Deltablues Rovigo – un festival storico

Con i suoi 37 anni di ininterrotta attività, il Deltablues di Rovigo è una delle più prestigiose e longeve manifestazioni dedicate alla musica del diavolo. Tutto il gotha del blues internazionale ha calcato il prestigioso palco della città rodigina, da Taj Mahal a Charlie Musselwhite, Keb Mo’, Mike Zito, Nine Below Zero, Bobby Rush, Treves Blues Band, Guido Toffoletti, Linda Valori, Gennaro Porcelli e molti, molti altri. Il Festival tenutosi dal 26 maggio al 13 luglio 2024, presentato da Max Lazzarin, musicista straordinario, capace di mettere a proprio agio i colleghi che si avvicendavano sul palco, si snoda nella provincia polesana, inclusa una coreografica crociera sul Canal Bianco, la Blues Cruise. L’edizione di quest’anno è stata ricca ed ha visto la partecipazione di grandi artisti della scena italiana ed internazionale quali Carlo De Bei, accompagnato da Alberto Boscolo Agostini, Michael Van Merwyk & Gerd Gorke Duo, Baker’s Flavour Trio, Chris Horses Duo, Max Lazzarin Duo, Marco Brusaferro Trio, Duodè Trio, Ale Ponti, Edo Meloni Trio, Sara Zaccarelli & The Soul Train, Marco Vavassori Quartet, Francesca Tandoi Trio – feat. Eleonora Strino, Sylvie & The Blueslines, Helga Plankensteiner Quintet, Bobby Solo & His Band. Passano gli anni ma l’atmosfera che si respira nelle serate si mantiene del tutto informale, con il pubblico a stretto contatto con i musicisti, occasione di incontri di vecchi e nuovi amici e scambi di impressioni sulle ultime pubblicazioni di dischi. A me ha fatto enorme piacere salutare Sergio “Sir Joe” Polito, Lorenz Zadro, Maurizio “Dr. Feelgood” Faulisi e tanti altri appassionati. L’organizzazione, a cura dell’Ente Rovigo Festival presieduto da Claudio Curina, infaticabile deux ex machina, è impeccabile e da qualche anno, in collaborazione con l’agenzia A-Z Blues, è anche la sede della finale dell’Italian Blues Challenge, che seleziona i musicisti rappresentanti il blues italiano a Memphis, in occasione dell’International Blues Challenge.

Le due serate, il 12 e 13 luglio, alle quali ho assistito in questa trentasettesima edizione, dedicata a Marino Grandi, l’uomo che ha fatto conoscere il blues in Italia, ideatore della rivista Il Blues, da poco mancato all’affetto del figlio Davide Grandi, dei suoi cari e di tutti i musicisti blues italiani, hanno visto la partecipazione di artisti di grande spessore musicale, portatori, ciascuno a suo modo, di messaggi sociali e culturali profondi e attualissimi. Prendiamo, ad esempio, i Sacromud (Maurizio Pugno, Raffo Barbi, Franz Piombino, Alex Fiorucci, Riccardo Fiorucci), vincitori dell’Italian Blues Challenge dello scorso anno, una Band di eccezionale bravura che propone una rielaborazione contaminata di blues, funky, rock and roll, soul, pop, concentrata in una suite dal sapore unico umbro/italico. In una mirabile progressione sensoriale, uniscono idealmente le pietre di Gubbio, con il loro immenso portato storico di lotte tra i potenti signori medievali e il sangue, misto al sudore, dei servi della gleba, contadini poveri e, ancor di più, carne da macello nelle battaglie di potere, al sacro fango del Mississippi intriso dello stesso sudore e del sangue delle moltitudini nere, rese in schiavitù dai bianchi proprietari terrieri. Un incontro di rivendicazioni sacrosante, che anche sotto l’aspetto musicale ricongiunge il canto popolare delle nostre campagne alle work songs delle piantagioni del sud degli States, in un afflatto consolatorio e liberatorio che solo la musica sa offrire al cuore dei diseredati, in possesso solo di mani e muscoli, induriti e resi mera merce per il duro lavoro.

Aspettando l’inizio della serata, capita di incontrare, mescolato tra il pubblico che si appresta ad affollare la platea di Piazza Annonaria, nel centro di Rovigo, il sorridente e disponibile Bobby Rush, voce e armonica, una leggenda del country blues e del soul con i suoi 90 anni portati con straordinaria vitalità e gioia di vivere, facendo ciò che più gli piace: cantare la sua musica e quella dei grandi Maestri del Delta e di Chicago, conosciuti nei palcoscenici del mondo e ricordati durante la sua maestosa esibizione, esuberante, sanguigna, ammiccante di doppi sensi che contraddistinguono talvolta il blues, accompagnata da fragorose risate.

