Dire Straits – Making Movies

(Andrea Romeo)

Fondare un gruppo nel 1977 poteva davvero essere un problema, e non da poco: i cosiddetti dinosauri del rock settantiano si stavano lentamente estinguendo, oppure cambiavano totalmente pelle per poter sopravvivere, il punk era da poco esploso dissacrando quella che pareva una liturgia intoccabile; parafrasando Mao Zedong: “Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente!” 

Se a ciò aggiungiamo che Mark KnopflerDavid KnopflerJohn IllsleyDavid Pick Withers non erano certo dei rockettari particolarmente irruenti, non si lasciavano andare a show oltraggiosi, non eccedevano, anzi si limitavano parecchio, in distorsioni o suoni aggressivi, nella Londra di quell’anno rischiavano di essere delle mosche bianche, talmente bianche da passare inevitabilmente inosservate, ed invece…

Ed invece successe uno di quei miracoli di cui il rock non è avaro: il 27 Luglio 1977 una demo di cinque canzoni, Sultans of SwingWater of LoveDown to the WaterlineWild West End e Sacred Loving, firmata da David Knopfler e mai comparsa nella discografia del gruppo, oltre a rough versions di Southbound AgainIn the GallerySix Blade KnifeEastbound TrainSetting Me Up e Real Girl, altro brano rimasto inedito, vennero inviati a Charlie Gillett, dj locale della BBC, chiedendogli un semplice giudizio: questi rimase talmente colpito da quello stile musicale, da inserire Sultans of Swing, all’insaputa del gruppo, nella propria programmazione.

Il resto, come si usa dire, è storia: quel rock pulito, essenziale, mai ridondante, ricco di ascendenze blues, country, folk, pub rock, rock and roll e rockabilly espresso dai Dire Straits prese slancio e fece impennare vertiginosamente le vendite con Dire Straits, pubblicato nel 1978 e che conteneva di fatto i brani proposti nella fortunata spedizione alla BBC, ed il successivo Communiqué, che portò in dote alla band brani come Once Upon a Time in the WestWhere Do You Think You’re Going?Lady WriterAngel of Mercy Portobello Belle: ma il botto definitivo, quello che permette ad un gruppo di entrare attraverso la porta principale nella grande storia del rock, era davvero alle porte, non senza qualche problema, e qualche passaggio critico…

Tra Giugno ed Agosto del 1980 la band si ritrova negli studi Power Station di New York insieme al produttore Jimmy Iovine, con un pugno di brani, non molti in realtà, ma il fatto saliente è che, nel giro di qualche settimana si consuma la frattura tra i fratelli Knopfler e David lascia la band: colpo umanamente durissimo che però musicalmente non impatta su un lavoro che aveva già le frecce giuste al proprio arco; le tracce di chitarra, quasi completate, furono comunque reincise dal fratello Mark.

Il 17 Ottobre del 1980 arriva nei negozi un vinile dalla copertina rossa, con una banda azzurra ed una scritta quasi impercettibile: Dire Straits, Making Movies; i fans che appoggiano la puntina sul lato A vengono rapiti dall’intro di organo firmato Roy Bittan ma quando, dopo un rapido crescendo, esplodono le prime note di Tunnel of Love, storia d’amore ambientata in un Luna Park, la band del chitarrista di Glasgow scrive la storia grazie ad un brano che diverrà iconico per i decenni successivi.

E non è finita perché subito dopo, senza alcun pezzo che possa sembrare uno riempitivo, la band britannica riscrive letteralmente il concetto di ballad, estraendo dal cilindro un coniglio meraviglioso, quella Romeo and Juliet che diventa “la” ballad degli anni ’80, il brano con cui confrontarsi se si vogliano toccare corde più delicate attraverso una canzone, grazie anche alla Dobro, altro suono distintivo del gruppo.

Un uno-due che non fa prigionieri e fa scivolare in secondo piano i cinque pezzi che completano l’album: le tastiere urbane di Skateaway che raccontano di una giovane skater che con il suo fido walkman attraversa la città ascoltando musica, il rock robusto e quadrato di Expresso Love, la dolcezza malinconica di Hand in Hand, punteggiata da un pianoforte delicato e sognante, lo strano mix tra southern rock e rockabilly di Solid Rock, la piacevole, ironica, quasi leziosa Les Boys, le cui scene si svolgono in un locale gay di Monaco di Baviera, sono il ricco contorno che accompagna due piatti forti, due brani che definiranno per sempre lo stile dei Dire Straits.

Allontanatisi dal roots rock delle origini i tre (più uno) mantengono intatte le loro caratteristiche principali: la voce vellutata e la Fender dai suoni cristallini, suonata senza plettro, di Knopfler, marchi di fabbrica del suono Dire Straits, il basso lineare, pulito e profondo di Illsley, la batteria brillante ma sempre discreta di Whiters, già noto in Italia per aver fatto parte del complesso beat The Primitives, durante gli anni ’60, affiancati dalle tastiere ispirate di Bittan, confezionano un album a cui bastano i primi due brani per diventare un best seller da otto milioni di copie vendute, di cui oltre un milione solo in Italia dove raggiunge la prima posizione della classifica dei 33 giri, mantenendola per quattordici settimane.

Un album breve, come detto, pochi brani, sette, che durano mediamente più a lungo rispetto alle canzoni presentate in quelli precedenti ed in tal senso il segnale che qualcosa sta già cambiando nel modo di fare musica di Knopfler e compagni: dal successivo Love Over Gold, uscito due anni dopo, le composizioni si dilateranno, con arrangiamenti ed orchestrazioni, anche di archi e fiati, più complesse (Telegraph Road Private Investigations gli esempi più chiari) e porteranno la band lontano dai suoi suoni consueti, rendendola in un certo senso più barocca e meno diretta.

Making Movies è l’ultimo urrà dei Dire Straits delle origini, prima della gloria mondiale e dello scioglimento, avvenuto in via definitiva nel 1995.

La chiosa Knopfler è illuminante: “Negli ultimi anni eravamo diventati una struttura gigantesca: durante i tour mi capitava di mangiare con persone del nostro staff che non conoscevo nemmeno, mentre a me sarebbe piaciuto stare un po’ a casa con i miei figli e dedicarmi a ciò che so fare meglio, ossia scrivere canzoni. Considero i Dire Straits come un luogo meraviglioso da visitare, ma non in cui fermarsi per viverci.

Print Friendly, PDF & Email