Christian McBride Big Band – For Jimmy, Wes and Oliver

Christian McBride è quello che si può definire un giovane musicista di successo, e lo è da almeno trent’anni considerando che la sua prima importante collaborazione arriva quando, diciassettenne, inizia a suonare insieme al sassofonista Bobby Watson.

Da allora, ed era il 1989, una serie impressionante di registrazioni, circa trecento, come sideman, non solo con musicisti della sua generazione, ma anche con vere e proprie leggende jazzistiche, personaggi del calibro di Freddie HubbardSonny RollinsBenny GolsonMilt JacksonJ.J. JohnsonHank JonesJoshua RedmanPat MethenyChick CoreaMcCoy TynerHerbie HancockJoe HendersonDiana KrallWynton Marsalis, Eddie Palmieri, poi con il gruppo Superbass, insieme a Ray Brown e John Clayton, ed anche con The Five Peace Band, affiancando John McLaughlinChick CoreaKenny Garrett e Vinnie Colaiuta, insomma un curriculum non solo assai ricco, ma decisamente di tutto rispetto.

Crescere musicalmente con personaggi di tale livello, essendo anche in possesso di una tecnica e di doti musicali certamente fuori dal comune, non può che condurre ad una carriera che, prima o poi, dovrà inevitabilmente sfociare in progetti solisti, ed ecco che nel 2011 si materializza il primo lavoro a nome Christian McBride Big Band, quel The Good Feeling grazie al quale si è aggiudicato il Grammy come miglior grande Ensemble Jazz: come si suol dire, un debutto con il botto.

Ma il contrabbassista, nato a Philadelphia nel 1972, non si è limitato all’ambito jazzistico, perché la sua poliedricità lo ha condotto a confrontarsi con generi ed artisti decisamente differenti, da James Brown a Sting, ed ancora Paul McCartneyCeline DionIsaac HayesQueen Latifah, Carly Simon o Bruce Hornsby, con i quali ha collaborato e grazie ai quali ha ampliato notevolmente la propria visione ed il proprio bagaglio musicale; in tal senso, il matrimonio con la cantante jazz Melissa Walker, diplomata anche come educatrice musicale, lo ha portato a fondare nella città in cui risiede, Montclair, New Jersey, una scuola chiamata Jazz House Kids, che gli ha permesso di affrontare la materia musica anche dal punto di vista della didattica.

A coronamento di una carriera decisamente folgorante, nel Marzo del 2016 è stato nominato direttore artistico del Newport Jazz Festival: se non un punto di arrivo, certamente un momento chiave, per un musicista di questo livello.

Come solista ha prodotto ben diciassette album, dal 1994 ad oggi, e la sua ultima fatica, For Jimmy, Wes and Oliver, in un certo senso lo riporta indietro nel tempo verso quelle che sono le sue radici musicali perché, questo omaggio a Jimmy SmithWes Montgomery ed Oliver Nelson, non è soltanto un tributo a tre indiscussi maestri, ma una sorta di ringraziamento verso musicisti che hanno contribuito a creare un imprinting, profondo e duraturo, in molti artisti delle generazioni successive.

Le dieci tracce presenti nell’album, oltre a rendere omaggio a colui che venne ribattezzato The Incredible Jimmy Smith, e che portò a livelli di eccellenza l’organo Hammond in ambito jazzistico, al chitarrista di Indianapolis che sviluppò gli insegnamenti di Django Reinhardt e Charlie Christian ed al sassofonista nato a St, Louis che giunse al successo nel 1961 con l’album The Blues and the Abstract Truth, in cui si trova tra gli altri brani quella Stolen Moments poi divenuta uno standard, portano firme illustri, ovvero, oltre a quelle di Montgomery e di Nelson, quelle di Freddie Hubbard, Miles DavisRay Noble e Billy Eckstein, oltre a tre brani curati da McBride insieme ai suoi più stretti collaboratori, l’organista Joey De Francesco ed il chitarrista Mike Whitfield che, insieme al batterista Quincy Phillips, costituiscono l’ossatura di una band che ha lavorato all’album con il contrabbassista, e potendo anche contare su di una sezione fiati nutrita, e di livello elevatissimo.

Si aprono le danze con una Night Train in cui la Big Band sfodera immediatamente tutto lo swing di cui è capace mentre Whitfield e de Francesco iniziano da subito a mostrare le loro doti ed il loro tocco, per passare ad una notturna Road Song, firmata Montgomery, ed alla successiva Up Jumped Spring, opera di Hubbard e riarrangiata per il solo quartetto in una versione davvero da club fumoso.

Milestones è un inchino, rispettoso ma nel contempo originale e creativo, al trombettista di Alton, Illinois, mentre The Very Thought of You, firmata Noble, vede ancora il quartetto impegnato a giostrare su registri morbidi, nei quali il tocco sugli strumenti gioca un ruolo chiave per raggiungere un elevato livello di espressività.

Con un salto all’indietro di oltre un secolo l’intera band affronta Down by the Riverside, uno standard del 1918 che viene eseguito seguendo l’arrangiamento che ne aveva fatto Nelson nel 1967, cui fa seguito I Want to Talk About You, brano scritto da Eckstein nel 1945 e portato successivamente al successo anche da Ray CharlesElla Fitzgerald e Joe Pass

I tre brani che chiudono l’album sono invece opera dei tre musicisti che hanno guidato questo progetto: Don is, uscito dalla penna di DeFrancesco, è uno swing brioso in cui organo e contrabbasso giocano di sponda, mentre la chitarra di Whitfield si limita a brevi ma accurate sottolineature, salendo invece in cattedra della successiva Medgar Evers’ Blues, un classico slow dall’andamento “notturno”, possibile colonna sonora per un noir anni ’50, con la sei corde in grande spolvero.

Si chiude con Pie Blues, firmata a quattro mani da McBride e DeFrancesco, in cui la Big Band al completo, grazie anche ad un arrangiamento davvero articolato, si produce in una performance in cui, ad un ritmo sinuoso ed ammaliante, fanno da contraltare interventi solisti brillanti e ricchi di groove.

Christian McBride è ormai entrato fra i grandi del jazz, e questo è un fatto, ma un album come questo, curato nei dettagli e frutto di un lavoro, anche filologico, veramente profondo dimostra che, il cullarsi sugli allori, non è proprio una sua prerogativa.

(Mack Avenue Records, 2021)

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