Carole King – Tapestry

(Andrea Romeo)

Carole King era una predestinata: 118 singoli nella Billboard Hot 100 americana, 61 nella classifica inglese, l’artista più presente del Regno Unito in questa chart…

Inizia a suonare il piano giovanissima, a 17 anni sposa Gerry Goffin paroliere, cantante e suo partner artistico, scrive per gruppi come Everly Brothers, Drifters e Byrds centrando hit come Will You Love Me Tomorrow? portata al successo da The Shirelles, (You Make Me Feel Like) A Natural Woman incisa da Aretha Franklin nel 1967, The Loco-Motion affidata nel 1962 alla pop singer Little Eva, N°1 così come nel 1974, con i Grand Funk Railroad (nel 1988 Kylie Minogue la riportò al N°3) o Chains, affidata ai Beatles; nel frattempo nacquero due figlie, Louise e Sherry, che anni dopo avrebbero entrambe intrapreso la propria carriera artistica.

Tutto sembrava andare per il meglio, ma solo fino al 1968, anno in cui divorziò da Goffin per sposare il bassista Charles Larkey: crisi personale, crisi artistica, la meteora The City, trio con Larkey e Danny Kortchmar, chitarra e voce, che funzionò poco per la sua riluttanza ad esibirsi dal vivo ed a curare la promozione dell’unico album realizzato, Now That Everything’s Been Said.

Punto di svolta fu il trasferimento con le figlie a Laurel Canyon, quartiere di Hollywood Hills a Los Angeles, bungalows sparsi lungo una strada di collina, epicentro della vita culturale ed artistica della west coast: Frank Zappa, Jim Morrison, Byrds, Buffalo Springfield, James Taylor, Mamas & Papas, i futuri Eagles, Peter Fonda, Stephen Spielberg, Joni Mitchell, il gruppo che gravitava intorno a CSN&Y sono alcuni tra coloro che fecero di quell’area una sorta di comune artistica.

In questo contesto conobbe tre persone che le cambiarono la vita: James Taylor, cantautore di Boston, Joni Mitchell, cantautrice e pittrice canadese e Toni Stern, autrice losangelina l’aiutarono insieme a Goffin nel creare il primo lavoro, Writer, uscito nel Maggio del 1970; un buon album, appena sotto tono, ben accolto dalla critica ma davvero nulla rispetto al successivo, che le cambiò per sempre vita e carriera.

Tapestry uscì il 10 Febbraio 1971, fu subito un successo clamoroso, divenendo in poco tempo un archetipo per la musica cantautorale statunitense ed i numeri parlano chiaro: oltre dieci milioni di copie vendute negli States, oltre venti nel resto del mondo per un’artista che attendeva solo gli input giusti per imporsi, e riguardo alla quale Taylor affermò: “Carole stava solo aspettando il momento giusto per spiccare il volo. Dylan aveva dato il via a un nuovo modo di fare musica, aveva in un certo senso creato la figura del cantautore… per lei era ormai tempo di uscire allo scoperto.

I Feel the Earth Move è il brano di apertura, primo singolo e N°1 nella Billboard Hot 100 per cinque settimane; aggressivo, introdotto dal ritmo incalzante di pianoforte e basso, una sorta di epifania per un’autrice intimista e dunque coraggioso rispetto alla delicata malinconia di So Far Away, interpretazione vocale e pianistica intensa impreziosita dalla chitarra di Taylor e dagli azzeccati fill di Larkey, mentre It’s Too Late, creazione King/Stern, si giocò con la prima i favori del pubblico: vinse un Grammy Award ed è tra le 500 Greatest Songs of All Time di Rolling Stone.

Più classica la successiva Home Again, con il pianoforte indiscusso leader; Beautiful fu ripresa da Barbra Streisand in apertura dell’album Barbra Joan Streisand del 1971 e da Richard Marx che la eseguì su Tapestry Revisited: A Tribute to Carole King, tributo uscito nel 1995.

La ballad Way Over Yonder apre la strada ad un’altra sequenza di pezzi epocali che inizia con la celeberrima You’ve Got a Friend, classico del cantautorato americano, incluso poi nel repertorio di Taylor che ai Grammy Awards vinse come Best Male Pop Vocal Performance, mentre per la King fu Song of the Year, cui fa seguito un altro brano che ha fatto strada, Where You Lead, scritta insieme alla Stern e che diversi anni dopo, in una nuova versione registrata insieme alla figlia Louise, divenne la sigla di apertura della nota serie tv Gilmore Girls/Una Mamma per Amica.

In chiusura l’artista di Manhattan recupera anche Will You Love Me Tomorrow? N° 1 con le Shirelles nel 1962, prima volta per un gruppo vocale femminile e di colore, N°126 nelle 500 Greatest Songs of All Time di Rolling Stone e N°3 nelle 100 Greatest Girl Group Songs of All Time di Billboard, in una splendida versione per piano e voce; l’elenco delle artiste che l’hanno riproposta fa letteralmente impressione: Dusty Springfield, Cher, Françoise Hardy, Linda Ronstadt, Roberta Flack, Maureen Tucker, Dionne Warwick, Laura Branigan, Patti LaBelle, Laura Nyro, Amy Winehouse, Lauryn Hill nè mancano versioni maschili, anche inattese: Ronnie James Dio, The Four Seasons, Graham Bonnet, Dave Mason, Joe Walsh, Bryan Ferry, Neil Diamond, Bee Gees, ma l’elenco è davvero lunghissimo.

Smackwater Jack, scritta con Goffin, narra una vicenda di ambientazione western, il confronto tra il fuorilegge Smackwater Jack e Big Jim the Chief, con un interessante andamento shuffle ed è seguita dalla titletrack, tre minuti di piano e voce, feeling intenso, malinconia struggente, l’anima della King messa a nudo.

Si chiude con un altro brano del passato, quella (You Make Me Feel Like) A Natural Woman resa immortale da Aretha Franklin che, nel 2015, la eseguì durante la cerimonia presso il Kennedy Center Opera House di Washington D.C. di fronte alla King, premiata in quell’occasione per il suo contributo alla cultura americana.

Lavoro epocale che al netto del valore artistico impressiona anche per i numeri: 318 settimane nella Billboard200 tra il 1971 ed il 2011 (302 consecutive da Aprile ‘71 a Gennaio ‘77, ad oggi record femminile) superata da Adele’s 21 solo nel 2017 e quattro Grammy Awards: miglior album, migliore canzone, You’ve Got a Friend, migliore composizione, It’s Too Late, migliore interprete femminile: che dire se non onorare un disco che sarà il riferimento per tante cantautrici come Suzanne Vega, Tori Amos, Natalie Merchant, Fiona Apple, Sheryl Crow.

(Ode Records/A&M Records/Sony Music, 1971)

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