Dyble-Longdon – Between a Breath and a Breath

(Andrea Romeo)

Between a Breath And a Breath avrebbe dovuto essere un inizio, l’inizio di una collaborazione, di un sodalizio artistico, la prima tappa di un percorso di amicizia, e di condivisione umana e musicale, ma purtroppo non è stato così: il 12 Luglio di quest’anno così sciagurato Judy Dyble, cantante, autrice, co-fondatrice dei Fairport Convention nel lontano 1967, se n’è andata ed a David Longdon, cantante, polistrumentista e coautore della progressive band dei Big Big Train, sono rimaste sicuramente la soddisfazione, per aver potuto condividere con lei quest’ultimo lavoro, ma anche l’amarezza ed il rimpianto di non aver potuto dargli un seguito.

Volendolo descrivere sinteticamente, è sufficiente aprire il booklet ed osservare la fotografia raffigurata: una donna seduta, Judy, con in mano dei fogli di carta, di fronte a lei un uomo seduto, David, che imbraccia una chitarra ed in mezzo un camino all’interno del quale scoppietta il fuoco… un’immagine che riproduce l’essenza dell’album più di molte parole.

Judy Dyble iniziò la sua carriera debuttando insieme ai Fairport Convention, dai quali venne allontanata per fare posto a Sandy Denny, ma non covò né rancore né malanimo verso gli ex-compagni della band, semplicemente si reinventò: prima con Giles, Giles & Fripp, poi con i Trader Horne, insieme all’ex-Them Jackie McAuley, ed il tutto nel giro di un paio d’anni, cui seguì il repentino ritiro dalle scene, durato fino al 1997.

Incontrò nuovamente Ian McDonald, venne invitata nello stesso anno ad esibirsi, proprio con i Fairport Convention, in occasione del loro trentennale, al Cropredy Festival (ripetè l’esperienza per i trentacinque, i quaranta ed i cinquant’anni della band) e da lì ricominciò la sua attività artistica e discografica collaborando in primis con la band elettronica degli Astralasia, nel 2002 e pubblicando successivamente diversi album come solista, tra il 2004 ed il 2018.

Nel 2017 uscì Summer Dancing, stimolante collaborazione con il dj, produttore e bassista (collaboratore di Paul Weller) Andy Lewis, album che sorprese pubblico e critica per il fatto di mescolare, senza alcun problema, folk, psichedelia, tracce di alternative rock, dando anche, perché no, una strizzatina d’occhio al clubbing.

Poco tempo dopo, durante una collaborazione con i Big Big Train, l’incontro con Longdon: due artisti anagraficamente molto distanti, considerando che, quando la Dyble debuttava, David aveva appena tre anni, eppure la scintilla artistica è divenuta fiamma non appena i due si sono conosciuti, confrontati, capiti ed apprezzati.

Sette le tracce contenute in questo lavoro, tra cui la mini suite France, che mettono insieme la grande ecletticità del musicista e compositore di Nottingham nel creare strutture sonore elaborate e l’attitudine della cantante ed autrice londinese nello sviluppare testi ricchi di pathos e di poesia.

Sin dalle prime note di Astrologers, il brano che apre l’album, la voce di Judy Dyble spicca, riconoscibilissima, esattamente come accadeva in I Don’t Know Where I Stand, il secondo brano dell’album con cui i Fairport Convention esordirono nel 1968 ma il primo affidatole, come voce solista, e la magia di quel timbro delicato, etereo, quasi sognante, dopo oltre cinquant’anni, è rimasta immutata, accompagnata da un commento musicale curatissimo, ricco di atmosfere e di variazioni strumentali assolutamente centrate, malgrado l’ambito sia quello di una ballad.

Ed il cantato diventa vero e proprio duetto nella successiva Obedience, brano acustico di rara bellezza, che evoca ambientazioni bucoliche, tipiche di quella campagna inglese che i due artisti conoscono molto bene e di cui conoscono, altrettanto a fondo, le immagini e le malinconie; la mano di Longdon, con il suo imprinting prog, appare evidente soprattutto nelle strutture dei brani che, pur essendo tutto sommato lineari nel loro sviluppo, non mancano tuttavia di proporre passaggi più articolati, e dalla dinamica certamente vicina alla musica progressiva.

Tidying Away the Pieces è, in questo senso, una sintesi davvero mirabile di come i due musicisti abbiano voluto impostare il lavoro: un po’ Fairport, un po’ Big Big Train, certo, ma anche, perché no, Affinity, Pentangle, ed echi di un più recente prog-rock di matrice nordica (Tangent, The Flower Kings, Kaipa…), questo per capire quanto sia ampia la visione musicale dei due protagonisti.

La title track è un delicato dialogo in cui, le voci, si trovano davvero al centro della scena, in un continuo botta e risposta che anticipa la già citata France, suite in cui prog e folk trovano il loro equilibrio grazie anche ad una performance vocale e strumentale in cui strumenti elettrici ed acustici si fondono in maniera armoniosa, sia nella prima parte, sia nella seconda, che fa seguito ad un breve giro di valzer posto come intermezzo a metà del brano stesso: atmosfere “medievali” in cui, i testi della Dyble si occupano di raccontare ciò che le linee musicali di Longdon riescono ad evocare.

Whisper è un gioiellino acustico senza tempo, ed è interessante notare come, questo continuo rimescolarsi di passato e presente, connoti tutti brani dell’album, laddove i rimandi tra atmosfere “d’epoca” e suoni attuali creano un interessante ed avvincente loop temporale: Between a Breath And a Breath è decisamente un disco “di oggi” che, seppur ricco di rimandi ad uno stile “di ieri”, non suona né datato né “vecchio”.

La conclusiva Heartwashing in cui, alla voce recitata di Judy Dyble rispondono il cantato, profondo, di Longdon, ma soprattutto la tromba malinconica e nostalgica di Luca Calabrese è qualcosa di simile ad un commiato, segnato indelebilmente dalla frase finale: “For what will be the next adventure, should there be such a thing…” But there will be no other adventure…

(English Electric Recordings, 2020)

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