negli Isotope e Chris Spedding a intraprendere la sua carriera solista. Ma il nostro non si dà per vinto e decide di entrare in sala di registrazione e comporre il materiale per un nuovo album, che vedrà una nuova formazione dei Nucleus ma che chiamerà Ian Carr’s Nucleus. Di fatto è il suo primo album solista. Il titolo del disco è “Belladonna”, suo picco massimo a livello compositivo e strumentale. La nuova formazione che lo accompagna è formata, oltre che dal leader alla tromba, da Brian Smith ai fiati, David Macrae al piano elettrico, Roy Babbington al basso, Clive Thacker alla batteria ed un giovane chitarrista dotato di un enorme talento e di una tecnica incredibile che risponde al nome di Allan Holdsworth (precedentemente nella formazione degli Igginsbottom nel disco “Igginsbotton’s Wrench” del 1969) Sono presenti anche due ospiti quali il pianista Gordon Beck e il batterista qui in veste di percussionista Trevor Tomkins. “Belladonna” è un punto di svolta per Ian Carr in quanto caratterizzato da suoni molto suggestivi come il brano di apertura che dà il titolo all’album, condotto dal piano elettrico di Macrae e dal basso rilassato ma anche implacabile di Babbington…. la fusione tra jazz e rock in tutti i brani che compongono questo progetto è perfetta. Il fiore all’occhiello è sicuramente la svolta rock e psichedelica che dà Holdsworth con la sua chitarra. Notevoli i suoi assoli sui brani Remadione e Hector’s House.  Mayday col suo incedere di charleston e la chitarra elettrica ritmica col wah-wah ci riportano al Miles Davis di “In A Silent Way” del 1969.

Il chitarrista avrà notorietà partecipando a dischi importanti dei Gong, Soft Machine e dei New Tony Williams Lifetime. Ma tutto inizia da qui, da questo disco seminale che scuote la scena musicale inglese col suo jazz elettrico, a volte etereo a volte duro ma suonato con immensa maestria. Un suono che accontenta sia chi ama il rock e chi segue il Jazz. Dopo Miles Davis sicuramente il più coraggioso e sperimentale dei Jazzisti non solo in Inghilterra.

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