Butterscotch: empowerment, courage, pride

(Raffaella Mezzanzanica – 30 giugno 2020)

“Empowerment, courage, pride”. Presa di coscienza, coraggio, orgoglio. Navigando all’interno della pagina web ufficiale di Butterscotch, alla sezione “Bio”, si trovano esattamente queste tre parole, anzi, questi tre elementi che la identificano e la definiscono come artista ma, soprattutto, come persona.

E’ curioso perché, anche solo partendo dalla sua biografia, sono certa che molti non si preoccuperebbero nemmeno di ascoltare un suo brano. E questo, per quattro motivi principali: Butterscotch ha iniziato la sua carriera grazie a un “talent show” (America’s Got Talent), è gay dichiarata, è afro-americana (anzi la sua discendenza è europea, afro-americana, nativo-americana e asiatica), e, per finire, è una beatboxer (oltre ad essere una cantante e musicista).

E, invece, proprio per queste ragioni e per ciò che rappresenta, in molti dovrebbero essere incuriositi da un’artista che, dalla partecipazione a America’s Got Talent, avvenuta ormai nel 2007, è arrivata a collaborare con grandissimi artisti conosciuti in tutto il mondo e appartenenti ai generi musicali più diversi.

Antoinette Clinton nasce il 29 settembre 1985 e cresce a Davis in California. Inizia a studiare pianoforte all’età di sei anni, grazie alla madre che insegna proprio questo strumento. In aggiunta al pianoforte, due delle sue sorelle suonano anche il clarinetto, l’altra il violoncello e la tromba, così come suo fratello suona la tromba. Per Antoinette, per ora continueremo a chiamarla così, è assolutamente normale respirare musica sin da piccola e, nei momenti di noia, dilettarsi a suonare l’uno o l’altro strumento, anziché mettersi a guardare la televisione.

Frequenta la scuola a Davis dove, tra una lezione e l’altra, trova il suo nome d’arte, Butterscotch, tratto da una sua canzone. L’esperienza a scuola a Davis non è, però, positiva perché, ritrovandosi ad essere praticamente l’unica studentessa afro-americana, viene costantemente “osservata” e bullizzata.

Successivamente, frequenta la Performing Arts School a Sacramento e la Sacramento State per due anni. La sua passione per la musica, però, è così forte che decide di lasciare la scuola per iniziare a viaggiare e farsi conoscere. L’esperienza maturata la porta, nel 2005, a diventare la prima campionessa mondiale di beatbox (prima donna in assoluto) e, nel 2007, a vincere il titolo di West Coast Beatbox Champion, anche in questo caso unica donna tra tutti i concorrenti.

Butterscotch inizia le prime sperimentazioni con il beatbox alla fine della scuola superiore, influenzata da un nuovo compagno di classe e da alcuni beatboxer che aveva visto in televisione.

E, dalla sua cultura musicale, iniziata con gli ascolti di  Beethoven grazie alla madre, si aggiungono l’hip hop, il jazz, il soul, il funk e il rock, quest’ultimo soprattutto durante l’adolescenza.

Nel 2007 partecipa ad America’s Got Talent dove si esibisce in performance incredibili, tra cui il brano di Donna Summer, Love To Love You Baby e un vero classico, Summertime, la cui musica è stata composta daGeorge Gershwin. Arriva in finale ma non vince. Tuttavia, le sue esibizioni, piene di forza e di questo mix incredibile di beatbox e generi musicali totalmente diversi, le permettono di avere un grandissimo successo.

Partecipare a un talent può essere un enorme trampolino di lancio, considerata la grande visibilità data da questi programmi. Al tempo stesso, però, è facilissimo essere etichetatti come “non artisti”. Butterscotch ha dovuto lottare moltissimo per (di)mostrare il suo talento, conquistando un pubblico davvero variegato.

Ad oggi, nella sua carriera, Butterscotch ha partecipato a importantissimi eventi, tra cui il Montreux Jazz Festival, dove, su richiesta del fondatore Claude Nobs, rimasto particolarmente colpito dalle sue doti, ha avuto la possibilità di aprire il concerto di Tony Bennett e di Nile Rogers e Sergio Mendes.

Da allora, Butterscotch ha collaborato con Chick Corea, Marcus Miller, Wycleaf Jean, è stata tra gli “ospiti” di George Benson nell’album Songs and Stories del 2009 e, oggi, è definita: “One Woman, One Vocal Symphony”.

Lo scorso 28 maggio è stata tra i protagonisti del Livestream Artists United for Amazonia, evento di beneficenza per raccogliere fondi a favore dell’Amazon Emergency Fund, attraverso la sensibilizzazione del pubblico al dramma che sta vivendo il “polmone del mondo” a causa della deforestazione e della diffusione della pandemia di Covid-19.

Nel corso del Livestream ha proposto We Are All We Got, un brano che, come lei stessa afferma introducendolo, parla di “unirsi, nel momento in cui il mondo ha maggiormente bisogno di noi”.

Quando non è in tour, organizza workshop di beatboxing per i ragazzi delle scuole e del college. I suoi workshop sono molto apprezzati, proprio perché Butterscotch nella sua musica parla della sua vita e dei problemi che ha dovuto affrontare, gli stessi di molti dei ragazzi che incontra. E, aspetto da non trascurare, lo fa utilizzando il loro linguaggio.

In aggiunta, la sua missione di empowerment l’ha portata ad esibirsi per i detenuti del carcere di San Quentin, grazie a The Last Mile Accelerator Program, un programma volto ad aiutare, anzi “accelerare” il reinserimento sociale dei carcerati al momento dell’uscita di prigione, attraverso l’insegnamento delle basi delle tecnologia e del business. Al programma hanno partecipato come speaker nomi importanti, ad esempio Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook.

Butterscotch è anche una public speaker e ha partecipato ai Ted Talks. La sua missione, così come riportato sulla pagina a lei dedicata come Ted Speaker è “to empower and elevate people through music and compassion”.

E proprio durante un suo Ted Talk, nel 2017, che Butterscotch ha raccontato come, da ragazzina, abbia sofferto di depressione e abbia pensato al suicidio. La musica è stata la sua salvezza. Queste sono le parole con cui Butterscotch ha introdotto Accept Who I Am, canzonein cui racconta la storia della sua vita: “There’s so much madness and hate in this world and it’s so important that we love ourselves for who we truly are, ‘cause when we look in the mirror and we hate what we see, we’re gonna project that onto other people. So, knowing that all began with us, it starts with us, it starts with your family, with your friends, with your community. You don’t have to have a lot of money to make a difference, because it starts with you”.

Era il 2017. Certo, non è passato molto tempo ma, anche guardando molto indietro nel tempo, ci accorgiamo che l’odio e la violenza sono, purtroppo, rimasti una costante. Forse, come disse Jimi Hendrix: “Music is going to change the world next time”. E se quella “prossima volta” fosse oggi?

Per saperne di più

Beatboxing (o beatbox): capacità di riprodurre i suoni della batteria o di altri strumenti attraverso l’utilizzo della bocca e della voce.

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