Colosseum – Restoration

Non c’è più John Hiseman, che se n’è andato ormai quattro anni fa, ed al cui posto adesso siede Malcolm Paul Mortimore, già con Arthur Brown, Ian Dury, Herbie Flowers, Gentle Giant, Spike Heatley, Tom Jones, insomma, un tipo davvero fidato, ma i tre Colosseum storici, o quasi, sono tornati tutti al loro posto: David “Clem” Clempson, che subentrò a James Litherland nel 1969, imbraccia ancora la sua fida sei corde, Mark Clarke, che sostituì Anthony Reeves nel 1970, si occupa ancora delle frequenze basse mentre l’ugola di Chris Farlowe, ad onta dei suoi ormai ottantadue anni, regala ancora oggi brividi intensi.

Insieme a loro, in questa ennesima rinascita della band, nata in Inghilterra nel lontano 1968, ci sono Kim Nishikawara ai sassofoni, nel ruolo che fu prima di Dick Heckstall-Smith e poi della moglie di Hiseman, Barbara Gracey Thompson e Nick Steed, organo e tastiere, laddove furono impegnati precedentemente Dave Greenslade ed in seguito, per un biennio, Adrian Askew.

Restoration significa molte cose, tra cui restauro, ripristino, recupero, ed è proprio in quest’ottica che la band ha impostato e realizzato l’ottavo album in studio di una carriera, di fatto, divisa in tre parti: dal 1968 al 1971, un inizio folgorante con i quattro album che ne hanno definito lo stile, cui hanno fatto seguito ben ventitrè anni di pausa (durante i quali sono nati alcuni side projects quali i Tempest di Hiseman e Clarke ed i Greenslade, con il tastierista raggiunto da Reeves, Heckstall-Smith avviò una carriera solista, Farlowe si unì agli Atomic Rooster, Clempson agli Humble Pie e, ma soltanto per un breve periodo Hiseman, insieme a Gary Moore ed a Don Airey, diede vita ai Colosseum II), una prima reunion, 1994-2015, durante la quale vennero realizzati altri tre lavori che hanno mantenuto viva la storia e la memoria della band, ed infine la decisione di riprovarci, ancora una volta, maturata poco dopo la morte del collega e compagno d’avventure di una vita, considerato ancora oggi tra i batteristi britannici più influenti della storia del rock-blues.

Restaurare la band, dopo alcune perdite importanti e dolorose, ripristinare uno stile ed un’attitudine, ma soprattutto recuperare le proprie radici musicali, quella fusione tra rock, blues e jazz, basata spesso sull’improvvisazione, che ne aveva decretato il successo ed aveva permesso loro di conquistare un posto di rilievo all’interno di un panorama musicale, quello britannico (e quindi mondiale), che all’epoca non aveva certamente problemi di carenza, quanto a talento e creatività.

Le dieci tracce contenute in questo lavoro, registrate tra Londra e New York, appaiono certamente figlie di un passato illustre, ma si rivelano soprattutto come l’espressione di ciò che sono, oggi, i Colosseum, band dallo stile inconfondibile capace di innestare, su un telaio più che rodato, sonorità e scelte stilistiche sicuramente attuali, attitudine che si percepisce sin dalle prime note di First in Line, il brano che apre l’album. Malgrado la band porti un nome, diciamo così, decisamente ingombrante, rappresentando di fatto la storia del blues rock inglese, non si crogiola affatto in suggestioni passatiste, ma spinge forte da subito: Farlowe è a tratti persino aggressivo, Clempson esibisce gran parte del suo repertorio, ritmico e solista, oltre ad un tocco rimasto intatto nel tempo mentre Clarke, assecondato da un preciso e diretto Mortimore, traccia quel solco ritmico lungo il quale questi ragazzacci si avviano senza tentennamenti; Nishikawara e Steed, alimentati da questa energia, paiono immediatamente a proprio agio in questo crossover di rock e prog-rock del tutto privo di orpelli e ricco di melodia, così come le due vocalist, Ana Gracey e Paige Clarke.

Hesitation è il rock-blues che, tutto sommato, ci si può aspettare, con chitarre ruvide, ritmica quadrata ed inserti solisti tanto brevi quanto ficcanti, studiati sempre in un’ottica di leggerezza assolutamente moderna, mentre Need Somebody è un vero e proprio bluesaccio sentimentale, scarno, quell’occhiata nostalgica al passato che ci può stare, e nella quale ogni singolo strumento cerca, e trova, la propria anima profonda.

Con Tonight, la band torna alle proprie origini da club, giocando in punta di dita su registri di grande delicatezza: Clempson ricama, prima con l’acustica poi con l’elettrica, Clarke e Mortimore stanno un passo indietro, Steed stende un sottile tappeto sonoro su cui Farlowe narra, con sentimento, il lento fluire del tempo.

Non si accomodano certamente in poltrona, questi attempati signori, perché con A Cowboy’s Song, tornano a ruggire, proponendo tra l’altro notevoli incroci vocali che si appoggiano su una ritmica solida, a tratti quasi hard-rock, mentre Innocence è un brano che sale lentamente di intensità, partendo quasi in sordina per poi crescere grazie a chitarra e sassofono che paiono quasi volerlo estrarre da un immaginario guscio.

If Only Dreams Were Like This, brano strumentale scritto da Steed, dimostra quanto i nuovi arrivati siano entrati da subito nel mood della band, grazie ad un mix di rock e prog in cui soprattutto Clempson dimostra che gli anni sono passati, è vero, ma giusto per l’anagrafe, non certo per gusto, tecnica e “mani”.

Si torna su ritmi sostenuti con I’ll Show You Mine, solido 7/4 che si tramuta in morbido shuffle nell’inciso e condensa la capacità della band, di giocare con le ritmiche passando da un tempo all’altro con assoluta scioltezza, quasi con nonchalance.

Home by Dawn si dirige sul versante del blues grazie alle atmosfere rarefatte create dall’organo di Steed e dal sax di Nishikawara, laddove Farlowe declama con fare ammiccante, su una base musicale da vera e propria big band.

La chiusura è affidata alla grintosa Story Of The Blues, anch’essa uscita dalla penna di Steed, summa finale di un album che, pur non rappresentando un insieme di novità, propone una band in gran forma che, dopo aver “tolto la polvere”, scrive un altro pezzettino della propria storia strizzando un occhio al futuro: dopo cinquantaquattro anni di carriera, davvero niente male.

(Repertoire Records, 2022)

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