Nel mio  incerto inglese, gli ho ricordato la sua partecipazione al recente CD della Count Basie Orchestra, recensito su Musicalmind, suscitandogli una manifesta contentezza. Un concerto quello di Bobby Rush sviluppato da gran trascinatore, scendendo tra il pubblico che si è sentito parte attiva con cori, battimani e dialoghi favoriti dall’anziano musicista, supportato da una band – basso, chitarra e batteria – tanto essenziale quanto efficace e dalla cantante/corista/ballerina Loretta Mizzlowe, che ha saputo estrarre una voce poderosa nei due brani cantati da solista. Le anime belle di Muddy Waters, Willie Dixon, Jimmy Reed, Howlin’ Wolf e B. B. King, evocate da Rush, si aggiravano tra i portici di Piazza Annonaria, compiaciute dalla forza sprigionata dal novantenne musicista e dalle interpretazioni, a tratti veementi, altre in forma discorsiva con il pubblico, in un’onda di note e sospiri che ha unito idealmente il Delta del Po e quello del Mississippi. Commovente sentire con quanta forza il novantenne Bobby Rush trasmette le emozioni del blues, la dirompente freschezza dei messaggi di gioia e di riscatto che ne fanno ancora un genere vivo e potente.

La serata successiva, il 13 luglio, è dedicata alla finale dell’Italian Blues Challenge e al concerto celebrativo dei 50 anni di attività della Treves Blues Band. Piazza Annonaria si riempie di un numeroso pubblico, accaldato non solo dal clima, ma anche dalle tre Band in lizza per rappresentare il blues italiano alla finale di Memphis dell’International Blues Challenge in gennaio 2025 e dal concerto finale di questa bellissima edizione del festival, affidato ad una delle Band più rappresentative del genere. Le aspettative sono state rispettate, con prove assai convincenti dei tre finalisti I.B.C.: Flavio Delladio, Guitar Bo Band, Umberto Porcaro Blues Band. Quest’ultima è risultata vincitrice del Challenge e volerà a Memphis per la finale internazionale. Naturalmente, auguro a Umberto Porcaro, Federico Patarnello e Giulio Campagnolo un’ottima riuscita della trasferta nelle terre natie del Blues.

Alle 22 entra in scena la Treves Blues Band (Fabio Treves, Alex “Kid” Gariazzo, Gabriele “Gab D” Dellepiane e Massimo Serra). Subito si instaura un clima di gioiosa partecipazione, la Band suona con passione e maestria, unanimemente riconosciuta dal pubblico. Ogni concerto TBB è uno tripudio di blues, nel quale l’armonica di Treves, gran trascinatore di consumata esperienza, gioca il ruolo sia di solista che di accompagnamento dei ricami alla chitarra di Gariazzo, ben sostenuti dalla sezione ritmica, poderosa e per nulla scontata, visto il background jazzistico di Serra alla batteria e Dellepiane al basso elettrico. Iniziano con un brano di Stafford, Somebody Help Me e terminano, dopo due ore intense, con una rocciosa versione di Shake Your Hips, di Moore. Non mancano durante la sessione sia una parte acustica, con la Band schierata sul limite del palco imbracciando strumenti acustici e Serra che suona una singolare cravatta washboard, che un medley, omaggio alla grande musica prodotta nel periodo tra la fine dei ’60 e i ’70 del secolo scorso da gruppi quali i Rolling Stones, Santana, Ten Years After, Canned Heat, quando il blues ed il rock si incontrarono per deliziarci con brani e riff di chitarra memorabili.

La serata ha visto anche la partecipazione al concerto di due dei numerosi musicisti che collaborarono negli anni con Fabio Treves: Paolo Bonfanti e Maurizio “Gnola” Glielmo. Maestri della chitarra flat e slide, hanno ripercorso gli anni di militanza nella Treves Blues Band, intrecciando note, pennate e slide poderose con la sei corde rovente di Gariazzo, in una riproposizione di brani originali o tratti dalla tradizione dei grandi Maestri di Chicago. Un crescendo di suoni tiratissimi, intervallati dalle battute ironiche, ma colme di affetto, di Treves, sempre presente con la sua armonica a dettare tempi e sottolineature agli assoli. Una serata magica che rimarrà a lungo nella memoria, degna conclusione del Deltablues 2024. Le emozioni derivanti dal contatto diretto, senza barriere, con i musicisti rendono il Deltablues, così come altri festival blues, un momento di intensa partecipazione popolare, difficilmente riscontrabile in altri contesti. Lunga vita al Deltablues di Rovigo!

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