È sempre una questione di porte…

(Andrea Lenti – 18 novembre 2019)

La nostra vita, anche quella di appassionati di musica, è alla fin fine una sequenza di porte che si aprono. Cominci da ragazzino, ascolti per la prima volta qualcosa che ti piace ed apri quella porta. Il problema è che aprendo quella porta ne trovi subito altre due. Puoi decidere di fermarti oppure di continuare ed aprirle. Se le apri sai già che ne troverai altre quattro, e così via.
Questo è un po’ il destino di tutti noi che abbiamo delle passioni, siano esse libri, arte o come nel nostro caso soprattutto musica.
Vai a vedere un sacco di concerti, compri o scarichi migliaia di dischi in una furia onnivora che a volte ha il sapore della disperazione ma, tanta è la consapevolezza che comunque non riuscirai mai ad ascoltare tutto quello che ti piace nella vita, così come non riuscirai mai a vedere tutte le città che vuoi vedere o fare l’amore con tutte le donne che incontri e che ti piacciono.
La stampa è complice e ti spinge in questa tua furia bulimica, annunciando ogni settimana la nuova grande big thing da avere assolutamente, e tu che fai? ti ci butti, come se tutto fosse imperdibile.
Poi, in un giorno qualsiasi, in un’età qualsiasi, apparentemente senza motivo, ti trovi a chiudere la prima porta. E’ capitato e capita anche a me. Ti accorgi che il reggae è bello, ma che dopo solo tre canzoni ti stufa… e chiudi la prima porta. La musica irlandese comincia ad annoiarti e allora chiudi la seconda, i dischi acustici sono belli ma solo se li fa Neil Young e del resto se ne può fare tranquillamente a meno, quelli di cover sono interessanti ma che palle, per non parlare dei noiosissimi dischi natalizi con le loro ruffianerie… in mezzo minuto abbiamo già chiuso cinque porte.
In pratica inizia una fase nuova della vita, che io la chiamo vecchiaia. Per dirla in modo elegante, comincia quel momento in cui la vita ti costringe a fare delle scelte e delle selezioni, perché il tempo comincia a mancare e non lo riesci a trattenere così come non riesci a tenere nelle mani l’acqua che scorre dal lavandino .
Inesorabilmente ma impercettibilmente si va avanti e le vittime cadono una dietro l’altra: il prog, i ritmi africani, Santana con le sue inutile prediche, Bono con quei suoi ridicoli capelli tinta cocker, tutte quelle band che si vendono al facile successo commerciale (??!!), quelle che copiano troppo i Led Zeppelin (manco copiassero AlBano)… potrei andare avanti per un’ora.
Le porte continuano a chiudersi e ci aggrovigliamo sempre di più alle nostre poche certezze (ognuno ha le sue).  Incominciamo a non capire più certi riferimenti, ridiamo fingendo di sapere di cosa si tratta ma in realtà non ne sappiamo nulla o quasi e ci abbarbichiamo sempre più alle cose che sappiamo, spesso palesando senso di superiorità e compassione verso quelli più giovani che sono talmente superficiali da non sapere nemmeno chi sia ad esempio John Mellencamp.
Una cosa simile a quello che ho raccontato è la parabola di appassionato musicale che anch’io ho notato di avere intrapreso ma che ho deciso di combattere, per quello che posso.
Teniamo aperte più porte possibili, chiudiamone meno che si può, diamo credito ed aiutiamo le band più giovani comprando i loro dischi e muovendo il culo per andarli a vedere in concerto, aiutiamo a dare visibilità alle tante artiste donne che si stanno facendo strada in un campo piuttosto maschilista come la musica Rock.
Questo è ció che personalmente provo a fare da tempo e che farò ancora, con fatica e costanza, senza pretendere di insegnare niente a nessuno perché ognuno del suo tempo fa quel che vuole: la mia piccola-grande resistenza. Ed anche se l’immagine è romantica e potrebbe essere affascinante, provo a tenere più lontano possibile il momento in cui, dopo aver chiuso le penultima porta, mi troverò solo su una sedia con un disco degli Stones o di Muddy Waters in mano… ultimi sopravvissuti dopo una lunga serie di porte chiuse.        

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