Eldovar ‎– A Story Of Darkness & Light

(Alessandro Priarone)

Storie di oscurità e luce, scritte nell’atmosfera malinconica e drammatica della pandemia. Berlino e la narrazione di incantesimi decadenti, come i vecchi saloni dai lampadari enormi e i tendoni rosso scuro o le luccicanti architetture post-moderne. Un messaggio d’arte formativa e romanticismo, mediando una diluizione melodica, inglobata a schemi hard. Questa città ha dato vita a una collaborazione quasi segreta, incline ad una serie di prodigi. Attraverso due band di Nephilim, due giganti sotto il motto “a wizard, a true star”, un supergruppo sovrano dell’heavy psych in cui domina il potere embrionale del metallo urlante, l’estasi del rock psichedelico, le armonie dell’art rock, l’impressione visiva più immediata dell’utopia progressiva.

Gli Eldovar sono Tiger Bartelt, Christoph Lupus Lindemann e Simon Bouteloup dei teutonici Kadavar oltre a Michael Risberg, Nick DiSalvo e Georg Edert degli americani Elder, senza il bassista Jack Donovan a cui non è stato dato il permesso di viaggiare dagli Stati Uniti essendo l’unico, dei sopracitati musicisti, a non essere berlinese.

Storie di oscurità e luce, come se le compagini rappresentassero gli estremi di due poli che si estendono fino a divenire uniti. Particelle e antiparticelle, annichilazione governata da esperimenti, tagli, segmenti, da mandare avanti e indietro per assemblare le parti sonore. Kadavar e Elder come Aleph e Taw. Si aprono e si chiudono i mondi e viene annullato il concetto di tempo. Aleph è l’energia invisibile e occulta che esprime l’unicità. Taw è il riassunto di tutto in tutto, la scienza integrale dell’assoluto, il mistero che si rivela direttamente nell’anima.  A Story Of Darkness & Light fluisce spontaneamente, racchiudendo il momento storico senza azioni insistenti, liberamente, quasi aggiungendo profondità ed aprendo i confini. Le caratteristiche delle due formazioni emergono solide e copiose, intrecciano e trasformano i propri istinti rivolgendoli ai fini più elevati. Un album che vuole esprimere l’origine della vita e l’affermazione di essere quelli che vivono su questa Terra, nessuno escluso, mettendo in relazione globalmente ogni aspetto dell’esistenza.

Sette sono i brani in cui è necessario celebrare le componenti e la struttura. Si sente il graduale sviluppo del precedente The Isolation Tapes del trio tedesco, dilatando i tempi e le regole di costruzione. From Deep Within impone tenebre e nebulose di colore azzurro, l’approccio morbido della voce disegna arabeschi che vengono strappati da riff-o-rama e assoli malsani. Tumulto e quiete con un itinerario che ricorda i divini High Tide. In The Way scorre in piena acustica barocca, orientata da scenari di intimismo meditativo e spazi siderali guidati dal mellotron, solenne ed evocativo, per finire in una camaleontica valanga di note. El Matador rievoca l’essenza floydiana con la moglie di Lupus Lindemann ai cori, l’arena e la lotta tra il toro e il torero dove si celebra l’esito doloroso. L’eterea culla cosmica di Rebirth Of The Twins, fa da preludio a Raspetin, fragrante pulviscolo spaziale con microdosaggio psichedelico, chitarre come comete interstellari.

Blood Moon Night è un salmo epico, lungo undici minuti, sospeso tra temi ossianici e venature  cerebral-oniriche. Una conturbante tematica scura, simile ai Pentagram, riporta l’ispirazione in diversi strati d’inquietudine fino a che il pianoforte di Tiger Bartelt apre la conclusiva Cherry Trees. Un ricamo struggente e ipnotico, elisiaco nella criptata liricità.

Un’opera ricercata, ambiziosa, sin dal suggestivo acronimo. Merita sicuramente l’ascolto e contiene, in quantità complessivamente elevata, composizioni di qualità assoluta, via via impreziosite da un’analisi su ciò che si adatta alla voglia insaziabile di fronteggiare stili, apparentemente inusuali, nel percorso del doppio ensemble. In attesa di un impulso futuro al di fuori del lockdown.

(Robotor Records)

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