Bruno De Filippi – In New York with Don Friedman Trio

(Andrea Romeo)

Ci vorrebbero pagine e pagine per raccontare chi sia stato, durante la sua lunga e ricchissima carriera, Bruno De Filippi, compositore, chitarrista ma soprattutto armonicista che ha vissuto le più belle stagioni del jazz e della musica leggera italiana: dagli inizi con I Campioni di Tony Dallara e Paolo Ordanini, alle collaborazioni con i più grandi nomi del jazz italiano ed, internazionale (tra i tanti, Louis Armstrong, Bud Shank, Gerry Mulligan, Les Paul, Shirley Bunnie Foy, Franco Cerri, Enrico Intra, Oscar Valdambrini, Pino Presti, Tullio De Piscopo, Guido Manusardi, Renato Sellani, Marco Ratti, Lorenzo Petrocca…) attraverso i successi come autore, valga per tutti la musica di Tintarella di Luna, portata al successo da Mina nel 1960.

Ha lavorato tantissimo anche insieme a numerosi artisti pop dagli anni ’60 in poi, ma volendo scegliere un brano, che l’ha consegnato alla storia della musica leggera, vale la pena di citarne uno, scritto da Pino Daniele, ed inserito nell’album Nero a Metà, pubblicato nel 1980: I Say i’ sto ccà (https://www.youtube.com/watch?v=glHNj43YhoI), che apre il lavoro, inizia proprio con un’armonica malinconica e sognante che lo caratterizzerà per l’intero svolgimento, armonica affidata proprio al musicista, che era nato a Milano nel 1930.

Ha suonato molto, sia in Italia che all’estero e, proprio durante una delle sue numerose trasferte americane, newyorkesi per la precisione, ha registrato questo album intitolato In New York with Don Friedman Trio, collaborazione che vede presenti il band leader, Don Friedman, al piano, che aveva già lavorato con Dexter Gordon, Chet Baker, Buddy DeFranco ed Ornette Coleman, affiancato da Jeff Fuller al basso e Jeff Brillinger alla batteria.

Dieci le tracce presenti, registrate presso i Media Arts Studio di New York City il 18 Giugno del 1992, “from 20.30 pm to 2.00 am”, quindi durante una session notturna, in pieno stile jazz, tracce che spaziano dai numerosi classici statunitensi, Irving Berlin, Jeff Fuller, Hoagy Carmichael, Harry Warren, britannici, Jule Styne, George Shearing, a composizioni italiane, Giovanni D’Anzi, lo stesso De Filippi, oltre ad un brano originale scritto dallo stesso Friedman.

Blue Skies, New Dawn, As Long as there’s Music, Rap your Troubles in Drums, Soft Drink, Ma l’amore No, la classicissima Stardust, It’s You or No One, Serenade in Blue e la conclusiva Nice Sky sono i “pezzi” che il quartetto ha deciso di mettere in fila, e la partenza è rappresentata da uno swing, leggero e brioso, in cui l’armonica ed il contrabbasso (con scale ascendenti e discendenti in stile “walking bass”)  fanno gli onori di casa, mentre il pianoforte e la batteria si limitano a delicate sottolineature… sembra davvero di vederli, questi Blue Skies, distesi sopra una New York che appare frenetica e pulsante di vita…

Cambia completamente lo scenario con la successiva New Dawn, in cui si ribaltano completamente i ruoli: pianoforte protagonista, con accenti malinconici e struggenti che l’armonica contribuisce ad accentuare grazie ad un’esecuzione intimista, ed a tratti quasi dimessa; il solo di Fuller, verso la fine del brano accentua ulteriormente il mood.

Passa alla chitarra, De Filippi, quando introduce As Long as There’s Music, ed offre un saggio di rara intensità, figlio dei tanti anni di frequentazioni con maestri come Franco Cerri: un tocco preciso, brillante, ma soprattutto una costruzione melodica energica ed appassionata, priva di virtuosismi ma ricca di accenti e sottolineature, prima di ritornare all’amata armonica, ed allo swing scintillante di Rap Your Troubles in Drums, in cui il musicista milanese si ritaglia una serie di passaggi da vero e proprio solista, ricchi di tecnica ma mai esagerati.

L’unico brano scritto da De Filippi per questo lavoro è Soft Drink, posizionato non a caso a metà del lavoro, quasi fosse una sorta di boa, di arrivo, e da cui ripartire: andamento sempre legato allo swing, volendo tendente allo shuffle, con tanti break, un altro esempio di walking bass e la batteria di Brillinger a mantenere ritmo e direzione in maniera lineare, precisa, quasi metodica; armonica ancora sugli scudi, con una fluidità che lascia ancora oggi davvero estasiati.

Un altro pezzettino di Italia si ritrova in Ma l’amore No, un vero e proprio classico della canzone leggera tricolore rivisitato, a partire da un’introduzione solitaria ed emozionante, prima che un terzinato ammiccante e sonnacchioso conduca il brano, lungo tutto il suo svolgimento, verso la conclusione non prima di regalare un indolente e pigro breve assolo di contrabbasso.

Se parliamo di classici, Stardust lo è, indubitabilmente, e le versioni di questo brano proposte negli anni sono, probabilmente, nell’ordine delle (molte) decine, forse più: De Filippi torna ad imbracciare la sua sei corde, e ne dà una interpretazione che inizialmente appare delicata, pensosa, ma che improvvisamente diventa uno swing allegro e spensierato, grazie ad un arrangiamento davvero intrigante e coinvolgente.

Che quest’album sia stato registrato “in notturna” lo si potrebbe anche evincere da brani come It’s You or No One, che rappresenta una sorta di passeggiata attraverso una New York dalle luci soffuse, la NYC dei club, in cui la musica pulsa ancora come un tempo: brano in un certo senso retrò, che lascia in bocca un gusto di sigaro e whisky.

Con Serenade in Blue questo viaggio al confine della notte si avvia alla sua conclusione, con una chitarra che quasi chiama le prime luci dell’alba, salutando nel contempo le ombre notturne che lentamente scompaiono: De Filippi ed i suoi sodali mescolano, con grande sapienza, la sensibilità europea insieme a sprazzi di immagini urbane americane, creando un mix estremamente avvincente.

Nice Sky, che chiude l’album, è il brano solare che spalanca le porte al nuovo giorno, che giunge alla fine di una lunga nottata di musica, in cui amicizia ed interplay l’hanno fatta da padroni, perché per musicisti di questo livello sono sufficienti anche solo poche ore, e probabilmente pochissime takes, per intavolare tra di loro un dialogo musicale denso e ricco di feeling.

(Carosello Records, 1992)

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